Nove

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A Torino quel pomeriggio faceva abbastanza caldo per essere un normale martedì di marzo.

Ginevra e Riccardo erano in un bar del centro mentre parlavano del più e del meno. La ragazza si divertiva molto con lui anche perché riuscivano a parlare di mille cose in una sola conversazione.

"Sei mai stata a Milano?" domandò Riccardo mentre giocava con un tovagliolino di carta, divertendosi a farlo in mille pezzi. Ginevra, che non staccava gli occhi dai coriandoli che stava producendo, scosse la testa. "Come no?!" esclamò il ragazzo immediatamente.

"Non mi ha mai attirato come città" alzò le spalle la castana, portando lo sguardo verso la figura seduta davanti a lei. "Dobbiamo rimediare! Io ci vado spesso, un giorno possiamo andarci insieme".

Ginevra sorrise "va bene. Come mai ci vai spesso? Tuo papà abita là?" domandò, riferendosi al fatto che Riccardo aveva i genitori separati. "No, mio papà abita a Vercelli. Ci vado per vedere il Milan giocare" alzò lo sguardo fiero verso la ragazza che alzò gli occhi al cielo appena sentii nominare il calcio.

"Capisco, sappi che non voglio andare a vedere nessuna partita" puntò il dito sul tavolo la castana. "Perchè? Che squadra tifi?" chiese divertito il corvino.

Ginevra alzò le spalle "In realtà nessuna, ma i miei genitori e mio fratello sono tutti juventini quindi direi Juve".

"Almeno non hai detto Inter" rispose Riccardo, rassegnato.

I due si alzarono dal tavolo una mezzora dopo. A Torino iniziava a fare buio. Il ragazzo si era offerto di accompagnare la castana in metro fino a casa sua, che era assolutamente contraria alla cosa siccome non voleva che tornasse a casa tardi.

"Sono stato bene con te Gine" sorrise Riccardo. Si trovavano davanti al portone che dava accesso al palazzo dove Ginevra abitava.

Lei sorrise, senza dire nulla. Ma qualche secondo dopo il ragazzo abbassò il volto verso Ginevra, che immediatamente si tirò indietro, agitando la mano e scuotendo la testa mentre scoppiò in una risata nervosa.

Riccardo guardò altrove anch'esso ridendo nervosamente. "Scusami Riccardo, passa una buona serata" lo liquidò la ragazza, varcando poi il portone.

Voleva maledirsi. Era convintissima che Riccardo avesse quel tipo di intenzioni verso di lei, ma qualcosa, qualcuno, la frenava.

Perchè pensava a Kenan? Forse perchè avrebbe voluto che ci fosse stato lui a sorriderle.

Quel giorno il calciatore le aveva scritto, si era preoccupato di chiederle come stesse e come fosse andata la giornata di scuola. Forse effettivamente qualcosa gli importava.

Kenan viveva solo, in un appartamento a Torino. I suoi genitori erano entrambi in Germania, qualche volta venivano a trovarlo. Non si sentiva solo anzi, a Torino aveva gli amici e la sua squadra, che valeva come una seconda famiglia.

Si ritrovava molto spesso a pensare a Ginevra da quando l'aveva vista. Alla fine era una ragazza semplice e bella, molto bella. Ma soprattutto non lo conosceva come calciatore cosa che Kenan trovava intrigante: lei non sapeva niente di lui e lui non sapeva niente di lei.

Quella sera stessa, Ginevra si chiuse in camera a riflettere mentre guardava il soffitto, non aveva nemmeno voglia di studiare.

Afferrò il cellulare.

Domani esco ad allenarmi con un amico, ti porto a scuola io se vuoi.

Citava il messaggio appena inviato dal turco. La castana sospirò, strofinandosi gli occhi per riflettere sul da farsi. Doveva solo trovare una scusa da recitare al fratello in modo tale che non la vedesse con Kenan.

Va bene, tanto sai già dove abito. Domani alle 7:30 ti voglio vedere sotto casa mia. Non un minuto in più o vado sola.

Scrisse immediatamente la castana, con un ghigno divertito in viso.

Sapevano entrambi che non sarebbe mai andata sola.

E il mattino seguente, alle sette e mezzo precise, il calciatore fu sotto casa della ragazza. Quella mattina faceva veramente freddo, nemmeno la tiepida luce del sole riusciva a tener caldo. Così Ginevra si precipitò immediatamente nell'auto.

Era riuscita a convincere il fratello ad uscire di casa prima dicendogli che avrebbe fatto tardi perché aveva bisogno di ripassare per una verifica. Sua mamma poi usciva presto per lavorare quindi non si sarebbe accorta di niente, tantomeno suo padre che sarebbe stato tre mesi in viaggio per lavoro.

Kenan quella mattina pareva rilassato. Tra l'altro aveva un nuovo taglio di capelli che Ginevra notò immediatamente ma per cui non disse nulla. "Che fai? Mi guardi?" chiese il ragazzino, scostando lo sguardo dalla strada per un secondo soltanto, giusto il tempo di incrociare gli occhi con Ginevra che immediatamente diventò rossa.

"No!" esclamò subito "stavo solo pensando alla scuola" spiegò, provando a trovare una scusa che reggesse. Kenan rise e dopo qualche secondo di auto, arrivarono davanti al cortile della scuola.

Il calciatore fermò l'auto. "Grazie" le sorrise Ginevra pronta a scendere dall'auto. "No, aspetta".

La ragazza portò nuovamente la sua attenzione verso Kenan, che con l'indice si toccava la guancia, facendole alzare gli occhi al cielo esasperata.

Si avvicinò lasciando un bacio filato sulla guancia. Non era mai stata così vicino a lui. La giornata aveva preso una piega molto più bella di quanto aveva immaginato dato che l'unica cosa a cui era riuscita a pensare fu Kenan.

Il numero quindici - Kenan YildizDove le storie prendono vita. Scoprilo ora