21. Pedine

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Quando finalmente Vittorio decide che è sufficiente, slega le corde che mi tengono prigioniera alla sedia. Un senso di sollievo mi pervade quando sento il peso delle catene abbandonare il mio corpo. Mi alzo in piedi con un sobbalzo, ansiosa di allontanarmi da quella stanza carica di tensione e oppressione.

Senza dire una parola, mi allontano velocemente, cercando di lasciarmi alle spalle tutto ciò che è accaduto. L'aria fresca mi accoglie fuori dalla stanza, riempiendo i miei polmoni di nuova energia. Mi lascio cadere su una poltrona accanto alla finestra, cercando un momento di tranquillità dopo l'orrore appena vissuto. Le mie mani tremanti si dirigono verso la tasca dei jeans, tirando fuori un pacchetto di sigarette e un accendino. Accendo la sigaretta con gesti frenetici, cercando di trovare un po' di conforto nel fumo che riempie i miei polmoni.

Mentre tiro una boccata profonda, sento la presenza di Luca che si avvicina con passo incerto. "Elisa, tutto bene?" chiede con voce preoccupata, la sua espressione contratta dall'ansia.

"Sto bene," rispondo con voce flebile, cercando di mascherare il mio stato d'animo turbato. Non voglio che Luca si preoccupi per me più di quanto già faccia. "È solo stata una giornata stressante."

Le sue spalle si rilassano leggermente, ma posso ancora vedere l'ombra di preoccupazione nei suoi occhi. "Se hai bisogno di parlare, sono qui per te," mi offre con gentilezza.

Non voglio aggiungere ulteriori preoccupazioni a Luca, quindi sorrido debolmente e annuisco. "Grazie, ma ora ho solo bisogno di un po' di riposo."

Luca sembra accettare la mia risposta, anche se posso vedere che non è completamente convinto. "Va bene, fammi sapere se hai bisogno di qualcosa," mi dice prima di allontanarsi lentamente.

Aspetto finché non sono sicura che sia abbastanza lontano da non sentire il mio sospiro di sollievo. Non voglio che Luca sappia quanto sia davvero turbata da tutto ciò che è successo.

Mentre spengo la sigaretta la porta si apre. Un ragazzo col volto familiare entra guardandosi intorno "La sorella di Vittorio?" chiede il ragazzo con un'aria interrogativa mentre mi guarda attentamente. Prima che possa dire qualcosa , sento una voce alle sue spalle. "Propio lei" dice Vittorio, entrando nella stanza con un'espressione indifferente sul volto avvicinandosi a salutare l'amico "Visto che ti ci sei divertito una volta, potresti farlo di nuovo," dice Vittorio con un tono sprezzante, gettando uno sguardo in mia direzione.

Resto immobile, sentendomi come se fossi intrappolata. Il mio sguardo si abbassa istintivamente, cercando di evitare lo sguardo di Vittorio. Francesco, dall'altro lato della stanza, sembra leggermente imbarazzato dalla situazione, come se volesse scusarsi per qualcosa di cui non è direttamente responsabile. "Non sapevo fosse impegnata," dice con voce incerta, guardandomi con compassione "Mi avevi detto di divertirmi"

Vittorio scuote leggermente la testa, il suo sguardo diventando più duro. "E hai fatto bene," mormora con un tono tagliente, voltandosi verso Francesco. "È solo una troia, non importa con chi ci è andata a letto."

"Non è vero," dico con fermezza, cercando di contrastare la disperazione che mi attanaglia. "Non sono una troia."

Vittorio si gira verso di me con uno sguardo feroce, i suoi occhi brillano di rabbia. "Non parlare a meno che non ti sia stato chiesto di farlo," sibila con voce tagliente, il tono minaccioso chiaro anche nelle sue parole più sommerse "Che ne dici di divertirti un'altro po con lei?" propone poi all'amico. Francesco sembra esitare, incapace di trovare le parole giuste. Poi, con un cenno di assenso a Vittorio, si avvicina a me con esitazione. Il suo sguardo è carico di imbarazzo e dispiacere, ma non riesco a trovare conforto in esso.

Vittorio esce dalla stanza con passo deciso, lasciandomi sola con Francesco nel salotto che si allontana da me, il suo volto contrito e colmo di rimorso. "Non avrei dovuto mentire," ammette con sincerità, i suoi occhi abbassati verso il pavimento. "Mi dispiace."

Mi guardo intorno, sentendomi vulnerabile e esposta nella stanza vuota, con la tensione dell'aria che sembra stringermi la gola. "Non è colpa tua," rispondo con voce flebile, "Avresti potuto fare quello che volevi e invece mi hai lasciata libera" affermo quasi con gratitudine. "Chiunque ti abbia accanto è fortunato, sei una ragazza meravigliosa" mi sorride con gentilezza.

Il silenzio pesante della stanza è interrotto dall'inaspettato ritorno di Vittorio, che irrompe con fermezza nel salotto. La sua espressione è oscura e severa mentre i suoi occhi scansionano la stanza alla ricerca di qualcosa. Francesco si irrigidisce visibilmente, gli occhi allargati in una mistura di sorpresa e apprensione.

"Che cosa sta succedendo qui?" domanda Vittorio con voce tagliente, la sua figura imponente riempiendo lo spazio "O forse dovrei dire cosa non sta succedendo".

Francesco si alza in piedi con un'espressione tesa, cercando di mantenere la calma nonostante l'ovvia tensione nell'aria. Vittorio lo fissa intensamente, i suoi occhi freddi e implacabili. "Hai avuto l'opportunità di divertirti con lei e non l'hai fatto?" chiede con voce rabbiosa, il tono accusatorio chiaro nelle sue parole.

Francesco cerca di difendersi, ma le sue parole sembrano inciampare mentre cerca di trovare una spiegazione "Non volevo ferirla"ammette con sincerità, il suo sguardo implorante. Vittorio lo guarda con disprezzo, il suo sguardo pieno di disapprovazione. "Sei un codardo," sibila con disgusto, la delusione evidente nella sua voce"Mi aspettavo di più da te."

"È tua sorella, perchè vuoi farle del male?" chiede Francesco. Vittorio, per un attimo, sembra fermarsi, come se stesse ponderando la sua risposta. Poi, con un sorriso sardonico, scuote leggermente la testa. "Non devi capire le mie ragioni," risponde con voce dura e decisa. "Devi solo obbedire. E adesso vattene da casa mia"ordina con voce carica di un comando indiscutibile. Francesco annuisce lentamente, accettando l'ordine di Vittorio con una mescolanza di rassegnazione e rabbia contenuta. Si volta verso di me, un'espressione di dispiacere stampata sul viso, prima di fare un gesto d'addio e uscire dalla stanza.

Rimango sola con Vittorio, il cui sguardo si posa su di me con un'intensità che mi fa rabbrividire. "E ora, tu," mormora con una freddezza che mi fa gelare il sangue nelle vene "Dovresti ringraziarmi."

Il suo tono è carico di una minaccia implicita, ma non cedo al suo gioco. "Non ho nulla da ringraziarti," rispondo con fermezza, cercando di mantenere la mia voce stabile nonostante la paura che mi attanaglia "Francesco mi ha solo aiutata".

Vittorio mi guarda con un sorriso malizioso, come se fossi solo un giocattolo da manipolare a suo piacimento "Troverò qualcun altro che si occupi di te. Ti ho promesso di non farti nulla finché non sei tu a chiedermelo" afferma poi afferrando il mio viso tra le sue mani. Mi ritrovo con il cuore che batte forte nel petto mentre il suo sguardo penetrante mi attraversa come una lama affilata. Il suo respiro caldo sulla mia pelle mentre la sua presa diventa sempre più intensa. "Non hai alcun diritto su di me," dico con voce tremante, cercando di liberarmi dalla sua stretta. "Non sarò mai tua, né di nessun altro che cerchi di controllarmi."

Il suo sorriso si allarga, mostrando i denti come se fosse divertito dalla mia disperazione. "Oh, ma lo sarai," ribatte con un tono beffardo, stringendo ancora di più il mio viso tra le sue mani. "Se non lo sarai per volontà, lo sarai per forza. E imparerai a rispettare le mie decisioni."

La sua minaccia mi fa rabbrividire, ma non posso permettere a lui di vedermi piegare così facilmente. "Non mi arrenderò mai a te," ribatto con determinazione, cercando di far trasparire tutta la mia risolutezza nonostante la paura che mi attanaglia.

La sua risata riecheggia nella stanza, fredda e spietata. "Vedremo quanto durerà la tua resistenza," mormora, il suo sguardo freddo come il ghiaccio mentre mi lascia andare e si allontana.

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