28: tra Scuola e Casa

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A scuola, mentre mi dirigo verso la mia classe, Vittorio mi ferma lungo il corridoio."Come è andata con tua madre?" mi chiede con voce calma. "Non voglio parlarne," rispdono con voce ferma, stringendo le mani nervosamente "È una questione personale e non ho voglia di discuterne, soprattutto con te."

Vittorio si ferma di fronte a me, bloccandomi il passaggio "Non che mi importi tanto di saperlo veramente ma non puoi permetterti di rispondermi così" dice con voce dura. "Almeno a scuola puoi lasciarmi respirare?" gli chiedo innervosita.

Vittorio mi stringe, portandomi verso lo sgabuzzino, e il panico inizia a farsi strada dentro di me. Quando mi trovo contro il muro, le sue labbra trovano il mio collo sento il calore della sua bocca sulla mia pelle, e un brivido mi percorre la schiena mentre cerco di resistere al suo tocco. Con il cuore che batte forte nel petto, cerco di liberarmi dalla presa di Vittorio, ma le sue mani sono ferme e decise. La sensazione di impotenza mi avvolge mentre cerco disperatamente di urlare, ma le parole rimangono bloccate in gola. "N-no!" riesco a balbettare, cercando di respingere Vittorio con tutte le mie forze "Lasciami andare!"

"Tu sei mia, Elisa. Ovunque tu ti trovi, tu mi appartieni" sibila con arroganza. "Non ti appartengo, Vittorio. Sono una persona, non un oggetto da possedere," ribatto con determinazione, cercando di ignorare il terrore che mi avvolge come un mantello oscuro. Il suo sguardo diventa ancora più intenso, e posso sentire il suo desiderio bruciare come una fiamma incontrollata. Ma dentro di me cresce la fiamma della resistenza, e so che non posso permettere a Vittorio di spegnerla. Con un'ultima occhiata carica di minaccia, Vittorio si allontana da me, lasciandomi sola nello sgabuzzino. Il mio cuore batte freneticamente nel petto mentre mi rendo conto di essere appena sfuggita a una situazione potenzialmente pericolosa.

Mi siedo sul pavimento, cercando di riprendere fiato e di calmare i miei nervi che sono ancora tesi come corde di violino. Mi rialzo lentamente, cercando di recuperare la calma e la determinazione che mi erano sfuggite durante l'incidente con Vittorio. Stringo i pugni con forza, decisa a non permettere a nessuno di farmi sentire impotente o indifesa. Con passo risoluto, esco dallo sgabuzzino e mi dirigo verso la mia classe, cercando di mantenere la compostezza nonostante il tumulto di emozioni che mi attanaglia.

Mentre mi siedo al mio posto in classe, cerco di concentrarmi sulle lezioni, ma la tensione e l'angoscia continuano a tormentarmi. Le parole di Vittorio riecheggiano nella mia mente, e mi chiedo come potrò mai liberarmi dalla sua morsa.

Finita la scuola, mi avvio verso casa insieme a Vittorio. L'atmosfera è tesa e silenziosa mentre camminiamo lungo la strada, entrambi immersi nei nostri pensieri.

"Elisa, dobbiamo parlare," dice Vittorio con voce ferma, interrompendo il silenzio in macchina. Respiro profondamente, preparandomi mentalmente per quello che verrà. "Cosa c'è?" chiedo, cercando di mantenere la calma nonostante l'ansia che mi attanaglia. "Quello che è successo prima, non può ripetersi," afferma Vittorio con determinazione. "Non posso permettere che tu ti rivolgi a me con quel tono."

"Non puoi controllare cosa faccio della mia vita," ribatto con fermezza, "È la stessa discussione che abbiamo fatto per Alessio, lo stesso tuo fottuto problema di sentiere autorità su di me ma ma vita è mia. Non posso accettare di essere prigioniera delle tue paure," rispondo con determinazione, stringendo i pugni con forza "Devo essere libera di fare le mie scelte, anche se non le approvi, non sei mio padre"

Il suo volto si contorce in una maschera di frustrazione e disperazione mentre le sue parole mi colpiscono come un pugno nello stomaco. "Non capisci niente," sbuffa con disprezzo, le vene del collo pulsanti dalla rabbia. "Sei solo una stupida puttana che non sa cosa vuole. Sei solo una sciocca che si fa ingannare da ogni ragazzo che incontra. Non meriti il mio rispetto, né quello di nessun altro."

Le lacrime sgorgano silenziose dai miei occhi, mentre cerco disperatamente di trattenere il singhiozzo che si agita nella mia gola. Mi sento completamente sola e vulnerabile di fronte al suo disprezzo e alla sua rabbia incontenibile. Non riesco a trovare le parole per rispondere, né la forza di guardarlo negli occhi.

Arriviamo a casa in un silenzio opprimente, interrotto solo dal rumore dei nostri passi sul pavimento. Senza scambiare una parola con mio padre, mi affretto a salire le scale e mi rifugio nella mia camera. Il peso delle parole di Vittorio mi opprime, lasciandomi con un senso di solitudine e disperazione che mi avvolge come un mantello oscuro. Chiudo la porta della mia stanza dietro di me e mi lascio cadere sulla sedia, cercando di trovare conforto nel silenzio e nell'oscurità del mio rifugio. Il mio cuore è pesante, pieno di dolore e confusione, mentre cerco di elaborare tutto ciò che è successo. Ignoro le voci provenienti dal basso, concentrandomi solo sul battito irregolare del mio cuore e sul suono delle mie lacrime che continuano a cadere silenziosamente sul pavimento.

Sentendo la porta aprirsi, alzo lo sguardo e vedo mio padre entrare nella stanza con un'espressione preoccupata sul volto. I suoi occhi incontrano i miei, e posso vedere la preoccupazione e l'affetto nei suoi occhi mentre si avvicina lentamente. "Elisa, tesoro, cosa è successo?" chiede con voce gentile, cercando di nascondere la preoccupazione che si legge chiaramente sul suo volto. Scuoto appena la testa, incapace di trovare le parole per descrivere la confusione e il dolore che provo. "Niente, papà," sussurro, cercando di trattenere le lacrime che minacciano di riemergere. "È solo... è solo stato un brutto giorno."

Mio padre si siede accanto a me sulla sedia, mettendo una mano sulla mia spalla con dolcezza. "Vittorio mi ha detto che avete litigato" afferma poi facendomi irrigidire. Inspiro profondamente, cercando di organizzare i miei pensieri prima di rispondere. "Sì, abbiamo litigato," ammetto, evitando di incontrare il suo sguardo. "È solo... è solo che non siamo d'accordo su alcune cose."

Mio padre annuisce lentamente, comprendendo la situazione senza fare ulteriori domande. Poi, con un sospiro, continua: "Elisa, so che in questo momento le cose sembrano complicate, ma devi sapere che io e tua madre siamo qui per te, sempre. E anche se lei sarà lontana non significa che non potrete sentirvi o vedervi. Sará sempre tua madre, e la madre di Luca, non posso separarvi da lei." Le sue parole sono come un abbraccio invisibile, e mi sento un po' meno sola nel mio tormento interiore. "Ti voglio bene, papà," sussurro, sentendomi improvvisamente sopraffatta dall'affetto per lui. Mio padre sorride debolmente, porgendomi una mano per asciugare le mie lacrime. "Ti voglio bene anche io, tesoro," risponde con gentilezza "Ti va di scendere a mangiare?" mi chiede poi. "A dire il vero non ho fame" mento sorridendo. Non voglio rivedere Vittorio. Papà annuisce comprensivo e si alza dalla sedia. "Va bene, tesoro. Se hai bisogno di qualcosa, sono qui," mi assicura prima di lasciare la stanza con passo tranquillo. Rimango seduta sul letto, lasciando che le sue parole mi avvolgano come una coperta di conforto. Anche se il futuro sembra incerto, almeno so di poter contare sul sostegno amorevole di mio padre.

Mi distendo lentamente sul morbido materasso del grande letto, lasciando che il calore delle coperte mi avvolga dolcemente. Chiudo gli occhi lentamente, lasciando che la stanchezza accumulata durante la giornata prenda il sopravvento.

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