54. Lasciarsi andare

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PIPER'S POV
Avevo spento il cellulare ed ero semplicemente corsa via, via da quel dolore che però non faceva che rincorrermi ovunque andassi, via da lei e da me stessa.
Mi sentì d'un tratto come svuotata nell'anima.
Ero in balia del dolore e l'unica compagnia che avevo era quella poco gradita di me stessa e della mia angoscia.
Mi fermai togliendomi il casco e posandolo sull'erbetta al lato della strada dove avevo accostato.
Mi appoggiai alla sella e piansi, piansi fino a non sentire più gli occhi, riversando tutto il mio dolore sotto forma di lacrime che avevano il gusto dell'ingiusto.
Ingiusta come la vita che, un attimo prima, ti mostra la felicità per poi portarsela via come una foglia in balia del vento d'autunno.

ALEX'S POV
Guidai maledicendo me stessa per avere una memoria cosi corta. Faticai parecchio a ricordare quale fosse il posto ma, alla fine, vuoi per istinto o per sfacciata fortuna, riuscii a ritrovare il promontorio dove Piper mi aveva portata al nostro primo appuntamento, il  suo terzo posto preferito.
Ero passata al parco prima di andare li ma, avvicinandomi al laghetto delle anatre, non l'avevo trovata rimanendo molto delusa. Ero certa che fosse andata li. Poi però mi ero riscossa rendendomi conto che il sole stava per tramontare e ricordai perfettamente quel luogo, la magia del tramonto visto da quella collina verde.
Mi fermai proprio in prossimità di quella zona e, in lontananza, la vidi.
Bellissima.
Appoggiata alla sua moto, persa nell'osservare il sole tramontare all'orizzonte, la luce la inondava colorandole il volto di mille sfumature di rosso e la leggera brezza le solleticava il viso sfiorandole i capelli. Proprio come quella sera.
Mi fermai incantata ad osservarla, sempre stupita da quanto fosse bella.
Scesi dall'auto avvicinandomi cautamente.
Notai il movimento fulmineo dei suoi occhi che si spostarono nella mia direzione prima di tornare rapidamente a scrutare l'orizzonte.
"Addirittura, quale onore averti qui" disse ironica. "I tuoi sono preoccupati ed anche Lorna"
dissi seria.
"E tu?" domandò con quello stesso tono.
Ingoiai a vuoto.
"Dovresti tornare a casa" dissi eludendo la domanda "Ti aspettano alla scuola di ballo"
aggiunsi acida.
"Già dovrei" convenne lei senza però muoversi
"Ma alla fine sai cosa ti dico? Non me ne frega un cazzo" ammise.
"Non era il tuo sogno?" domandai pungente.
"Ma che ne sai tu dei sogni, non ne hai mai avuto uno in vita tua" disse dura.
Improvvisamente una nuova rabbia mi assalì ma contrariamente a quanto mi aspettassi non dissi nulla, mi limitai a scuotere il capo, decisa a non cadere in quella provocazione.
"Dovresti andare a casa" mi limitai a ripetere.
"Già, dovrei" ribatté lei secca.
"Bene, confido nel fatto che tu lo faccia, ora vado. Chiamerò Lorna per dirle che stai bene" la informai dandole le spalle.
"Ti senti meglio adesso?" domandò a bruciapelo con durezza.
Mi voltai scrutandola interrogativa.
"Cosa?" domandai.
"Che c'è hai avuto paura? Credevi che avessi commesso qualche sciocchezza a causa tua?" chiese senza guardarmi con un'ironia amara
nella voce.
"No, io..." tentai ma lei mi interruppe.
"Lorna ti ha chiamato e tu, da brava megalomane egoista quale sei, hai subito pensato che la povera piccola Piper, scioccata dal trattamento che le avevi riservato fosse ricorsa ad un insano gesto... disperata com'era"' disse con fare teatrale.
"Non è cosi, io.."'
"Sto bene come vedi, la tua coscienza non verrà intaccata" disse sarcastica.
"Ammesso che tu ne abbia una" aggiunse con disprezzo.
"Sono diventata io la cattiva della storia adesso?" domandai indignata voltandomi
completamente verso di lei.
"Non l'ho voluta io questa situazione" le feci notare.
"E cosa pensi? Che l'abbia voluta io? Pensi che mi faccia piacere?" domandò stizzita venendomi incontro.
"Sai che ti dico? Hai fatto una scelta... ti faccia piacere o meno, l'hai fatta! Smettila di insistere che non l'hai voluto, l'hai voluto eccome" mi affrettai a dire.
"Sei incredibile" sbottò lei sorridendo isterica
"Mi dai la colpa senza sapere un cazzo" sbottò irritata.
"E allora dimmi Piper spiegami cosa non so" dissi incrociando nervosamente le braccia sotto il seno.
"Oh adesso vuoi ascoltarmi?" fece lei nervosamente.
"Ora che non sei seminuda o in una valle di lacrime? Perché no?" risposi acida.
"Oh beh meglio per me visto che nel secondo caso mi avresti urlato contro e nel primo forse mi avresti dato di nuovo della puttana" rispose con lo stesso tono.
Feci per ribattere ma le parole di Nicky mi ritornarono alla mente e cosi riaprì la bocca solo per prendere un profondo respiro e chiudere gli occhi, portai le mani alle tempie massaggiandole con calma e contando mentalmente fino a dieci.
"Ok cerchiamo di calmarci entrambe, va bene?
Basta urlarci addosso, non si va da nessuna parte cosi" dissi tranquilla ritrovando al lucidità.
Lei regolarizzo il respiro distogliendo lo sguardo da me e lasciando cadere le braccia lungo i fianchi.
"Mi dispiace per... per quello che è successo negli spogliatoi, ho detto cose che assolutamente non pensavo" dissi abbassando lo sguardo ".... mi dispiace per ciò che è successo in palestra e per la sfuriata a casa mia quel giorno" continuai a voce bassa, senza guardarla.
Mi sentì d'un tratto leggera. Per la prima volta nella mia vita sentivo di aver fatto la scelta giusta, stavo facendo la persona adulta proprio come Nicky mi aveva consigliato ed era una sensazione profondamente appagante.
Piper alzò lo sguardo un po' sorpresa scrutandomi incerta, poi tornò a fissare l'orizzonte.
"Mi dispiace" disse in un sussurro"Mi dispiace
di non essere stata abbastanza razionale da rendermi conto che avremmo dovuto parlarne insieme, che avremmo potuto trovare una soluzione. Sono stata avventata e sciocca, mi sono fatta prendere dal panico ed ho sacrificato la cosa migliore che mi sia mai capitata nella vita, per paura" disse calma "Mi dispiace di non aver creduto abbastanza nel nostro amore" concluse.
"Di cosa hai avuto paura?" domandai di getto avvicinandomi di uno o due passi.
"Di perdere l'affetto della mia famiglia, di perdere la possibilità di andare a New York... di essere rinchiusa in un collegio a Cleveland senza la possibilità di poter vedere ogni giorno il tuo viso. Ho avuto paura che i miei si presentassero a casa tua dicendo tutto ai tuoi...ho avuto paura per te. Sono tutte cose che hanno minacciato di fare ed io ho ceduto al ricatto, perché sono una stupida ed una debole"le ultime parole furono soffocate da un singhiozzo amaro che mi strappò il respiro.
Improvvisamente capii le parole di Lorna e mi resi conto del peso non indifferente che la mora aveva dovuto sopportare in quel periodo cosi duro per entrambe.
Inconsciamente avevo sempre sospettato che ci fosse qualcosa del genere sotto ma la verità era che mi aveva fatto fin troppo comodo pensare che, semplicemente, lei non mi amasse tanto quanto la amavo io. Mi aiutava a sopportare meglio il distacco, speravo piuttosto che mi aiutasse ad odiarla più facilmente.
"Mi dispiace, non lo sapevo. Avrei dovuto lasciarti parlare" ammisi cauta.
"Già, forse avresti dovuto" disse lei con amarezza
'"ma non importa, forse io avrei reagito allo stesso modo se fossi stata al tuo posto" ammise sorprendendomi.
"Da una parte ti capisco alla fine" disse stringendosi nelle spalle.
"Ed io capisco te e la tua paura, forse addirittura potrei capire la tua scelta" dissi riflettendoci bene. In fondo io stessa non avrei saputo dire come avrei reagito trovandomi al suo posto, magari sarei stata ancora più codarda di lei conoscendo la fragilità del mio carattere.
Il minuto di silenzio che seguì sembrò durare secoli, rimanemmo ferme nelle nostre posizioni, intente a fissare io le mie scarpe e lei il sole ormai quasi scomparso. Qualche uccellino cantava in lontananza e la brezza primaverile già si faceva sentire nell'aria, ricordandomi vagamente la prima volta che ci eravamo trovate li, in quello stesso luogo a quella stessa ora, con l'estate che ormai scivolava via ed il nostro amore che allora stava nascendo come la sera che arrivava sicura.
In quell'istante invece il nostro amore stava lentamente morendo come il sole all'orizzonte e noi ce ne stavamo li, lasciando che accadesse.
"E' tutto cosi maledettamente sbagliato" dissi con rabbia.
"Lo è" concordò lei annuendo piano.
"Hai mai desiderato rivivere un giorno dall'inizio alla fine?" mi domandò a bruciapelo, sorprendendomi.
Mi fermai a riflettere su quella domanda strana.
"Si, credo di si" dissi.
Avrei voluto rivivere il giorno del mio tentato suicidio e il giorno che avevo fatto cadere Keana dalla piramide ma, soprattutto, pensai che, da quando l'avevo conosciuta, ogni giorno con lei aveva meritato di essere rivissuto almeno altre dieci volte dall'inizio alla fine.
"Io vorrei rivivere quel maledetto giorno e cambiare tutto" ammise con amarezza.
Un pensiero mi colpì come un lampo.
"Una volta una persona molto saggia mi ha detto che non possiamo cambiare il passato ma possiamo usarlo ed impegnarci per rendere migliore il nostro futuro, per non commettere gli stessi errori" dissi accennando un sorriso.
Lei ridacchiò a sua volta riconoscendo le proprie parole.
"Doveva essere una persona molto, molto saggia" disse ironica.
"Lo è" confermai.
In quel preciso istante i nostri sguardi si incontrarono, schiantandosi l'uno contro l'altro e il mio cuore mi rimbalzò in gola. L'unica cosa che avrei voluto fare era correre da lei e stringerla a me il più possibile, per fondermi con lei in un'unica entità e dimenticarmi tutto ciò che ci circondava.
"Mi dispiace Al".
E sapevo per cosa fosse dispiaciuta.
"Dispiace anche a me" dissi amara.
Tutto stava finendo in quell'istante e nessuna poteva fare nulla per impedirlo.
"Non doveva finire cosi" dissi scuotendo il capo.
"No infatti, è terribilmente ingiusto eppure non c'è altra soluzione" disse lei sconsolata.
"Per via dei tuoi genitori?" domandai per accertarmi che la pensasse come me.
Lei scosse il capo.
"No. Credo che, al di la di questo ci siamo fatte troppo male a vicenda per poter tornare indietro" disse ed io annuì concordando.
"Tu non ti fideresti mai più di me, vivresti nel terrore di essere abbandonata ancora ed io.... io non so se riuscirei più a farmi toccare da te" ammise.
Se per la prima parte di quella affermazione mi ero ritrovata ad annuire concorde, la seconda mi strinse il cuore. "Pipes, mi dispiace cosi tanto io..."lei alzò una mano nella mia direzione e io mi zittì
"Non importa, lo so che non eri tu a parlare, era solo la rabbia. Ma questo non cambia le cose, accettare le tue scuse non cancellerà il male che mi hai fatto cosi come le mie scuse non cancelleranno quello che ho fatto io a te" disse seria ed io mi ritrovai a respirare a fatica trattenendo le lacrime.
Era tutto vero.
E maledettamente triste.

PIPER'S POV
Dopo un lungo silenzio la sua voce triste richiamò la mia attenzione.
"Dovresti andare alla scuola di danza a preparare il tuo provino" disse.
Sorrisi amara.
Non importava, non mi importava più nulla.
Non dissi niente, mi limitai solo a stringermi nelle spalle.
"Non so più nemmeno se ne valga la pena"
ammisi confusa. Ci fu un altro minuto di silenzio ed io la sentì irrigidirsi.
"Hai rinunciato a noi per questo" disse dura.
La forza disperata delle sue parole mi costrinse ad alzare lo sguardo, puntandolo nel suo traboccante di lacrime amare.
"Non puoi far si che sia stato un sacrificio vano, non te lo permetto. Andrai a New York e sarai felice e diventerai la migliore ballerina d'America. Tu me lo devi Piper !" disse con rabbia puntandomi contro il dito ed avvicinandosi mentre il suo viso tremante si inondava di goccioline salate.
Ingoiai a vuoto, sforzandomi di trattenere il dolore e la tristezza che rischiavano di esplodermi dentro tutti insieme, invece si riversarono sul mio viso sotto forma di un pianto disperato.
Mi limitai ad annuire.
Aveva ragione, non potevo rinunciare al mio sogno, non ora che era l'unica cosa che mi restava.
"Mi dispiace di aver detto che non sai nulla riguardo ai sogni" dissi di getto ricordando la mia cattiveria gratuita di poco prima e sentendomi improvvisamente in colpa. Lei sorrise, scuotendo la testa ed asciugandosi distrattamente le lacrime.
"E' vero alla fine, io non ne so nulla. Non l'ho mai avuto un sogno" ammise amara.
Mi avvicinai pericolosamente a lei, allungando una mano per posarla sul suo volto, asciugai col dito una lacrima solitaria lungo la sua guancia ed appoggiai il palmo sulla sua pelle calda che subito si rilassò a quel contatto.
"Forse dovresti cominciare a costruirtelo, un sogno" le consigliai guardandola in quegli occhi verdi e profondi con l'unico, irrealizzabile desiderio di essere io ed io sola il sogno della sua vita.
"Già, forse dovrei prendere in considerazione l'idea" rispose lei sorridendo appena.
Le sorrisi a mia volta, era cosi bella che guardarla mi faceva male perché sapevo di non poter più gioire per il fatto che fosse mia.

"Credi che un giorno potremmo..." domandai ma mi fermai mordendomi la lingua a quel pensiero.
"Non lo so" soffiò lei che senza aver bisogno di parole aveva letto nei miei occhi quella speranza amara.
"Ti amo" confessai.
"Anche io" rispose lei sincera.
Il cuore mi rimbalzò in gola quando si avvicinò stringendosi a me, senza pensarci la strinsi a mia volta, affondando il viso nei suoi capelli.
Piangemmo entrambe silenziosamente aggrappandoci a quell'abbraccio infinito e disperato.
"Promettimi che sarai felice Pipes" sussurrò lei in un singhiozzo.
"Lo prometto solo se mi giuri che non ti perderò del tutto" risposi stringendola più forte.
"Lo giuro" disse lei in un soffio.
Nessuna delle due sembrava volersi staccare da quell'abbraccio, consce entrambe che, una volta spezzato, saremmo tornate alle nostre vite, alle nostre solitudini, l'una senza l'altra. Una volta sciolto quel legame la realtà ci sarebbe ripiombata addosso e ci avrebbe divorate con la sua cruda verità.
Il tempo forse ci avrebbe aiutato ma quanto ne sarebbe dovuto passare perché riuscissimo ad essere davvero vicine senza la paura che l'impetuosità dei nostri sentimenti ci accecasse nuovamente riportandoci al punto di partenza?
Non lo sapevo.
Ero sicura solo del fatto che mai avrei smesso di amarla come l'amavo, cosi disperatamente da star male, troppo forse per sopportare di averla vicina senza possederla davvero eppure abbastanza da sapere che non era tempo per noi che non era il momento, non più.
Ci staccammo da quell'abbraccio lentamente, guardandoci negli occhi.
"Ci vediamo a scuola" sussurrò lei tristemente.
Mi limitai ad annuire.
"Vai piano" mi raccomandò riferendosi alla moto.
Ancora annuii sorridendo appena.
Si voltò rapida e senza accorgermene l'avevo già riafferrata per il polso e tirata a me per un nuovo abbraccio.
"Grazie" le sussurrai all'orecchio.
Lei sorrise sulla mia pelle, staccandosi ancora.
"Grazie a te" disse prima di andare via. Rimasi li da sola, leggera come non mi sentivo da giorni eppure col cuore in lacrime. L'avevo ritrovata e persa ancora.
Ma poi, risalendo sulla mia moto, pronta per andare a preparare il mio provino, mi ricordai che mi aveva promesso che non l'avrei persa del tutto e senza volerlo sorrisi nel pianto.
Forse era tardi.
O forse no.

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