Capitolo bonus: sessantadue

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Ginevra, seduta sul letto, si guardò attorno, persa nei suoi pensieri.

Tirò un sospiro e nella stanza fece il suo ingresso Rebecca "sei ancora così?!" esclamò la bionda, tirando l'amica in piedi.

"Dai Rebe, c'è ancora un sacco di tempo, non capisco perchè tu ti debba agitare" parlò la castana, sbuffando. "Ti sposi tra cinque ore, bisogna preparare tutto! Non puoi sistemarti mezz'ora prima come al tuo solito!" continuò Rebecca.

"Non so Rebe, ho paura. Secondo te ho fatto bene a dirgli di sì?".

Rebecca la guardò stranita. "Stai scherzando spero?". "Per carità, io amo Kenan ma non so mi sento una pressione addosso. Tra l'altro non ho nemmeno la laurea in mano, sto facendo tutto quello che in passato mi sono promessa di non fare!" esclamò Ginevra, camminando agitata per la stanza.

Si trovava a casa dei genitori, ovvero la casa dov'era cresciuta ed era rimasta prima che Kenan le chiedesse di trasferirsi insieme a lui.

La sua stanza non era cambiata. Aveva preso solo l'indispensabile prima di lasciarla per stare con il suo innamorato. Aveva svuotato solo l'armadio, che però quel giorno conteneva l'abito che l'avrebbe legata a Kenan per sempre.

Ma le mensole erano ancora piene, la scrivania in disordine e le pareti ancora piene di foto.

Rebecca la raggiunse al centro della stanza, le afferrò il volto e le strinse le guance "ora tu ti riprendi e ti calmi un attimo". Ginevra, con ormai gli occhi lucidi, si liberò dalla presa della migliore amica e distolse lo sguardo.

"Ginevra, io so quanto tu tenga alla laurea ok? Ma so anche quanto tu ci tenga a Kenan e a questo giorno! Quest'anno, durante i preparativi eri super emozionata e ora mi vieni a dire che forse ti sei pentita?".

"Non mi sono pentita! Ho solo paura di non essere all'altezza di Kenan, magari un giorno si stufa e-" Rebecca non diede il tempo alla castana di terminare la frase che scoppiò a ridere "Kenan è cotto di te, fidati".

Ginevra sospirò nuovamente. Il suo sguardo scrutò le foto appese al muro. Si avvicinò ad esso, pensierosa e i suoi occhi si posarono su l'unica foto di lei e Kenan appesa tra le tante.

Era una foto che si erano fatti con una Polaroid. Si ricordava quel giorno perfettamente. Stavano facendo una passeggiata tra le bancarelle di un mercatino dell'usato che ogni domenica del mese era solito a Torino.

"Ne avevo una simile in Germania" parlò Kenan. "E dove l'hai lasciata?" gli domandò la castana, stringendosi nel suo cappotto. Il calciatore alzò le spalle dubbioso "mia mamma l'avrà infilata da qualche parte. Era talmente vecchia che forse nemmeno si ricorda che l'ho avuta".

Ginevra sorrise "dai fammela prendere, io non ho mai avuto una Polaroid" parlò la castana avvicinandosi alla bacarella, comprando la macchinetta e ritornando subito dopo da Kenan con il bottino "dai proviamola".

Kenan rise "non ci saranno le cartucce, fammi controllare" parlò il ragazzo, prendendo la macchinetta tra le mani e controllando, sotto gli occhi fissi ed attenti della ragazza, se le cartucce ci fossero o meno.

"Si! Guarda ce n'è ancora qualcuna" esclamò il turco. Posò una mano sul fianco di Ginevra, circondandola e alzò la macchinetta in alto. Posò la testa su quella della ragazza e sorrise "sorridi anche tu" pronunciò prima di scattare.

Ginevra ridacchiò ed osservò uscire la Polaroid che Kenan afferrò. "Mettitela in tasca, poi a casa la tiri fuori e l'appendi". Ginevra ascoltò e fece come aveva detto il fidanzato.

Tornò a casa ed appese la foto. Si accorse che i loro occhi luccicavano d'amore.

Ginevra venne richiamata da Rebecca e tornò alla realtà. Sfiorò quella foto e sorrise. Erano passati quattro anni da quella Polaroid ed erano cambiate mille cose nella vita di Ginevra e Kenan.

Ma i loro occhi luccicavano dello stesso amore che li aveva travolti la prima volta.

"Quindi?" parlò ancora Rebecca. "Si, vestiamoci che tra poco arriva la ragazza che deve farmi i capelli".

"Mamma dai, non piangere!" esclamò Ginevra, ridendo. "Come faccio a non piangere, sei stupenda. La mia bambina".

Dopo ore intense di preparazione ormai mancava poco più di mezz'ora all'inizio della cerimonia e Ginevra aveva finalmente indossato l'abito. Non era niente di speciale, o meglio, così lo aveva sempre descritto a Kenan ogni volta che con curiosità lo chiedeva alla sua futura moglie.

L'abito l'aveva scelto insieme alla madre, non aveva orli o perline particolari. Era bianco semplice e molto lungo.

Arrivò anche Michele che diede un abbraccio alla sorella. "Dai iniziamo a scendere!" escalmò Rebecca che afferrò la mano a Ginevra cui cuore iniziò a battere all'impazzata.

Il padre l'aspettava giù dal palazzo con l'auto. Era tornato da uno dei suoi lunghi viaggi per accompagnare all'altare la figlia e non appena la vide si avvicinò per lasciarle un lungo abbraccio. "Sei bellissima, dai sali che facciamo tardi" parlò il padre, commosso.

"Smettila di guardare l'orologio, metti più ansia tu che qualsiasi altra cosa!" esclamò Andrea tirando un coppino amichevole all'amico che fece un smorfia di dolore. "Non manca molto" mormorò Kenan, sistemandosi la cravatta che sembrava stringesse un po' troppo.

"No, ma inizia a metterti in posizione che sta arrivando Gine" parlò la madre di Kenan che gli fece cenno di attraversare la navata e posizionarsi.

L'auto si parcheggiò fuori dal luogo dove si sarebbe tenuta la cerimonia. "Sei pronta?" domandò il padre a Ginevra, che annuì. "Potete, per favore, lasciarmi solo un attimo con Rebecca". I due genitori si guardarono e scesero dall'auto.

La castana osservò la madre avvicinarsi ai parenti, mentre il padre si fermò davanti all'auto.

"Quindi? Sei pronta?". Ginevra si voltò verso l'amica, annuendo. "Penso di sì".

"Allora andiamo, che aspetti?" parlò Rebecca, allungando la mano verso la maniglia per aprire la portiera. Ginevra la fermò, per circondarla in un abbraccio "ti voglio bene".

"Gine, anche io" si lasciò andare la bionda, sorridendo. Ginevra, sciolse l'abbraccio e con le lacrime agli occhi parlò "sono incinta Rebecca".

La migliore amica aprì la bocca dallo stupore "cosa?" e Ginevra, sorridendo con ormai gli occhi colmi di lacrime annuì "aspetto un bambino o una bambina, ancora non so niente ma sono incinta".

Rebecca strinse nuovamente la castana in un abbraccio e si commosse anche lei "ecco, ci siamo rovinate entrambe il trucco" parlò la bionda "lui lo sa?".

Ginevra scosse la testa "glielo dico stasera" rispose prima di venire interrotta dal padre che bussò al finestrino mimando un "è ora di andare". Le due amiche si sorrisero e Rebecca scese dall'auto.

Ginevra si asciugò le guance e fece un sospiro prima di scendere e affiancarsi al padre. Iniziarono ad incamminarsi insieme, sotto al sole caldo di luglio, prima di raggiungere l'entrata che la castana fremeva di attraversare solo per vederlo.

E così fu. Attraversarono l'entrata e da lontano Ginevra, legò gli occhi a quelli di Kenan che sorrise immediatamente, mostrando la sua indimenticabile fossetta.

Entrambi non vedevano l'ora di stringersi e stare finalmente insieme. Quei due giorni di preparativi che avevano passato lontani, erano stati un peso, soprattutto dal momento in cui entrambi avevano sempre trovato riparo uno tra le braccia dell'altro nei momenti di grande ansia.

La poca distanza che li separava, si era azzerata. Il padre lasciò un bacio sulla fronte di Ginevra e strinse saldamente la mano di Kenan, che subito dopo intrecciò a quella di Ginevra.

Si guardarono. Kenan le mormorò un "sei bellissima" che fece colorare di rosso le guance di Ginevra.

Erano tornati a quel pomeriggio, dove Kenan aveva percorso le scale di corsa per non far scappare via Ginevra e dimostrarle il suo amore.

I loro cuori battevano in sincronia come quel giorno.

Il numero quindici - Kenan YildizDove le storie prendono vita. Scoprilo ora