50.

180 26 3
                                    

Dublino, 23 giugno 1801

Deirdre fu riscossa dalle proprie tristi elucubrazioni su quegli ultimi giorni trascorsi nella casa di Francis Street quando dalla porta, invece di Libby, apparve la testa riccioluta di Hazel, che le chiese con un sorriso timido: «Posso?»

La sola vista di quel viso familiare riempì gli occhi della più grande di lacrime di sollievo: non era più sola. «Entra, piccina» la esortò con la voce arrochita dal sonno e quella obbedì sgusciando rapida all'interno con il vassoio della colazione e andando a sedersi sul letto al suo fianco.

«Oggi solo tè e due fette di pane con burro, niente cioccolata, mi sono raccomandata con Mr Judd» le annunciò, indicando la tazza fragrante che fumava promettente.

Dee fece una smorfia ricordando che triste fine avesse fatto la cioccolata il giorno precedente nonché il grembiulino lindo dell'amica, la quale aveva dovuto inventarsi che l'aveva rovesciata per la propria sbadataggine; prese così il tè e ne aspirò grata l'aroma.

Hazel allarmata vide gli occhi grigi dell'amica, già gonfi e iniettati di sangue, riempirsi all'improvviso di nuove lacrime. «Ma che c'è, stavolta? Sei proprio una fontana» la prese in giro gentile passandole un braccio attorno alle spalle.

«È che a J-James piaceva... piaceva tanto...» Prese a singhiozzare con le spalle che sobbalzavano senza controllo, rovesciando qui e là il tè sul vassoio, al che Hazel per precauzione le tolse con gentilezza la tazza dalle mani e rimase a guardarla con dispiacere.

«Santo cielo, Dee, giuro che se mi avessero detto che eri capace di produrre un quantitativo così ingente di lacrime, non lo avrei creduto possibile» cercò di ironizzare l'altra, mentre puliva con un lembo del nuovo grembiule il vassoio inondato. «Tieni un fazzoletto» aggiunse porgendole un quadratino di stoffa.

«Grazie» farfugliò Dee arraffandolo e soffiandoci rumorosamente dentro.

«Figurati, come tua nuova dama di compagnia è mio dovere tenere fazzoletti di scorta per ogni occasione.» Hazel si indicò con fare pomposo strappandole uno stentato sorriso.

«Nay, tu n-non sei la mia dama di compagnia, rimani sempre e comunque una mia, una mia cara...» borbottò l'altra, con il labbro che le tremava, l'accento irlandese che si era fatto più prepotente da quando era tornata nella sua terra d'origine.

«Oh, Dee, ti prego, basta lacrime, io stavo cercando solo di fare un po' di spirito! Avanti, bevi questo tè prima che si freddi.»

Deirdre si era battuta con O'Byrne per tenere l'amica in casa come sua dama di compagnia e, sebbene quello non era parso troppo convinto della proposta, aveva finito per accettare. Hazel si era così inserita nell'oliato meccanismo di Francis Street senza fare troppo rumore, potendo così osservarne le dinamiche interne non senza costernazione, partendo dal suo nuovo datore di lavoro.

«Quel Charles?» aveva chiesto esterrefatta, la prima volta che si erano ritrovate sole nella camera di Deirdre. «Quel vecchio violento è il tuo famigerato primo marito?»

L'altra aveva annuito con aria stanca. «Aye, è così» aveva risposto con un sospiro mentre l'amica le puliva con delicatezza il graffio sul viso causato dalla sberla.

«Scusa, e cosa accidenti ci sei venuta a fare da questo tipo...»

«Haze, ti supplico, non ora che altrimenti inizio a piangere e a breve c'è la cena e lui mi obbliga a presenziarvi in uno stato decoroso e...»

«Va bene, Dee, calmati» si era affrettata a risponderle vedendo gli occhi farlesi lucidi.

«Domattina» le aveva promesso tirando su col naso.

E così, dopo aver rovesciato mezza tazza di tè sul vassoio, il mattino seguente si erano vestite ed erano andate nel cortile sul retro, piazzandosi davanti a un folto cespuglio di andromeda polifolia, piena di piccoli fiorellini rosa acceso che spiccavano tra le sottili foglie verde scuro, che era cresciuto in un angolo lontano di quel fazzoletto di terra morbida. «Niente passeggiata ai giardini» aveva commentato tristemente Dee.

«Come mai?»

«Uno dei tanti piccoli castighi subdoli di Charles.» Scrollò le spalle con noncuranza. «Non mi importa fino a quando potrò venire qui.»

Hazel guardò con interesse quegli sgonfiotti rosa che ricordavano tanto delle campanule e commentò gentilmente: «Sono dei bei fiori.»

«Aye, io li amo particolarmente anche se i più li considerano insignificanti rispetto ad altri.» Tacque un attimo prima di aggiungere con un filo di voce: «Li ho piantati io sulla tomba dei miei bambini mai nati.»

Hazel si irrigidì e tutt'a un tratto la mattinata calda con il sole che finalmente splendeva vivace le parve congelarsi. «Oh, Dee» mormorò passandole una mano sul braccio mentre le lacrime riprendevano a scendere copiose sul volto dell'irlandese.

«Charles non avrebbe voluto io mettessi anche solo delle croci, delle lapidi in giardino, per chi ci avrebbero preso?» imitò il tono petulante dell'uomo accompagnando la frase con una smorfia. «Così ho messo dei fiori. Ho piantato un po' di tutto, sperando ci crescesse sopra qualcosa e infatti è stato così.»

«Li hai seppelliti tu?» le domandò Hazel dolcemente.

Deirdre annuì. «Alcune gravidanze erano così premature che c'era ben poco da sotterrare, ma ci ho messo una scatolina con i loro nomi: Paddy, Kingsey, Enda, Rowan, Fianna e Shea. Paddy è stato... è stato l'ultimo prima che ci trasferissimo a Londra, ma lui era... era già quasi un bambino quando è successo, con le ditina su tutte le mani e i piedi e... cinque mesi sono tanti, sai?»

Hazel si chinò per raccogliere un rametto di nontiscordardimé che stava sbocciando allegro ai loro piedi e lo porse dolcemente all'amica. «Non vorrai non lasciar loro un pensierino.»

Deirdre si allungò per lasciare i fiorellini ai piedi del cespuglio di andromeda ed entrambe recitarono una preghiera improvvisata per la memoria dei sei bambini che non erano riusciti a vedere la luce. Haze si alzò poi in punta di piedi e infilò un secondo rametto di nontiscordardimé blu intenso tra le ciocche nere e setose dell'amica. «I tuoi capelli sono stupendi» mormorò, rivolgendo all'altra un sorriso umido di lacrime e sfiorandole con un polpastrello, ruvido per via di una cicatrice da taglio, la guancia dove il graffio provocato dall'argento del braccialetto si stava schiarendo. «E senti qui che pelle morbida e luminosa. Vorrei tanto averla così bella anche io» osservò di nuovo, allargando il sorriso, le tristi occhiaie scure sotto gli occhi che divenivano più evidenti sotto lo sguardo di Deirdre. Lei sapeva che Hazel stava temporeggiando, cercando di non porle troppe domande per metterla a disagio, anche se voleva sapere.

«Och, Haze, ho così paura che possa succedere qualcosa anche a mio figlio» mormorò con voce strozzata carezzandosi protettiva il ventre. «Paura che non nasca. Paura che nasca avendo Charles come padre. Mi sento talmente, talmente...»

«Scusa se ti interrompo, ma perché non rimanere con tuo marito? Quello vero, intendo» volle specificare Hazel prendendo l'amica a braccetto e facendola camminare nel piccolo giardino tra i cespugli di trifoglio e margherite.

Deirdre sospirò: in fondo aveva atteso fin troppo e Hazel si meritava una spiegazione. Inalò un gran quantitativo d'aria come se stesse per fare un tuffo in acque profonde e gelide. «Sai, anche tuo marito sapeva della gravidanza, ma mi aveva promesso di non parlarne con James: ero stata io a chiederglielo.»

*N.d.A.*

Buongiorno,

la vita in Francis Street è sempre più cupa per Hazel e Deirdre. L'irlandese si ritrova a confidare all'amica i dettagli sulle sue gravidanze finite male. Scrivere questo capitolo è stato straziante per noi, speriamo di essere riuscite a dare la giusta importanza all'argomento senza cadere nel banale.

Grazie a chi continua a seguirci, alla prossima ❤️

CC


Of Seamen and Maidens - VECCHI FANTASMI E CIELI OMBROSIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora