32. Malattia

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Con il cuore ancora pesante e il corpo stremato, mi ritrovo sola, abbandonata alla mia disperazione mentre Vittorio esce dalla stanza senza un'altra parola. Una volta sola, mi affretto a liberarmi delle catene invisibili che mi imprigionano, e mi dirigo al bagno in cerca di una minima forma di purificazione.L'acqua calda scorre sulla mia pelle, cercando di lavare via il dolore e la vergogna che si sono impregnati profondamente dentro di me. Ogni goccia che cade su di me è come una carezza gentile, un tentativo di guarire le ferite invisibili che mi affliggono.Dopo aver finito, mi avvolgo in un asciugamano e mi dirigo al balcone, cercando un po' di solitudine e conforto nella tranquillità del crepuscolo. Le mie mani tremano mentre accendo una sigaretta, cercando un momento di pace nella nicotina che brucia lentamente.Il fumo si alza in volute ondulate nell'aria fresca della sera, portando con sé un senso di calma fragile e fugace.

Mentre il fumo si dissipa nell'aria notturna, sento una stanchezza profonda avvolgermi come una coperta. Mi dirigo verso il letto, sperando di trovare un rifugio temporaneo nel sonno, anche se so che i demoni della mia mente non mi daranno tregua.La mattina seguente, il rumore familiare della porta che si apre mi sveglia dal mio torpore. "Elisa, è ora di alzarsi per andare a scuola," annuncia mio padre con voce calma ma decisa.Mi giro nel letto, cercando di nascondere il disagio che mi attanaglia. "Non mi sento bene, papà," rispondo con voce flebile, cercando di sembrare credibile. "Ho mal di testa e mi fa male il petto."Mio padre si avvicina al mio letto, preoccupazione dipinta sul suo volto. "Vuoi che chiami il medico?" chiede, le sue parole pregne di preoccupazione paterna."No, no," rispondo prontamente, cercando di spiegare meglio. "Penso che sia solo un raffreddore. Ho solo bisogno di riposare un po'."

Il suo sguardo si addolcisce leggermente mentre accetta la mia spiegazione. "Va bene, tesoro. Cerca di riposare e prenditi cura di te stesso," dice con gentilezza prima di lasciarmi sola nella quiete della stanza. Mi lascio cadere sul cuscino con un sospiro di sollievo, grata per un po' di respiro dalla dura realtà. Ma anche se il mio corpo desidera solo il riposo, la mia mente è tormentata da pensieri oscuri che non mi permettono di trovare pace.

Attraverso il corridoio silenzioso, i miei passi leggeri quasi inesistenti nel profondo della casa vuota. Arrivo alla porta della stanza di Vittorio e, con un respiro profondo, giro la maniglia. La stanza è immersa nell'ombra, la luce del sole appena filtrante attraverso le tende socchiuse. Con determinazione, mi avvicino al suo comodino e apro il cassetto, sperando di trovare qualche prova che possa rivelare la vera natura di mio fratello. Tra gli oggetti disordinati, una forma scura cattura la mia attenzione. Cerco di non far rumore mentre afferro l'oggetto, ma il mio cuore si ferma quando realizzo che si tratta di una pistola. Il suono della porta che si chiude mi fa sobbalzare. Senza pensare, prendo la pistola e mi volto di scatto, trovandomi faccia a faccia con Vittorio. I suoi occhi sono freddi e implacabili, un sorriso malizioso danza sulle sue labbra mentre mi guarda con un misto di superiorità e sfida. Il mio stomaco si contorce in un nodo di terrore e il mio respiro si blocca nei miei polmoni. Non so cosa fare, cosa dire. Sono sola in una stanza con mio fratello, armata di una pistola, e non so come sia arrivata a quel punto. "Elisa," mormora Vittorio, la sua voce come un sibilo nell'aria tesa. "Cosa pensavi di fare con quella pistola?"

"Dimmelo tu. Stava nel tuo comodino, non nel mio" rispondo con sfida stringendo la pistola con più forza nelle mie mani sudate. Vittorio ride sarcastico, i suoi occhi scrutano ogni mio movimento con un mix di curiosità e disprezzo. "Oh, che carina, pensavi di farmi una sorpresa? Ma sai usare quella cosa?" chiede con una nota di scherno nella voce. "Non ho intenzione di usarla," dico con voce ferma, anche se il mio cuore batte così forte che temo possa scoppiare nel petto. Vittorio si avvicina lentamente, il suo sguardo freddo come il ghiaccio. "Allora perché ce l'hai?" chiede, la sua voce un sottile filo di minaccia. Le mie mani tremano sempre di più mentre cerco di controllare la mia paura. "L'ho trovata lì, e volevo solo... solo capire cosa stesse succedendo," balbetto, le parole che escono come un fiume di confusione. Vittorio si ferma di fronte a me, il suo respiro caldo contro il mio viso. "Capire cosa stesse succedendo?," mormora, il suo sorriso malevolo avvolto in un alone di mistero. "Ma sai cosa? Non credo tu abbia bisogno di sapere tutto."

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