16.

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«Scacco.»

James alzò un sopracciglio. «Non male» concesse annuendo, sollevando appena un angolo della bocca verso l'alto prima di chinarsi in avanti picchiettandosi la curva dell'uncino sul mento, pensoso, mentre con la mano carezzava il gatto di bordo acciambellato in grembo.

Gabriel Evans allungò soddisfatto le lunghe gambe davanti a sé, sotto al grosso tavolo di legno davanti al quale sedevano entrambi. «Attento a non lasciare scoperta la regina» ammonì l'amico, sventolando l'indice.

James ghignò sollevando la mano in segno di resa. «Colpevole. Come diceva sempre Mr Marshall, mai lasciare una regina incustodita.»

«Queste donne, a farci sudare freddo pure quando giochiamo a scacchi!»

Ridacchiarono assieme prendendo entrambi un bicchiere colmo di rum invecchiato, il liquido ambrato che, mentre lo sorseggiavano, scintillava alla luce del sole che entrava a fiotti quel pomeriggio dalle vetrate a poppa. James fu il primo tra i due a ritornare serio, serrando la bocca tanto forte da renderla una linea sottile ed esangue, come se fosse sul punto di osservare qualcosa riguardo alla battuta dell'amico. E il tono che aveva in mente non era di certo leggero.

«Questi cubani ne sanno, di rum» osservò Evans schioccando le labbra, cambiando repentinamente discorso e convincendo l'altro a dimenticare i propri crucci in favore di un pomeriggio piacevole all'insegna degli scacchi e di chiacchiere spensierate. «Perdiana, James, ricordate il vecchio Mr Marshall?»

Lockhart finì metà del proprio bicchiere in un unico sorso ed emise un verso esasperato, al rimetterlo sul tavolo senza troppa grazia. Seccato, lasciò che l'alcol gli entrasse in circolo, rilassandolo ulteriormente, prima di grugnire: «Come dimenticarmene, metà delle mie cicatrici me le inferse lui.»

«Ricordo pure il motivo: ubriacatura molesta. Ma vedo che non avete imparatola lezione!»

La risata del gallese fu particolarmente rumorosa e James capì che doveva già essere brillo pur avendo a malapena dato due piccoli sorsi al bicchiere; alzò gli occhi al cielo con rassegnazione commentando con uno sbuffo: «Non ci vedo tutto questo divertimento.»

«Io sì, perché mi ricordo sia la serata in cui vi eravate conciato così che come camminavate il giorno seguente prima di salpare da Port-Mahon... Chip aveva fatto la vostra imitazione, molto esilarante!»

Cercò di rimanere serio ma pure lui finì per sorridere all'altro, senza però staccare un occhio dalla scacchiera ordinata poggiata davanti aloro. «Col tempo ho avuto modo di ripensare a quella pagliacciata, e sì, era stata una rappresentazione parecchio veritiera. In fondo quelle frustate me le ero meritate» commentò con una scrollata di spalle, prima di allungarsi, prendere la torre nera e piazzarla accanto alla regina bianca. «Scacco matto, amico mio.»

Gabriel poggiò il bicchiere per battere le mani ammirato. «Mi avete colto impreparato! Mossa brillante.»

«Oh, troppo facile giocare con voi dopo che avete bevuto.» James si allentò il laccetto al collo della camicia e finalmente si rilassò contro lo schienale della sedia, i ricci sciolti che ricadevano scompigliati sulle spalle. «Vi sfido di nuovo.»

«Dopo quel che avete appena detto, deduco che vi piaccia vincere facile.» Nonostante ciò, Evans si sporse sulla scacchiera con espressione concentrata, grattandosi distratto il collo dove cresceva una barbetta corta e scura. Prese un pedone bianco e lo spostò in E5, James socchiuse gli occhi e rispose in fretta, la pedina che scivolava sulla superficie di legno scuro con un sommesso scricchiolio.

«La difesa siciliana, eh? Giochiamo aggressivi.» Il dottore annuì compiaciuto e rimasero in piacevole silenzio studiando assorti le rispettive pedine. «Chip Cole, non ne parlavamo da tanto tempo... Vi capita mai di pensare a lui, James?»

Of Seamen and Maidens - VECCHI FANTASMI E CIELI OMBROSIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora