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30 marzo 1801

Il giorno della partenza per Dublino, il Capitano James Lockhart continuava impaziente a fare avanti e indietro sul molo, osservando con sguardo critico i marinai dell'equipaggio che sgambettavano su e giù dalla passerella per caricare i barilotti di rum del grosso ordine preso da Mr Peaboody. Altrettanto faceva il rappresentante dell'armatore, Mr Harris, in piedi accanto a Rupert Tennant a controllare che non venissero danneggiati, i grandi occhi acquosi da pesce che scattavano sotto il cappello per coprirsi dal sole che già picchiava impietoso.

Con una smorfia, distolse lo sguardo da quell'omino che lo aveva irritato sin dalle prime battute («Buongiorno, Capitano Lockhart. La vostra nave è quel veliero vecchiotto lì in fondo?»), rassegnandosi a doverselo portare dietro durante tutta la traversata fino a Dublino. L'idea dell'Irlanda tornò a rimestargli lo stomaco e d'istinto cercò con lo sguardo la moglie, in piedi sul pontile superiore a dirigere con aria concentrata l'equipaggio che calava la merce in stiva dal boccaporto tramite un lungo paranco.

«Capitano, dovremmo esserci.» Si voltò verso il proprio vice seguito da Ross MacLeod, che lo raggiungevano con le camicie già zuppe per il caldo che imperversava. «Tempo neanche mezz'ora e potremo salpare con il ribollimento della marea.»

«L'equipaggio è al completo?» inquisì James, con giusto un velo di sudore che brillava sopra il sottile labbro superiore, ora perfettamente sbarbato.

«Aye aye sir, manca solo il dottore.» Fingal Duncan si sventolò il tricorno sul volto arrossato, l'accento scozzese che gli tornava più marcato come ogni volta che si ritrovava nelle vicinanze del vice artigliere.

Il capitano schioccò la lingua, seccato. «Quel gallese e le sue tempistiche discutibili. Mr Duncan, iniziate a sistemare la velatura, più tardi dovremo avere vento forte da nord appena calerà la brezza di mare. MacLeod, siete andato a saldare il conto da Mr Callaghan?»

Ross si portò le nocche alla fronte, mentre con l'altra mano si snodò con discrezione il laccio superiore della camicia. «Aye aye sir, anche quello di Mr Ashton. Sono inoltre passato da Mr Courtenay che vi manda questa.» Estrasse da una tasca del panciotto verde una spessa lettera giallognola che porse al proprio superiore, il quale la afferrò con espressione vagamente sgomenta.

«Perdiana, rischiavo di scordarmene. Uno pensa di arrivare ai quarant'anni sapendo far salpare una nave senza problemi ed eccomi invece a dimenticarmi pure il mio nome di battesimo.»

«L'importante è ricordarsi del cognome, sul nome si può sempre glissare.»

Lockhart emise un grugnito divertito dal naso mentre rompeva il grosso sigillo in ceralacca per poi aprire la lettera con dita febbrili, concentrandosi sulla grafia allungata e sottile vergata con diligenza al centro; nel giro di breve si adombrò, passando la punta dell'uncino sulla superficie ruvida della pergamena con un lieve scricchiolio.

Alzò il capo e l'espressione si fece meno tesa quando scorse Gabriel Evans avanzare nella loro direzione, un cappellino di paglia ben calcato in testa e una serie di borse a tracolla che gli pendevano dalla leggera giacca chiara. Era seguito da Hazel MacLeod che camminava veloce per cercare di stare dietro all'andatura baldanzosa del dottore, anche lei trasportando un borsone in pelle scura dall'aria vissuta. «Sempre per il rotto della cuffia, Evans» sbottò James quando li raggiunsero. «Arriverà il giorno in cui salperemo lasciandovi a terra, io vi avverto.»

Il gallese scoppiò in una gaia risata, poggiando a terra la valigetta marrone. «Dovevamo finire di imbottigliare il mio ultimo lavoro. Hazel, avete provveduto a lavarvi accuratamente le mani?»

«Due volte, doc» l'assicurò la giovane annuendo convinta, mossa che le fece finire il tricorno nero sugli occhi, così dovette poggiare anche lei la borsa a terra per accomodarsi il cappello, scena che strappò un sorriso al marito.

Of Seamen and Maidens - VECCHI FANTASMI E CIELI OMBROSIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora