13. Panico

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ALEX'S POV
Chiusa nella mia stanza, rintanata nella mia solitudine scura, tentavo disperatamente di dormire ma i pensieri che si affollavano nella mia mente mi impedivano persino di respirare.
Sentivo ancora il suo sapore sulle labbra, malgrado la doccia, sentivo il suo odore su di me. Come una litania assordante il ricordo dei suoi sospiri mi rimbombava nelle orecchie, la mia pelle era ancora increspata dai brividi che le sue mani sul mio corpo avevano provocato.
Lei era dappertutto.
Non era successo davvero, non poteva succedere a me, a me, Alex Vause.
E' una ragazza dannazione... una ragazza.
Rabbrividii al solo pensiero di ciò che avevo fatto, alla passione cieca che mi aveva invaso, era sbagliato, maledettamente sbagliato.
Eppure, per quanto desiderassi con tutte le mie forze di pentirmene, non ci riuscivo.
Continuavo disperatamente a tentare di reprimere quel bisogno, sempre più vivo in me, di baciarla ancora ed ancora. La desideravo
senza ritegno.

Affondai il viso nel cuscino, soffocando un singhiozzo che diede sfogo ad un pianto sommesso, sentivo l'umidità della federa sotto il mio viso, non avrei saputo dire da quante ore stessi piangendo. Solo non riuscivo a smettere.
Ero conscia del fatto che avrei dovuto piangere per la vergogna ma la verità era che piangevo perché io, quella vergogna, non la provavo.
L'avevo baciata e l'avrei rifatto altre dieci, cento, mille volte e questo mio malsano desiderio mi riempiva d'angoscia e mi soffocava l'anima.
Chiusi gli occhi e, senza volerlo, ripiombai indietro nel tempo a quell'attimo di puro paradiso, li riaprii di colpo ed un nuovo fiume di lacrime inondò il mio volto.
Come avrei potuto guardarla di nuovo negli occhi adesso? Come avrei fatto a sfuggire all'imbarazzo di trovarmi faccia a faccia con lei?
Come potevo, dopo quel bacio, evitare di annegare nuovamente in quelle irridi celesti senza rischiare di perdermici, di perdere ancora il controllo?
Ma c'era dell'altro. Oltre ai miei dubbi, mi attanagliava il pensiero di cosa lei potesse provare, di cosa avrebbe pensato di me.
C'era anche da dire che era stata lei a provocarmi, non avrebbe certo potuto accusarmi di esserle saltata addosso inaspettatamente, anche perché tecnicamente era accaduto il contrario.

Si.

Pensai che quella sarebbe stata una buona arma di difesa nel caso in cui lei si fosse lamentata in futuro.
Sospirai.
Eh si perché prima o poi l'argomento sarebbe venuto fuori.
Una morsa allo stomaco mi costrinse a raggomitolarmi su me stessa.
Ma magari non avremmo dovuto parlarne per forza. Io avrei gradito maggiormente ignorare l'accaduto e, di certo, avrei assecondato questo desiderio.
Non una parola sarebbe uscita dalla mia bocca riguardo l'argomento.
Si.
Così avrei agito. L'avrei seppellito dentro di me, come un sogno che, a mala pena, si riesce a mettere a fuoco.
L'avrei ignorata da quel giorno in poi ed avrei continuato a vivere la mia vita felice e beata.
Il pensiero di doverla allontanare mi fece mancare il respiro ed ebbi l'istinto di ricominciare a piangere.
Ma era l'unica soluzione. Piper era una minaccia per me, per la mia sanità mentale, un pericolo.
Non potevo permettere che l'influenza malsana che aveva su di me mi rovinasse la vita, mi facesse diventare ció che non ero.

E se l'avesse detto a qualcuno avrei negato fino alla morte.
Io non bacio le ragazze, io non sono cosi.
Non lo sarei mai stata.
Al diavolo quella bionda.
Aveva portato solo caos nella mia testa.
L'ennesimo trillo del telefono sul comodino mi riscosse dai miei pensieri ignorai un'altra
chiamata di Nicky.
Ero corsa via da scuola senza avvertirla e lei non aveva fatto altro che chiamarmi tutto il resto del giorno. Ma non avevo voglia di parlare con nessuno, tanto meno con lei.
Non avrei neanche saputo cosa dirle. Come fare a spiegare 1l turbinio d'emozioni che avevo dentro?
Non potevo raccontarle dell'accaduto, il pensiero di come avrebbe potuto reagire mi spaventava troppo. Se mi avesse giudicata male? Se mi avesse allontanata? No, non avrei potuto sopportarlo, nessuno doveva sapere.
Avrei trovato una scusa da propinare alla mia amica.
L'indomani mi sarei alzata, avrei indossato la mia solita invisibile maschera fatta di freddezza e impassibilità. Avrei seppellito quell'unico momento di debolezza sotto la mia pelle, sotto la fredda armatura di ghiaccio dietro la quale ero diventata così brava a nascondermi.

with somebody who loves meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora