Ventinove

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"Mi devi dire se vieni o no a Roma" parlò Kenan, fermando la macchina al parcheggio davanti alla scuola, facendo sospirare Ginevra "poi ti dico ok?".

Si allungò per lasciare un bacio al biondino che però aprì la portiera scendendo dall'auto sotto lo sguardo stranito di Ginevra. "Che cosa stai facendo?" domandò la ragazza raggiungendolo fuori.

"Ti accompagno all'entrata" alzò le spalle Kenan sorridendo. Ginevra rise nervosamente portandosi una mano in viso e arrossendo.

Da quando si era saputo che era proprio Ginevra la ragazza che frequentava Kenan e che era stata fotografata insieme a lui quella sera, riceveva parecchie occhiate dai ragazzi in giro per la scuola e questo le metteva solo pressione. Rebecca le ripeteva sempre di stare tranquilla e che tra qualche mese tutto sarebbe finito.

"Dai Kenan.." mormorò la castana, ferma davanti all'auto. Il calciatore rise, poggiandosi sul muso della macchina e tirando a sè Ginevra. "Non ti ci accompagno davanti a scuola. Ma per favore dimmi se vieni a Roma o no, oggi è giovedì e la partita è mercoledì prossimo. Ho bisogno di sapere".

Ginevra alzò lo sguardo incrociando quello di Kenan che le sorrideva. Il suo cuore fece un balzo e immediatamente sorrise anche a lei. "Vieni a cena da me questa sera a conoscere i miei" concluse la frase, senza dar troppo peso alle parole e facendo spalancare gli occhi al turco "Davvero?".

"Per forza, almeno si rendono conto della tua esistenza e non pensano che io sia pazza". Kenan rise allungando le mani verso i fianchi della ragazza "va bene, allora ci vediamo stasera" le lasciò un bacio sulle labbra "ti scrivo l'orario, divertiti ad allenamento".

I due si separarono e andarono per la propria strada. Solo quando Ginevra si ritrovò in classe, mentre ascoltava la professoressa spiegare, che si rese conto dell'enorme casino che aveva appena creato e difatti ne parlò subito con Rebecca e il fratello Michele mentre aspettavano la metro.

"Michi devi promettere che ti fingerai sorpreso appena lo vedi stasera, ok?" si portò una mano in viso Ginevra, raccomandando il fratello "io non dirò proprio niente, non vedo l'ora di vedere la faccia di nostro padre" rise il fratello ricevendo un'occhiataccia da parte della castana.

"Se gliel'avessi detto prima, ora non saresti disperarti" la riproverò Rebecca. "Va be, ora è andata così. Dobbiamo muoverci prima che la mamma ritorni a lavoro" guardò l'ora Ginevra, riferendosi alla pausa pranzo che la madre faceva tranquilla a casa prima di svolgere le ultime ore del turno.

E così, dopo venti minuti abbondanti, i due fratelli furono a casa e per la fortuna della castana, la madre si trovava in procinto di lasciare l'appartamento e l'aveva fermata giusto in tempo.

Ginevra posò lo zaino sul divano, prendendo posto al tavolo della cucina. Si schiarì la voce e iniziò a parlare "volevo chiedervi se oggi posso invitare a cena una persona" terminò Ginevra, lasciando la madre con uno sguardo stranito.

"Mi fai fare tardi a lavoro per chiedere solo questo? Pensavo fosse una cosa importante!" si alzò la madre ma Ginevra la fermò nuovamente.

Non aveva idea di come definire Kenan. Non ne avevano mai parlato su cosa fossero effettivamente loro due e si trovò confusa per qualche secondo prima di riprendere nuovamente a parlare.

"Vi voglio presentare il mio ragazzo".

La madre sorrise immediatamente, alzandosi dalla sedia e andando ad abbracciare la figlia, stringendola a sè. "Certo che può venire".

Ginevra rise, stretta al petto della madre che si staccò dopo qualche secondo, rivolgendo un'occhiata al padre. "Fabio! Di qualcosa, tua figlia ha il ragazzo!" esclamò nuovamente la madre a cui sembrava le si illuminassero gli occhi dalla gioia.

Il padre sorrise "vediamo stasera se mi piace o meno. Come si chiama?".

Ginevra tirò un sospiro, fremendo un po' "stasera gli farete tutte le domande del caso, io non vi dirò nulla" si alzò dal tavolo la castana, sistemando la sedia.

"No Gine, perchè non ci dici almeno come si chiama?" si intromise Michele, ridendo sotto ai baffi e ricevendo una gomitata dalla sorella maggiore. "Stai zitto moccioso" mormorò.

"Michi, lascia stare tua sorella. Io ora scappo non ho altro tempo. Fallo venire qua verso le sette così lo conosciamo per bene" salutò la madre, lasciando un altro bacio alla figlia ed uscendo di casa.

La castana raggiunse camera sua e si lanciò nel letto volendo sprofondare pur di evitare l'imbarazzo che ci sarebbe stato quella sera stessa.

Il numero quindici - Kenan YildizDove le storie prendono vita. Scoprilo ora