Quarantotto

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Passarono due settimane. Era sabato e il giorno prima Rebecca aveva dato anche il suo esame orale e così le due amiche scelsero di andare a ballare per festeggiare.

Erano entrambe chiuse nella stanza della bionda per prepararsi. Rebecca era davanti al cellulare, buttata sul proprio letto mentre Ginevra davanti allo specchio intenta a piastrarsi i capelli.

Era davvero tardi, mancava ormai qualche minuto a mezzanotte. "Gine" spezzò il silenzio Rebecca, alzandosi dal letto per raggiungere la castana che non distolse lo sguardo dallo specchio. "Dimmi" mormorò.

"Sai che oggi ha giocato?" domandò Rebecca, prendendo la piastra dalle mani di Ginevra per piastrare meglio le ciocche dietro. La castana annuì leggermente consapevole si riferisse a Kenan.

"Vai a leggere i commenti sotto al suo ultimo post" parlò Rebecca, tirando un sospiro che attirò l'attenzione della castana. Afferrò il telefono digitando il nome di Kenan su Instagram.

Passò il dito tra il profilo del calciatore, finendo nell'ultima foto che aveva postato, cliccando nella sezione commenti.

Si perse a leggerne di diversi. La Turchia aveva perso quella sera e numerosi tifosi stavano scrivendo dei commenti sgradevoli nei confronti di Kenan. Ne arrivarono a decine, ogni secondo.

Ginevra rimase in silenzio. Non riusciva a non pensare a Kenan e a come l'avrebbe presa. Sapeva ci sarebbe stato male, lo conosceva abbastanza bene. Conosceva il suo carattere.

"Che faccio?" domandò Ginevra. Rebecca posò la piastra, staccando la spina "non lo so, a me dispiace". "Gli scrivo?". Le due amiche si guardarono e la castana distolse lo sguardo qualche secondo dopo, ritornando sul cellulare.

Entrò nella chat di Kenan e tirò un forte sospiro prima di digitare. Ma cancellò tutto subito dopo, scuotendo la testa. "Andiamo a ballare" si alzò dalla sedia sotto gli occhi straniti dell'amica. "Sei sicura?".

Ginevra la guardò "si". "D'accordo" accennò un sorriso Rebecca e qualche minuto dopo le due amiche furono fuori casa. La serata passò tranquilla, venne a prenderle la madre di Rebecca che mollò la castana nella via accanto al palazzo dove viveva.

Svoltò l'angolo. Si ritrovò nella strada dove tutto era iniziato. Le pareva di vedere ancora Kenan che litigava con la gomma dell'auto bucata. Sorrise ripensandoci e un venticello leggero si alzò, facendo muovere i capelli ormai scompigliati di Ginevra.

Si fermò in mezzo al marciapiede e cercò nella borsetta il telefono che segnava le quattro e un quarto. Sembrava un segno del destino.

Il suo cuore iniziò a battere forte. Kenan le mancava, non riusciva a toglierselo dalla testa ma soprattutto dal cuore. Quel ragazzo glielo aveva rubato e molto probabilmente era stata la cosa più bella che le fosse capitata.

Non riusciva a non pensare al suo sorriso e solo ad immaginare che in quel momento lui potesse star male le faceva stringere il cuore. Trovò il nome del turco tra i contatti e prima di cliccarci sopra, tentennò un po'. Probabilmente non gli avrebbe risposto a causa dell'ora.

Ma Kenan, che aprì gli occhi subito quando sentì il cellulare squillare, pensò di star sognando quando lesse il nome della persona che lo stava chiamando a quell'ora. Si mise seduto a bordo del letto, osservando la chiamata in arrivo.

Ginevra, fece dei piccoli passi mentre attendeva con il cuore a mille qualche cenno dall'altro capo del telefono.

"Pronto?" parlò Kenan. Ginevra deglutì rumorosamente. La voce del turco sembrava impastata dal sonno. "Scusa, ti ho svegliato?" domandò la ragazza dopo qualche secondo.

"Si" rispose Kenan "ma fa niente, tranquilla" concluse subito dopo. "Mi dispiace per la tua partita" disse Ginevra, stringendosi nel vestito che indossava. Nonostante fosse iniziò luglio, faceva fresco la mattina.

"Mi manchi, Ginevra" cambiò discorso Kenan che si alzò dal letto affacciandosi dalla finestra della sua stanza d'hotel. La ragazza sospirò, cercando di trattenere le lacrime "Kenan" sbuffò, mentre un solco umido le si formò in viso.

"Anche tu". Questa volta fu Kenan a sbuffare mentre ritornava nel letto. "Come stai? Ho letto quello che ti han-" Ginevra venne interrotta subito dal turco "non mi va di parlarne".

La castana iniziò ad incamminarsi verso casa, con il telefono ancora attaccato all'orecchio. Nessuno dei due parlava, i loro respiri sembravano sintonizzati tra loro e i loro cuori battevano all'impazzata come se quella chiamata li avesse fatti ritornare in vita.

"Domani torno in Italia. Vieni da me?" spezzò il silenzio Kenan "dobbiamo parlare".

Ginevra, che era ormai davanti al portone di casa, annuì come se avesse davanti a sè Kenan in persona "si, va bene".

Il numero quindici - Kenan YildizDove le storie prendono vita. Scoprilo ora