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Dublino, 23 giugno 1801

Dopo averle raccontato del suo sfortunato incontro con Desmond, Deirdre era passata a quello ancor più funesto con Charles qualche giorno prima. Nel momento in cui accennò al fazzoletto sporco di Ross, si bloccò in preda ai singhiozzi e Haze le fece compagnia, abbracciandosi strette l'un l'altra prima di bofonchiare: «Ci serve un buon tè per calmare gli animi.»

Andarono nel cucinotto e cacciarono Mr Judd, il cuoco, per stare un attimo in pace, commissionandogli di comprare delle rape per il purè di quella sera da servire assieme al pesce; Hazel mise il bollitore sulla stufa e servì il tè, prima di sedersi con un sospiro pesante accanto a Deirdre scossa da lievi singulti.

Inspirò a fondo. «Dee, devi smetterla di incolparti per Ross» esordì, provando un minuscolo sollievo nell'essere già seduta in quanto avvertì le ginocchia tremarle vistose. «Dopo quello che mi hai detto, tu non c'entri molto più del Capitano Lockhart che lo ha portato fino a Dublino...» Si interruppe per evitare di scaldarsi più del dovuto, ma soprattutto per non agitare oltre l'amica. «L'unico da incolpare rimane sempre e solo quel verme disgustoso di Charles» concluse secca. «Non gliela farò passare liscia.»

Avrebbe tanto voluto contare sul supporto di Dee in quel momento ma lei non sembrava molto per la quale, standosene mogia a capo chino con fare vinto, come se si fosse arresa a tutto quello. Il pensiero le fece salire con prepotenza la voglia tanto di darle una scrollata per riscuoterla da quel torpore rassegnato in cui sembrava essere caduta, quanto di abbracciarla stretta per l'ennesima volta: in nemmeno una settimana Dee pareva serbare solo un lontano ricordo dell'amica grintosa ed energica che non si scoraggiava mai. O quasi, si corresse allungandosi per carezzarle con gentilezza il capo.

«Che ne dici se preparo un bagno per rilassarti un attimo?» le propose quando avvertì le dita delle mani dell'irlandese che si erano fatte gelide e l'altra annuì piano senza troppa convinzione.

Finito di bere il tè, tornarono nella stanza di Deirdre e l'inglese ordinò che le venisse preparata una vasca d'acqua calda. Una volta pronta l'aiutò a svestirsi e, quando Dee vi si immerse con gesti cauti, distese finalmente i lineamenti del volto.

Hazel strusciò per terra un basso panchetto in legno in modo da posizionarsi all'altezza del viso dell'amica e le sorrise. «Niente come un buon bagno caldo» le fece il verso, in quanto era una delle massime che era solita elargire Dee, e si scambiarono il primo sorriso complice dopo molto tempo. Infilò una mano nella piacevole acqua calda e le dita sfiorarono appena il ventre che si faceva ogni giorno un pochino più tondo e gonfio dell'irlandese: il contatto con la pelle levigata le procurò una curiosa scossa che la pervase da capo a piedi per poi andarsi a insediare nello stomaco, rimescolandosi col tè e una serie di altre strane sensazioni. Scacciò quei pensieri per un secondo momento e guardò invece il viso dell'amica, incorniciato dai capelli bagnati che le aderivano alle tempie e alle gote come alghe, che da pallido ed emaciato riprendeva colorito; gli occhi le guizzarono di nuovo al pancione che si intravedeva a pelo dell'acqua e si chiese come era stato possibile che lei non avesse mai collegato quegli strani malesseri e le nausee continue di Deirdre a una possibile gravidanza, dopo che ci era passata anche lei, seppur per brevissimo tempo. Oh, già, era impegnata a litigare e urlare a Ross quanto desiderasse non averlo mai sposato...

«Piccina mia» la mano calda e bagnata di Dee le si posò delicata sulla guancia destra. «Non è nemmeno colpa tua, lo sai vero?»

Si limitò ad annuire perché sentiva che non sarebbe riuscita a spiccicare mezza parola, gli occhi grigi dell'altra che la scrutavano impensieriti. Si riscosse in fretta mentre prendeva una spugna e, dopo averla inumidita, la sfregava con una saponetta alla lavanda per poi frizionare con delicatezza le braccia dell'amica, il profumo che si elevava aromatico insieme alle volute di vapore della vasca. «Ce ne dobbiamo andare da qui» le disse senza mezzi termini.

Lo sguardo dell'altra si fece distante. «Non posso» sospirò rassegnata.

Hazel le voleva un bene dell'anima ma aveva urgentemente bisogno della Deidre reattiva e perspicace. «Dee, ti prego, non dirmi che credi davvero che Charles manterrà la promessa di non denunciare Lockhart a Gibbs» proruppe esasperata roteando gli occhi al soffitto. «È un viscido doppiogiochista.»

Con un moto di disgusto ricordò il piccolo discorso privato che aveva avuto con O'Byrne prima della sua "assunzione" in Francis Street.

Erano stati cinque minuti da soli nello studiolo luminoso pregno dell'olezzo del tabacco da pipa bruciato, ma le erano bastati per inquadrare di che pasta fosse fatto.

«Mia moglie insiste tu debba farle da dama di compagnia» esordì Charles sarcastico dandole le spalle per raggiungere il ripiano del camino in pietra e mettersi a cercare qualcosa tra le scatoline in legno che vi riposavano sopra.

«Io ti denuncio» gli urlò lei, il sangue che le martellava furioso in corpo. «Giuro che ti renderò la vita un infermo e non mi importa quello che tu e i tuoi sgherri mi potrete fare, schifoso assassino!»

Quello non si scompose di un millimetro al suo dire infervorato e continuò indisturbato la sua placida ricerca, le mani curate che svolazzavano leggere come grottesche farfalle pallide fino a trovare quanto desiderato. Prese una pipa in lucido legno rossiccio e con un fiammifero accese la fiamma, diede grossi tiri per far prendere il fuoco e quando le volute dense di tabacco iniziarono a elevarsi pigre e azzurrognole, le rivolse un sorriso di beffe che la fece solo infuriare di più.

«Io ti prometto, cara la mia sassenach, che non alzerò un dito su di te. Né lo faranno i miei uomini, ben inteso.» Emise uno sbuffo di fumo che rimase a guardare per qualche attimo prima di continuare tranquillo: «Mi limiterò a rifarmi su Deirdre.»

L'effetto fu quello di una secchiata d'acqua ghiacciata in testa e lei si irrigidì. «Lei è tua moglie...»

«Certo, ma me ne sono liberato una volta. Non mi costa nulla ricominciare con questo vecchio gioco; a te non piace giocare?»

La sua risata acuta era sgradevole come una lama che grattava sul vetro e Hazel dovette ingoiare improperi e quant'altro: quel viscido l'aveva colpita esattamente dove più era vulnerabile. E la cosa che detestava era che ci aveva impiegato una manciata di minuti per farlo.

«Non credere che il Capitano Lockhart non verrà a cercarci: in questi giorni io ho continuato a scrivergli, si insospettirà non vedendo più arrivare nulla» provò a ribattere fingendo una sicurezza che sapeva di non avere.

«Non preoccuparti, un rimedio lo troviamo per quel cialtrone» ribatté O' Byrne con una scrollata di spalle noncurante in un tono che le offuscò la vista per la furia che le montava in corpo, inesorabile. «Ci sono: stasera voglio tu scriva un altro messaggio da fargli recapitare in cui dici che stai benone. Altre due o tre missive e poi annuncerai di aver trovato lavoro da qualche parte. Un'idea balorda, lo so, ma con così poco preavviso non posso certo mettere a punto chissà che grande piano... Ed ecco, mi ci è voluto nemmeno un minuto per smontare i tuoi brillanti piani di vendetta!» Masticò la bocchetta della pipa con un sorriso che non arrivò agli occhi turchesi.

N.d.A.

Buongiorno, in questo capitolo tra Dee e Haze troviamo pure un piccolo flashback sul primo incontro tra Charles e Hazel, non dei più felici.

Grazie ancora a chi ci continua a leggere e a chi lascia commenti, ci stiamo avviando verso la conclusione della storia ormai!

CC

Of Seamen and Maidens - VECCHI FANTASMI E CIELI OMBROSIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora