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Dublino, 22 giugno 1801

«Libby, cos'è questo baccano? Il signore è in riunione, non vorrai farlo uscire...»

La suddetta Libby si voltò senza nemmeno provare a nascondere l'enorme sollievo di non dover essere lì da sola con quell'inglese pazza che voleva entrare a tutti i costi in casa e subito chiocciò impaurita: «Mrs, vi prego, questa signora insiste nel voler parlare con voi ma... ecco... da disposizioni ricevute dal signore...» La giovane si incartò imbarazzata, chinando vergognosa gli occhi a terra.

Ci furono un paio di secondi di silenzio denso e pastoso quando lo sguardo di Hazel incontrò quello di Deirdre, congelata nell'atto di scendere l'ultimo gradino di una ripida scala che conduceva alle camere da letto. Già pallida in volto, il colorito dell'irlandese si fece cinereo prima di gracchiare senza scostare la vista: «So bene cosa ti ha ordinato mio marito. Ora va' a rassettarmi la stanza, me ne occupo io qui.»

«Mrs, ma, ecco...»

«Libby, ora

Hazel fissava l'imponente figura dell'amica ritta davanti a lei che la guardava con occhi allucinati mentre la serva sgambettava rapida lungo le ripide scale alle sue spalle, si chiese se il suo viso avesse sempre avuto quella pelle tanto luminosa o se la sua fosse un'impressione dettata dalla nostalgia, dal fatto che non l'avesse vista per un po' di tempo. Venne poi afferrata malamente dal polso e trascinata in uno stretto corridoio che sbucò in un piccolo e caldo cucinotto.

«Dee, ma si può sapere...»

«Oh Hazel, m-mi spiace, mi spiace così tanto!»

Impreparata, rimase bloccata tra i densi vapori profumati di quello che pareva brodo di pollo che sobbolliva gentile su una grossa stufa in ghisa mentre Deirdre, una volta chiusa la porta della cucina, le era crollata addosso abbracciandola tanto forte da farle quasi male, eppure non le disse nulla e ricambiò l'abbraccio, provando un profondo sollievo nello stringerla e aspirare quel suo odore familiare di sapone e olio di argan.

«Dee, ti prego...» la voce tornò a incrinarsi e le lacrime le scesero in volto mentre sentiva quelle dell'irlandese inzupparle la spalla del vestito in cui aveva affondato il viso.

«M-mi sp-sp-spiace, Haze» provò a balbettare tra un singulto e l'altro.

«Per cosa, per cosa ti dispiaci, Dee?» riuscì finalmente a formulare dopo vari tentativi, staccandosi dalle braccia dell'altra.

«Perché è co... è colpa... Ross è...»

Si era promessa di far parlare Dee, a ogni costo, ma l'amica pareva completamente fuori di sé, singhiozzando in una maniera incontrollata e convulsa come non si sarebbe aspettata mai di vederle fare: nel suo sobrio ma elegante vestito marrone le parve compressa e tanto infelice, con i capelli scuri che cadevano in ciocche scomposte lungo il viso pallido chiazzato di rosso, profonde occhiaie violacee sotto gli occhi gonfi.

Agitata, cercò di reprimere l'istinto di chiederle altro e la fece piuttosto accomodare su una sedia in vimini accanto a un tavolino in legno su cui riposava una forma di pane adagiata in uno stampo nero da infilare in forno, gonfia e profumata di lievito.

«Ti faccio un tè» provò a dirle ma venne bloccata.

«Haze, p-piccina, io... io non ho nemmeno la forza... non ho la forza di guardarti in faccia» farfugliò Deirdre con voce roca afferrandola per la vita, a capo chino. «Se Ross è m-morto è... è per colpa mia, oddio Hazel, sono così dispiaciuta!»

Si congelò mentre avvertì le mani divenirle due pezzi di ghiaccio, strette tra quelle dell'altra.

«Lo hai ucciso tu?» La voce le uscì gelida e per un attimo la cosa parve scuotere Dee.

Of Seamen and Maidens - VECCHI FANTASMI E CIELI OMBROSIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora