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Bóthar na Trá, 17 giugno 1801

«Vi sentite meglio?»

Ancora intontita, Lea sbatté più volte gli occhi per mettere a fuoco quello che aveva davanti, non capendo dove si trovasse e di chi fosse quel vocione pieno e gentile. Stava stesa davanti alle braci cremisi e scoppiettanti del caminetto, quell'estate era stata più fresca del solito o forse era solo il suo malessere a farla rabbrividire... Muovendosi cauta avvertì di avere addosso qualcosa che la copriva, le braccia erano piacevolmente tiepide mentre i piedi fasciati erano freddi, al che ne arricciò pigra le dita.

«Dottore?» sbottò con voce impastata, puntellandosi su un gomito e passandosi la mano sugli occhi per togliersi i residui di sonno di dosso. «Come sta Maimeó

«Sta riposando, è ancora molto provata ma sta meglio.»

Lea ruotò il busto per cercare con ansia la nonna ancora stesa che quasi non si muoveva tra delle lenzuola pulite che lei sfiorò con cautela prima di voltarsi e lanciare uno sguardo interrogativo a Evans.

«Ah, vedete, sono riuscito a chiedere ai vicini delle coperte pulite, voi irlandesi siete così squisitamente disponibili!» disse quanto più allegro possibile, seduto su un panchetto accanto a lei e rimestando qualcosa che borbottava nel paiolo scuro sopra il fuoco. «Ho preparato del pesce, ehm, onestamente non so proprio cucinare, mi limito a dissezionarlo, ma spero almeno risulti commestibile.»

Lea studiò le occhiaie violacee che gli cerchiavano gli occhi scuri orlati da nere ciglia ricurve ed eleganti come quelle di un cerbiatto, in maniche di camicia mentre rimestava incerto quello che al profumo prometteva essere zuppa di pesce. «Quanto ho dormito?» chiese con voce ancora lievemente arrochita.

«Da ieri pomeriggio. Eravate molto provata anche voi, Ms Lea.»

La giovane O'Kelly si tirò subito a sedere e quella che era la giacca scura del gallese scivolò a terra. «Oh, Dottor Evans, ma voi non avete dormito da ieri?»

Lea O' Kelly raccolse la giacca, le diede due colpi per pulirla dalla polvere e gliela porse con la preoccupazione che traboccava dagli occhi verdi come i prati in primavera, e Gabriel Evans si ritrovò a corto di parole davanti a quel volto dalla mascella quadrata che, contrariamente da quel che si poteva pensare, non la rendeva mascolina ma anzi accentuava le curve morbide della bocca e del corpo.

«No, ma sto bene» mentì fiacco, alzandosi per andare a drappeggiare la giacca attorno al fragile corpo di Orla O'Kelly. «Ms Lea, ne approfitto e vi chiedo di portarmi l'acqua per vostra nonna» le chiese sedendosi sul bordo del letto, e quando la nipote arrivò con quanto richiesto, alzò piano il capo dell'anziana per farla bere, l'espressione concentrata ai rivoletti che riuscivano a entrare tra le sottili labbra dischiuse, e aggiunse accigliato: «Sarebbe meglio darle qualcosa da mangiare per farla ritornare in forze, basterebbe una piccola porzione.»

«Gradite anche voi da mangiare, dottore?»

Sbigottito, si ritrovò con una scodella fumante sotto il naso, al che alzando lo sguardo alla più giovane le rivolse un caldo sorriso che causò un piacevole guizzo allo stomaco a Lea. «Siete troppo gentile, ma ho già mangiato.»

«Avete già mangiato il pesce?»

«Affatto, il pesce è per voi. O'Leary è stato fortunato e ha preso del rombo, perfetto per il caso nostro. Dovete mangiare leggero ed evitare cibi più grassi e complessi.»

«E voi, dunque?» chiese lei crucciata, quando lo vide frugarsi nella tasca dei pantaloni scuri e mostrarle poi il contenuto con espressione orgogliosa.

«Cavallette» chiarì serafico, come se ci fosse stato bisogno di spiegare cosa fossero quelle piccolissime carcasse scure dalle lunghe zampette nervose. «Ottime e nutrienti, qui fuori ce ne sono in abbondanza; ho imparato a mangiarne quando ho vissuto in Asia, pure in Sud America se ne cibano e stanno che è una meraviglia!»

Lea avrebbe commentato volentieri che non aveva la più pallida idea di dove si trovassero quei posti ma che si sarebbe comunque rifiutata di mangiare quegli insetti anche se ne fosse dipesa la sua stessa vita, rimase così a fissare costernata il gallese portarsene uno alla bocca e sgranocchiarlo soddisfatto. «Non preoccupatevi, li ho cotti prima» ritenne opportuno specificare con un sorriso. «Non dovreste fare quella faccia, sapete? Le cavallette sanno di gamberetto, provare per credere.»

«Vi ringrazio ma vi credo sulla parola, dottore.»

A Lea sfuggì un sorriso divertito nonostante l'assurdità del momento, poi lo osservò sbadigliare vistosamente mentre rimestava piano la zuppa per Maimeó. «È giusto che siate voi a risposare, ora, ve ne prego Dottor Evans.»

Il gallese mugolò a bocca chiusa allungando le braccia sopra la testa e la giovane si sorprese nel vedere quanto fossero lunghe e snelle come le zampe della cavalletta che aveva appena ingerito, prima che dicesse: «Credo che ne approfitterò e chiuderò un attimo gli occhi, ho il sonno leggero ma dovrete avvisarmi se voi o vostra nonna vi sentiste male, o anche solo se vi venisse il sospetto potesse esserci qualcosa che non vada, intesi?»

Annuì senza smettere di studiarlo stendersi sulla terra battuta davanti alle braci del camino e nel giro di poco udì il suo respiro farsi più pesante e regolare.

Con l'estremità del cucchiaio rimestò un'altra volta la densa zuppa fumante nella scodella e con la punta della lingua la assaggiò: era senza sale, ma vellutata e piacevole, allungandosi sul paiolo vide qualche pezzo di patata galleggiarvi all'interno. Poggiò il piatto a terra e in punta di piedi si avvicinò nella penombra della sera al tavolo su cui stava quello che doveva essere stato un povero rombo, la pelle accuratamente rimossa con un piccolo e affilato bisturi lordato di interiora di pesce che riposava tra spine e altri avanzi sparpagliati sul tavolo. Con una smorfia capì che, quando le aveva detto che aveva dissezionato il pesce, il dottore era stato particolarmente veritiero sulla propria attività, e lei valutò che ci avrebbe messo un po' a ripulire quell'eccidio maleodorante.

Si sedette di nuovo al capezzale di Maimeó ma rimase a guardare ancora quel curioso individuo, il cui viso nel sonno aveva un'espressione rilassata e serena. Ne osservò incantata il lungo naso pronunciato, la mascella squadrata ricoperta di corta barbetta scura e l'elegante profilo da divinità norrena, provando l'inspiegabile tentazione di allungare un braccio e carezzargli la fossetta sul mento. Quando udì la nonna muoversi piano tra le coperte sussultò colpevole, come colta con le mani nel sacco, e con le gote accese di un rossore traditore prese a imboccare Orla con piccole cucchiaiate di zuppa.

*N.d.A.*

Buongiorno!

Con questo capitolo siamo tornati a Galway dal buon Dottor Evans e scopriamo le sue eccentriche abitudini alimentari acquisite durante i molteplici viaggi all'estero. Voi avete mai mangiato qualcosa di strano quanto le cavallette di Gabe? 😂

Grazie a chi continua a leggere e commentare, alla prossima!

CC

Of Seamen and Maidens - VECCHI FANTASMI E CIELI OMBROSIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora