(Maia) Meglio lasciar perdere

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- È il tuo dottore! - mi strillò J in un orecchio. - Andiamo a fare gli onori di casa, Maia. Dalla condizione fisica di quei due direi che non sono frequentatori abituali. -

-Pane e cattiveria a colazione? - le risposi con una smorfia, senza distogliere lo sguardo dal mio dottore, come lo aveva apostrofato lei.

Non abbiamo mai avuto gli stessi gusti in fatto di uomini, io e J. Probabilmente questo ha contribuito a cementare la nostra amicizia complice. Questo... e il fatto che io ero stata monogama per quasi vent'anni.

Fatto sta che lei si era sposata con un ragazzone che faceva il body builder a tempo perso, e io con un avvocato dal corpo asciutto anche se atletico.

In realtà, Mancini non era asciutto, e forse nemmeno atletico. La sua postura comunque non tradiva le sicuramente tante ore che trascorreva sui suoi manuali di medicina o sui suoi pazienti, e continuavo (continuo) a trovare le sue braccia invitanti e sexy. Avrei potuto aiutarlo a lavorare sugli addominali, sebbene con quella maglietta troppo larga io non potessi escludere che se la passasse meglio di quel che voleva far credere. Ma J aveva ragione... quei due non erano sportivi e in quel posto c'azzeccavano come la panna nella carbonara.

Non ricordai subito il nome dell'uomo insieme a Mancini, ma ero certa di averlo visto la sera del teatro, quella in cui avevo vomitato come una collegiale dopo la sbronza. Aveva un sorriso criminale e uno sguardo vispo, e mi bastò poco per supporre che fosse tipo da infrangere cuori con una certa regolarità. L'ombra di una barba scura gli incorniciava la mascella e madre natura l'aveva benedetto con due occhi verdi che sotto il ciuffo di capelli sudati e scurissimi erano al limite del porno.

In effetti, quei due, che se ne facevano di corpi scolpiti quando avevano un fascino naturale che avrebbe fatto cascare le mutande anche a una suora?

-Dottori! Che sorpresa inaspettata, vi siete iscritti di recente? - li salutò J, mentre io stavo ancora cercando di sganciare i miei occhi da quelli azzurri di Mancini.

- Un paio di settimane fa- rispose occhi verdi.

-Sala pesi? O avete scelto qualche corso? - chiesi io.

-Per ora ci limitiamo a capire come si spengono e si accendono quelle due macchine infernali - rispose Marco, indicando, di lato, tapis ruolant ed ellittica.

-Da due settimane? - mi stupii. - Un altro giorno su quei due aggeggi e vi dovranno rianimare per una crisi di noia. E qui non ci sono medici in grado di compiere un tale miracolo. -

-Concordo, infatti io e Christian per oggi ci siamo arresi. -

-Anche noi abbiamo finito - intervenne, con malcelato entusiasmo, J.

-Ma non siete appena arrivate? -

Io e J ci scambiammo uno sguardo sorpreso.

-Ehi dottori, le nostre coreografie vengono alla luce in questa struttura - spiegò la mia amica.

-Al piano di sopra abbiamo i soffitti alti, dove ci alleniamo per le acrobazie aeree ai teli e la pole dance - proseguii io. - Poi, tre volte alla settimana, scendiamo qua per la tonificazione. Ma negli ultimi quindici giorni io ho dovuto recuperare il tono muscolare e la resistenza delle braccia per le coreografie aeree che ho perso in precedenza, dopo il ricovero di Lucas. In più, io e J abbiamo imbastito qualche nuova figura coreografica in vista di nuovi spettacoli e qualche dance battle. -

-Quindi per oggi avete finito? - chiese Christian.

In realtà siamo a metà...

-Finito! - confermò invece J.

Christian si girò verso il collega, con cui scambiò uno sguardo veloce.

-Noi pensavamo di andare a bere qualcosa dopo la doccia. Vi va di unirvi a noi? -

La sindrome dell'eroeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora