Ventisette

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Kenan si allungò per lasciare un bacio sulla guancia di Ginevra che si voltò a guardarlo, sorridendo.

Lui aveva ricambiato quel sorriso mentre pensava a quanto bella fosse Ginevra nella sua semplicità. Non aveva mai provato niente di simile per una ragazza o forse non si era mai spinto troppo per cercarlo.

Con Ginevra era tutto diverso, non si doveva sforzare per provare qualcosa. Kenan era già cotto di lei e non riusciva a non pensarci un secondo. Un po' era dispiaciuto che era venuta fuori quella foto: avrebbe voluto tenerla nascosta da tutti, tenerla solo per sè.

Il turco le cinse i fianchi trascinandola sopra alle proprie gambe, con sorpresa di Ginevra che arrossì, mettendosi comoda, senza distogliere lo sguardo dal calciatore.

"Sappi che a me non importa di quello che scriveranno su di te" spezzò il silenzio Kenan "a te deve importare solo del mio pensiero e tu per me sei bellissima così come sei" concluse sistemandole una ciocca di capelli dietro all'orecchio.

Ginevra abbassò lo sguardo ridacchiando. Nessuno le aveva mai detto che lei fosse bellissima. O meglio, si: i suoi genitori, Rebecca, suo fratello... ma non era la stessa cosa. Il suo cuore faceva le capriole ogni volta che Kenan pronunciava quelle parole, come se lui avesse un potere su di lei.

"Tra poco c'è la finale di Coppa Italia, vuoi venire a vedermi?" domandò Kenan, parlando di nuovo. Ginevra alzò lo sguardo, sorridendo e annuendo "Si, certo". "Però giochiamo a Roma".

Il sorriso di Ginevra si spense "A Roma?" E come faccio a venire a vederti a Roma?". "Ci sono tanti modi per spostarsi da una città all'altra quest'oggi, Ginevra" disse Kenan, sorridendo sarcasticamente e beccandosi un pizzicotto da parte della ragazza.

"Non parlavo di quello scemo. Parlo dei miei genitori, che non sanno e niente e spero che dopo oggi non vengano a scoprirlo" sospirò la castana, ripensando alla foto. "Prima o poi dovranno saperlo".

"Quando è la partita?". "Tra due settimane" rispose Kenan, avvicinandosi al viso della ragazza e lasciandole un altro bacio sulla guancia. "Penserò a come dirlo ai miei" affermò convinta Ginevra prima di venire interrotta dalle labbra del turco che si posarono per qualche secondo su quelle della castana.

Ginevra, ancora sulle gambe del calciatore, posò le mani sulle sue spalle, posando nuovamente le labbra su quelle di Kenan che diede iniziò a un bacio più passionale rispetto ai precedenti.

Il turco terminò il bacio, scendendo con le labbra verso il collo della ragazza che nel frattempo aveva trascinato le mani verso i capelli di Kenan, stringendoli tra le dita siccome la bocca del calciatore aveva iniziato a mordicchiare e a stuzzicare il collo della castana.

In quel momento dentro alla ragazza sembrava si stesse creando un tordano di emozioni nuove e contrastanti. Non aveva idea di che intenzioni avesse Kenan e forse non voleva neanche pensarci troppo.

Ginevra mugolò leggermente quando Kenan le strinse i fianchi posando le mani fredde sotto alla sua felpa e facendole salire fino al seno. La ragazza arrossì a quel contatto, gemendo, mentre Kenan era ancora impegnato a segnare la pelle della castana, godendosi la perlustrazione che le sue mani stavano attuando.

Ma tutto venne interrotto dal suono di un telefono, quello di Ginevra. Kenan si allontanò, guardandola come a pregarla di lasciar perdere ma la castana, troppo preoccupata che si trattasse della madre, portò le mani sopra quelle del turco, spostandole dal proprio corpo e si alzò, raggiungendo il bancone della cucina e afferrando il telefono: era davvero sua madre.

"Pronto" rispose, non sapendo che quella che stava arrivando era una ramanzina bella e buona dato che sotto casa si era presentata Rebecca, ovvero la scusa che aveva usato Ginevra per allontanarsi quel pomeriggio. "Va bene. Scusa, va bene adesso arrivo. Ciao" terminò la chiamata, sbuffando.

Kenan nel frattempo aveva ascoltato tutto, ancora seduto sul divano con la schiena appoggiata ad esso, ripensando a quello che stava accadendo qualche minuto prima della chiamata.

"Ti va di accompagnarmi?" parlò la castana, dall'altra parte della stanza, ricevendo un "si" come risposta.

E così Kenan accompagnò Ginevra sotto casa e ancora una volta si ritrovarono a salutarsi nell'auto del biondino.

"Grazie" disse Ginevra timidamente. "Prego". Si unirono in un bacio ma prima che la castana mettesse un piede fuori dall'auto, Kenan la fermò, alzandole il colletto della felpa.

"Cosa?" domandò ingenuamente. "Copriti o verrai sgridata di nuovo". Ginevra lo guardò stranita realizzando subito dopo. Afferrò il telefono e aprendo la telecamera notò tre segni sul collo.

"Kenan!" esclamò quasi scocciata, mentre muoveva la fotocamera su tutto il collo cercandone altri, sotto gli occhi del turco che ridacchiava. "Sei pazzo, io domani ho scuola". "Che ti importa?! Domani entri a scuola e tutti sapranno che sei mia".

Ginevra scosse la testa, ridendo e scuotendo la testa ripetutamente "fammi scendere o ti insulto". Aprì la portiera e salutò il calciatore che sfrecciò via con l'auto.

E mentre Ginevra saliva le scale, pronta a subirsi la sgridata da parte della madre, la sua mente era occupata a ripensare a quello che era successo sul divano quel pomeriggio, soffermandosi a quello che solo Kenan riusciva a farle provare.

Il numero quindici - Kenan YildizDove le storie prendono vita. Scoprilo ora