46.

160 23 1
                                    

Bóthar na Trá, 20 giugno

Quando Lea rientrò in casa, gli unici rumori che udì erano lo scoppiettio allegro del fuoco nel camino e il lieve russare di Maimeó. Gabriel Evans era seduto al tavolino e stava spezzando con le grosse mani la pagnotta fragrante che emanava un profumo celestiale. La pancia di Lea gorgogliò di nuovo mentre lei usava la sedia libera per drappeggiarvi sopra la camicia del dottore. Il suo abito l'aveva lasciato all'aperto, ben steso sopra il grosso cespuglio di andromeda che cresceva accanto alla casa in quanto non c'era fretta che si asciugasse, dato che ne indossava già uno di ricambio, mentre le dispiaceva – fino a un certo punto in realtà – che lui rimanesse senza un indumento a coprirgli per bene il torace. Aveva dei pettorali ampi e asciutti, ricoperti da una sottile peluria scura, come gli occhi e i capelli, e si chiese come sarebbe stato abbandonarsi contro di essi, davano l'idea di essere solidi e accoglienti.

Evans si alzò dalla sedia e le fece cenno di accomodarsi, ma lei scosse il capo risoluta, afferrando con gratitudine il pezzo di pane che le porgeva e sedendosi per terra davanti al fuoco, cominciò a masticare con appetito mentre provava a dimenticarsi il formicolio che la solleticava in mezzo alle gambe al pensiero di essere stretta al corpo nudo di lui.

Il dottore la imitò, contrario all'idea di avere un posto più confortevole rispetto a una fanciulla, e le si accomodò di fianco, incrociando le lunghe gambe, il tepore del fuocherello che scaldava i loro visi già accalorati per quella vicinanza che diventava sempre più carica di aspettative alle quali nessuno dei due osava dare voce.

«Il tatuaggio, quel...»

«Drago» le venne in aiuto Gabe dopo aver ingoiato un boccone, spazzolandosi delle briciole che gli erano finite sul ginocchio.

«Sì, quello. Ho sentito dai marinai che girano da queste parti che è un'usanza durante i viaggi per mare. Voi dove ve lo siete fatto?»

«Ero appena approdato al porto di Shanghai, in Cina. In realtà i veri marinai hanno molti più tatuaggi, se ne fanno sempre uno alla partenza e uno all'arrivo, per ogni singolo viaggio.»

Lea ridacchiò. «Ma così un uomo che passa tutta la sua vita per mare dovrebbe essere pieno dalla testa ai piedi di quegli strambi disegni!»

«Oh, non credereste ai vostri occhi se vi trovaste davanti certi individui. Durante una traversata per Ceylon ho avuto a che fare con un uomo che si era tatuato dappertutto, persino sul didietro!»

Lei rise così forte che il boccone le andò di traverso e rischiò quasi di soffocare, ma con un colpo deciso tra le scapole Evans le fece sputare tutto, poi rimase a guardarla, in ansia: «State bene, Ms Lea?» le domandò prendendole il mento tra le lunghe dita per studiarle gli occhi verdi, ora leggermente arrossati. Era così bella, tanto vicina e Gabe avrebbe davvero voluto annullare quella poca distanza tra i loro volti e colmarla con un bacio.

«Sto bene, dottore» mormorò lei mentre quegli occhi scuri le fissavano avidamente la bocca.

Evans non aveva mai riflettuto su quanto potesse suonare sensuale il proprio mestiere, se pronunciato da una ragazza dalle forme da sogno e un temperamento come quello di Lea O'Kelly. Forse, se avesse provato a baciarla, lei non lo avrebbe respinto. Si sporse ancora un po' verso di lei e inalò il profumo dolce dei suoi capelli rossi, studiando le sopracciglia folte dello stesso colore, resistendo alla tentazione di passarvi sopra le dita o addirittura ricoprirle di piccoli baci.

Un enorme sbadiglio scosse la giovane e l'atmosfera venne rotta all'istante.

«Forse dovreste riposarvi un po', ora.» Gabe nascose la propria delusione mentre lo diceva.

«Credo sia il vostro turno, dopo che vi siete preso cura degli abitanti di Bóthar na Trá per tutto il giorno. Scommetto che quel pezzo di pane è l'unica cosa che avete messo nello stomaco oggi.»

«Ho mangiato un piatto di stufato offerto gentilmente dai Riley ed era delizioso. Mi ha riempito molto.»

Lea sollevò gli occhi al cielo, trattenendosi dal dirne quattro su quella smorfiosa di Lucie Riley, che, solo perché la madre le aveva dato un nome francese per farsi bella, pensava di essere la migliore al villaggio. Chissà se aveva fatto gli occhi dolci al suo dottore, quella piccola intrigante!

«Eppure non era gustoso quanto la vostra zuppa di pesce» precisò Evans, come se avesse letto nei pensieri gelosi di Lea. «Sono certo che Dembe, il cambusiere della nave, ucciderebbe per avere la ricetta.»

«Il segreto sta nelle erbe di Maimeó» ribatté, trattenendo l'ennesimo sbadiglio, il pensiero dell'odiosa Lucie Riley che svaniva dopo quel complimento sulla pietanza che aveva preparato. Sentiva che gli occhi le si chiudevano e la voce bassa e profonda del medico era talmente rilassante da risultarle soporifera, complice la stanchezza che l'aveva assalita all'improvviso da quando si era seduta per terra. Era proprio vero che quando uno smetteva di essere in movimento le membra sembravano appesantirsi all'improvviso, le venne in mente di chiedere al Dottor Evans se si trattasse di qualche strano meccanismo del corpo, ma si limitò ad annuire e ripetere: «Le erbe di Maimeó sono magiche. Hanno fatto innamorare di lei il nonno.»

Gabe non credeva né alla magia né alla religione, ma gli sembrava sempre strano e bizzarro come le persone dei piccoli villaggi potessero essere assieme tanto devote quanto superstiziose, avevano una fantasia tutta loro che lo affascinava. Persino Hazel MacLeod, nell'intimità del suo piccolo studio da medico a Kingston, quando era certa che non ci fosse nessun altro nei paraggi, gli aveva raccontato di certi rimedi erboristici che le aveva tramandato sua nonna Heather, di momenti più adatti a raccogliere e miscelare le erbe, legati alle fasi lunari. Lui sapeva che anche quella era scienza, ma il modo in cui Hazel ne parlava, gli dava una dimensione più ultraterrena.

Eppure, Gabe non poteva negare che Lea O'Kelly lo aveva catturato molto prima di assaggiare quelle erbe. Molto, molto prima.

Avvertì il peso del capo della giovane che gli si abbandonava contro la spalla e, cercando di non disturbarla troppo, si sfilò la giacca e la usò per coprirla. Lei mormorò qualcosa di incomprensibile, poi gli passò una mano attorno alla vita senza accorgersene, scivolando pian piano nel sonno, con un'espressione rilassata e adorabile sul volto.

Gabe sapeva che non c'era il minimo rischio che si addormentasse quella notte, non con il corpo di lei premuto contro e un'erezione che minacciava di durargli a lungo.

*N.d.A.*

Buongiorno!

In questo capitolo scopriamo qualcosa in più sul tatuaggio del Dottor Evans. Tra gli uomini di mare era costume tatuarsi alla partenza, all'arrivo e al ritorno da ogni viaggio. Forse avrete sentito per questo la credenza che i tatuaggi debbano sempre essere dispari, voi ne avete? Vi piacciono?
Grazie a chi continua a seguirci, buona lettura!

CC


Of Seamen and Maidens - VECCHI FANTASMI E CIELI OMBROSIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora