Dublino, 16 giugno 1801
Deirdre e Ross erano di nuovo nella zona di Temple Bar, appena usciti dall'ennesima casa di malaffare in cui avevano nutrito persino una flebile speranza che uno dei clienti avesse avvistato Sammy, ma poi in realtà era uscito fuori che quello aveva dato loro credito solo perché interessato a sapere se Deirdre offrisse gli stessi servigi delle signorine della casa. All'occhiata minacciosa del "marito", l'uomo se l'era svignata a gambe levate, rivolgendo uno sguardo implorante a MacLeod, a cui la padrona del bordello aveva intimato di uscire e non tornare più, perché gli spaventava a morte i clienti che già non abbondavano negli ultimi tempi.
«Se continui con quell'espressione accigliata, Scotty, rischiamo di non ottenere più nemmeno mezza informazione da nessuno» lo redarguì Deirdre mentre camminavano lungo un vicolo semideserto: una scorciatoia per la prossima casa di piacere da controllare. A metà strada l'irlandese si picchiò con teatralità una mano sulla fronte: «Mi sono scordata di chiedere se magari, invece di Samuel, avessero sentito parlare di un qualche ragazzo inglese dal nome improbabile che corrisponda alla stessa descrizione!»
La vide schizzare indietro a tutta birra, grattandosi pensoso il capo mentre borbottava: «Glielo abbiamo già chiesto, Mrs D...»
Stava per seguirla, quando dall'angolo della strada invece di Deirdre sbucarono due omaccioni che a passo veloce lo raggiunsero. Ross ebbe giusto il tempo di rabbrividire incrociando i loro sguardi cupi e in breve gli furono addosso: si sentì stretto in una morsa d'acciaio e non riuscì nemmeno a fiatare che un pugno gli arrivò all'altezza dello stomaco, mozzandogli il fiato.
Mentre lo tenevano immobilizzato, MacLeod annaspò in cerca d'aria e voltò il capo. Si vide parare davanti altri due ceffi con la medesima sete di sangue negli occhi incupiti dalla ferocia. Senza proferire motto, continuarono a tempestarlo di pugni in pancia e sul torace incrinandogli più di una costola con sinistri scricchiolii. Provò a dibattersi ma ricevette una botta sullo zigomo, il dolore che bruciava come lava ardente sulla pelle, strappandogli un mugolio indistinto. Allentarono la presa alle braccia, ma lui riuscì solo a scivolare a terra, sfinito, al che lo tirarono su in ginocchio strattonandolo per i ricci, per continuare il loro compito.
Lo scozzese sentì in bocca il sapore ferroso del proprio sangue e avvertì un'esplosione di dolore lancinante prima al naso, poi all'arcata del sopracciglio destro mentre il campo visivo veniva invaso da gocce scarlatte che schizzavano qua e là a ritmo con i colpi sempre più ravvicinati e incattiviti. Gli occhi ormai erano gonfi di botte e non riusciva a tenerli aperti, dovevano inoltre avergli spaccato le labbra e rotto qualche dente, non era in grado di capire molto ormai. Venne spinto a terra, la faccia contro le pietre viscide e fredde del vicolo, senza nemmeno avere la forza di provare a non rovinare malamente sulla superficie dura e impietosa. L'impatto fu dolorosissimo, ma cosa non lo era a quel punto?
Dato che, anche se debolmente, la vittima respirava ancora, gli aggressori lo presero a calci a turno con rinnovata cattiveria, colpendolo di punta con gli spessi stivaloni chiodati, come se stessero giocando con un pallone di grosse dimensioni, che ormai non si muoveva né tantomeno rimbalzava.
L'ennesimo calcio al fianco provocò un fiotto di sangue che risalì alle labbra tumide di Ross e un deciso colpo alla gamba destra fu seguito da un rumore inquietante di ossa spezzate all'altezza della rotula. Ormai MacLeod era in fin di vita, stava soffocando nel proprio sangue e l'ultima cosa che avrebbe potuto fare era tenere il conto delle ferite e delle parti del proprio corpo che potevano essere rotte. In realtà gli sembrava di non averlo più neanche, un corpo, si sentiva come un ammasso di pudding troppo inconsistente e floscio. Con la faccia contro il selciato, rannicchiato in posizione fetale e agonizzante, alla mente gli affiorò il ricordo dei volti dispiaciuti ma speranzosi dei suoi familiari il giorno in cui era partito dal paesino; mamma e papà con i visi invecchiati ancor prima del previsto a causa delle preoccupazioni legate ai debiti, il fratello e le sorelle troppo giovani per accollarsi così tanti problemi. Furono sostituiti poi dal viso di Hazel, che l'accoglieva alla fine di una lunga giornata stancante, aspettandolo davanti alla loro casetta a Kingston, con le labbra piegate in un sorriso e i grandi occhi scuri che lo guardavano radiosi, pieni d'amore e d'orgoglio per lui. Gli sarebbe tanto piaciuto presentarla alla sua famiglia. E di più ancora gli sarebbe piaciuto averle potuto dire che gli dispiaceva se nell'ultimo periodo c'era stata tanta tensione tra di loro e che il suo insistere sull'avere un figlio insieme non era per farla sentire in colpa ma solo perché non riusciva a immaginare nulla di meglio che costruire una famiglia numerosa con la donna che amava tanto. In quelle condizioni di semi incoscienza, sul punto di spegnersi, non avrebbe mai potuto prevedere o schivare l'ultimo colpo, quello del tacco di uno stivale che gli fracassò la tempia, già sanguinante per i pugni di poco prima. Sentendo la vita che lo abbandonava un po' alla volta, Ross Caelan Stewart MacLeod rimase immobile su quelle pietre fredde, lontano dai suoi affetti, conciato peggio di una bestia considerata inutile dopo una battuta di caccia e il suo ultimo pensiero prima di chiudere gli occhi fu che, in fondo, anche se aveva amato la sua esistenza prima di andare a Londra, non avrebbe cambiato nulla di quello che gli era accaduto dopo aver lasciato la Scozia.
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Of Seamen and Maidens - VECCHI FANTASMI E CIELI OMBROSI
Ficción histórica[COMPLETA] Terzo capitolo della serie Of Seamen and Maidens. Seguito di ACQUE SCURE E VENTI CONTRARI. Kingston, 1801. Sono passati due anni da quando la Wicked Mary, il vascello del Capitano James Lockhart, è approdato in Giamaica. James non ha mai...