42. Secondo Tempo

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Il cuore mi batte forte nel petto mentre l'auto si avvicina al locale. La luce al neon risplende nel buio della notte, proiettando ombre sinistre sui muri circostanti. Vittorio scende dall'auto con passo sicuro, aprendo la portiera per me con un gesto di indifferenza. Con le gambe tremanti, esco dall'auto, sentendomi come se fossi in preda a un incubo. Il locale è avvolto da un'atmosfera pesante e opprimente, con la musica che riecheggia tra le pareti e le risate smorzate dei clienti. Vittorio mi guida attraverso la folla, le sue mani avvolte attorno alla mia vita come se fossi sua proprietà. Mi conduce verso un tavolo in un angolo buio del locale, ignorando gli sguardi curiosi dei presenti. Mi siedo con riluttanza, sentendo il peso del suo controllo su di me. "Cosa vuoi bere?" mi chiede facendo segno a una ragazza di avvicinarsi. "Nulla" rispondo. "Non fare la testarda, Elisa," mi rimprovera con uno sguardo severo. "Prendi qualcosa, ti farà bene."

"Cosa vi porto?" chiede la ragazza avvicinandosi con un sorriso affabile. "Per me, un whisky," ordina Vittorio con sicurezza, prima di rivolgersi a me con un cenno della testa. "Per lei un gin tonic" ordina, ignorando la mia precedente richiesta di non bere. Nonostante il mio rifiuto, la ragazza annuisce e si allontana. Vittorio mi guarda con un'espressione di sfida, come se stesse testando i miei limiti e la mia obbedienza. "Non volevo bere," sussurro con voce tremante, cercando di farlo capire. Vittorio mi guarda con un misto di irritazione e disprezzo. "Non hai bisogno di decidere," risponde con freddezza, il suo tono carico di autorità. Mi sento rabbia e frustrazione crescere dentro di me mentre cerco di mantenere la calma. "Non puoi controllarmi così,"

Nonostante il nostro litigio in corso, i drink arrivano. La ragazza li deposita sul tavolo con un sorriso forzato, apparentemente ignara della tensione che permea l'aria intorno a noi. Un impulso irrefrenabile mi spinge a prendere il bicchiere di gin tonic tra le mani, la sua fresca condensa che forma piccole gocce sul vetro. Con un sospiro, alzo il bicchiere verso le labbra, decisa a lasciarmi andare, almeno per un momento, alla piacevole e temporanea sensazione di intontimento che l'alcol può offrire. Chiedo alla ragazza di portarmi un altro drink, e poi un altro ancora, cercando di anestetizzare il dolore e l'umiliazione che mi attanagliano. Mentre l'alcol scorre nelle mie vene, sento una spinta improvvisa di energia. Decido di abbandonarmi alla musica e mi dirigo verso la pista da ballo. La luce accecante, i suoni assordanti e il movimento frenetico della folla mi avvolgono, facendomi dimenticare momentaneamente il peso del mondo sulle mie spalle. Mentre danzo tra la folla, sento uno sguardo puntato su di me. Un ragazzo si avvicina con fare sicuro, cercando di attirare la mia attenzione. Il ragazzo si avvicina con un sorriso seducente, cercando di superare la distanza tra noi. "Ciao, sei bellissima. Posso offrirti da bere?" chiede con voce suadente, il suo sguardo intenso.Mi sento attratta dalla sua sicurezza e dal suo fascino, ma prima che possa rispondere, sento una mano ferma posarsi sul mio braccio. Mi volto e incontro lo sguardo freddo di Vittorio, il suo viso impassibile. "Mi dispiace, ma non è interessata," dice con calma, ma il tono è categorico.Il ragazzo sembra sorpreso dall'intervento di Vittorio, ma accetta la situazione con un mezzo sorriso. "Capisco. Mi scuso se ho disturbato," risponde prima di allontanarsi tra la folla. Vittorio mi afferra per il braccio con fermezza, tirandomi via dalla folla e portandomi fuori dal locale. Il suo viso è contorto dall'ira mentre mi guarda fisso negli occhi. "Sei solo una puttana," sibila con disgusto, la sua voce tagliente come un rasoio. "Che ho fatto?" chiedo non capendo. "Vuoi fare arrabbiare me? Fallo pure, ma oltre ad essere mia sei anche fidanzata e vai ad accettare drink da sconosciuti. Quel tipo avrebbe potuto violtenrati!"

"Tu mi violenti ogni giorno" rispondo "Fino a prima di entrare qui ero col tuo cazzo in bocca" gli ricordo. Vittorio stringe ancora di più il mio braccio, il suo sguardo diventa ancora più freddo e tagliente. "Non parlare così," ringhia, la sua voce carica di rabbia contenuta. "Non puoi comparare ciò che facciamo in privato con quello che potrebbe accadere con uno sconosciuto ubriaco in un locale." Il suo tono è duro e implacabile, ma sento una punta di incertezza nella sua voce, come se le mie parole lo avessero colpito più di quanto volesse ammettere. "Non voglio continuare così," ammetto con voce flebile, cercando disperatamente un barlume di libertà. Ma Vittorio mi guarda con un misto di disprezzo e disappunto. "Non sei tu a decidere quando finisce," ribatte con fermezza, la sua voce risuona con autorità. "Sei mia, e farai ciò che dico io."

Con un senso di nausea crescente, sento il mio stomaco ribellarsi alla tensione e all'alcol accumulati. Un'ondata di disgusto mi travolge improvvisamente, e non riesco a trattenere il vomito che sale violentemente dalla mia gola. Il mio corpo si contorce nell'agonia mentre la nausea mi travolge, mentre Vittorio mi afferra con gentilezza, cercando di sostenere il mio corpo tremante. "Stai bene?" chiede Vittorio, la sua voce ora piena di preoccupazione, mentre mi sorregge delicatamente. "Mi dispiace..." balbetto tra singhiozzi, sentendo il senso di vergogna avvilirmi. "Non preoccuparti," risponde con calma, "succede. Ti aiuto a pulirti."

Con passo incerto, raggiungiamo la macchina parcheggiata lungo la strada. Vittorio apre gentilmente la portiera del passeggero e mi aiuta a salire. "Come ti senti adesso?" chiede Vittorio con premura, il suo sguardo fisso sulla strada mentre guida con attenzione. "Non bene," rispondo a malapena, stringendo le mani sul grembo nel tentativo di contenere il senso di nausea che mi assale. "Stai tranquilla, siamo quasi a casa,"

Arriviamo finalmente davanti alla nostra casa, e Vittorio, con premura, si avvicina per aprirmi la portiera. Prima che io possa muovere un passo, mi solleva tra le sue braccia con una gentilezza inaspettata, come se volesse proteggermi dal mondo intero.Il mio cuore batte forte nel petto mentre sento il calore del suo corpo contro il mio, ma non riesco a trovare alcuna sicurezza in quel gesto. L'odore dell'alcol si fa più pungente nel silenzio dell'aria notturna, mescolandosi al gusto amaro della mia vergogna.Appena varchiamo la soglia di casa, mio padre appare dal buio del corridoio, con il viso segnato dalla preoccupazione. I suoi occhi incontrano i miei, e leggo nel suo sguardo un misto di dolore e rabbia. "Elisa, cosa è successo?" chiede, la sua voce rigida e carica di tensione. Una lacrima solitaria scivola lungo la mia guancia mentre cerco di trovare le parole per spiegare, ma la mia voce si spezza nel groppo che stringe la mia gola. Vittorio interviene, cercando di attenuare la situazione. "Abbiamo avuto qualche problema al locale," spiega con voce calma, ma i suoi occhi ardono di determinazione. "Elisa si è sentita male a causa dell'alcol."

Mio padre annuisce, ma posso vedere la delusione e la preoccupazione dipinte sul suo volto. "Ti aiuto a portarla in camera sua," dice con un sospiro. Vittorio mi sorregge mentre entriamo in camera mia, e appena posso mi dirigo verso il bagno, dove vomito di nuovo. Mio padre, seguendoci da vicino, si avvicina con una medicina e un bicchiere d'acqua. "Prendi questa, ti farà sentire meglio," dice con gentilezza, porgendomi un bicchere. Mentre Vittorio mi tiene, bevo la medicina con le mani tremanti, sperando che possa alleviare la mia nausea. Dopo aver preso la medicina, mi sento sempre più esausta e desidero solo dormire. Guardo Vittorio con occhi imploranti, chiedendo silenziosamente il suo conforto. "Andiamo a dormire", Vittorio annuisce comprensivo e mi aiuta a sdraiarmi sul letto. "Buonanotte ragazzi" ci sorride papà uscendo. Con una mano tremante, lo sfioro attraverso le mutande, cercando di trasmettergli il mio desiderio. Tuttavia, Vittorio si allontana gentilmente, rifiutando il mio tentativo di avvicinamento. "Perchè va bene solo quando hai voglia tu?" gli chiedo. "Perchè io non sono ubriaco" mi risponde lui. Con un sospiro di rassegnazione, mi lascio cadere sul letto, sperando che il sonno possa portare sollievo alla mia mente tormentata. Con un senso di stanchezza che mi avvolge come una coperta, mi appoggio al petto di Vittorio, le sue braccia mi avvolgono con gentilezza. Chiudo gli occhi e mi lascio cullare dal ritmo tranquillo della sua respirazione. Il calore del suo corpo accanto al mio mi avvolge come una carezza, e gradualmente sento il peso della stanchezza scivolare via.

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