40. Diamanti

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La mattina dopo, il suono del mio sveglia riempie la stanza, interrompendo il dolce abbraccio del sonno. Lentamente apro gli occhi, cercando di riadattarmi alla realtà mentre la stanza è avvolta dalla luce mattutina che filtra dalle tende socchiuse.Mi siedo sul letto, stiracchiandomi con un leggero sbadiglio. L'acqua calda della doccia scorre delicatamente sulla mia pelle. Scendo le scale e mi dirigo verso la cucina, dove il profumo invitante del caffè appena fatto riempie l'aria. Trovo mio padre seduto al tavolo, intento a leggere il giornale mentre sorseggia la sua tazza di caffè mattutina. "Buongiorno, papà," lo saluto con un sorriso, sedendomi di fronte a lui."Buongiorno, tesoro," risponde con un sorriso affettuoso, posando il giornale per rivolgermi la sua attenzione. "Hai dormito bene?"

"Abbastanza," rispondo con un sospiro, cercando di mascherare la stanchezza che ancora mi pervade. "Vittorio mi ha detto detto che ha intenzione di andare in vacanza e vorrebbe portarti" mi dice. "Ah sì?" rispondo, un po' sorpresa dalla notizia. "Non me ne ha parlato." Mio padre annuisce, mostrando un'espressione pensierosa. "Sì, è arrivato stamattina con l'idea. Ha detto che vorrebbe portarti in un posto tranquillo per rilassarvi un po'. Cosa ne pensi?"Mi fermo un istante a riflettere, cercando di valutare la proposta. "Non sono sicura," ammetto infine. Mio padre nota la mia esitazione e il suo sguardo diventa più attento. "Elisa, c'è qualcosa che non va?" chiede con tono preoccupato, avvicinandosi leggermente.Mi morso il labbro inferiore, cercando di trovare il coraggio di esprimere le mie paure. "Papà, è solo che..." inizio, ma le parole si bloccano nella mia gola, incapace di pronunciare la verità.Posso vedere la preoccupazione crescere negli occhi di mio padre mentre osserva il mio disagio. "Elisa, puoi dirmi tutto. Se c'è qualcosa che ti preoccupa devi condividerlo con me. Non posso aiutarti se non mi dici cosa sta succedendo," mi incoraggia con voce gentile ma ferma. Respiro profondamente, cercando di superare la mia paura. Mi mordo il labbro, combattendo con le mie emozioni contrastanti. Vorrei dirgli tutto, vorrei che sapesse cosa mi succede, ma la paura e l'umiliazione mi tengono prigioniera nel mio silenzio. "Papà, ti prego, non voglio rovinare le cose," balbetto, le lacrime che minacciano di sgorgare. Mio padre mi avvicina dolcemente e mi prende tra le braccia. Mentre sono avvolta nell'abbraccio confortante di mio padre, sento improvvisamente un'altra presenza nella stanza. Sollevo lo sguardo e vedo Vittorio entrare nella cucina con un'espressione interrogativa sul volto. "Cosa succede qui?"
Il cuore mi batte più forte nel petto mentre mi rendo conto di essere stata sorpresa nel bel mezzo di un momento così intimo con mio padre. Cerco di nascondere la mia agitazione dietro un sorriso forzato. "Niente di importante, solo una piccola discussione familiare," rispondo cercando di suonare il più normale possibile.

Mio padre mi libera dal suo abbraccio e mi guarda con un cenno di comprensione, ma ancora preoccupato. "Parleremo di nuovo di questo più tardi, va bene?" mi dice con gentilezza prima di allontanarsi da me e lasciarmi sola con Vittorio. Improvvisamente, il mio telefono inizia a squillare, interrompendo il silenzio. Senza una parola, Vittorio si avvicina rapidamente e afferra il telefono dalle mie mani. "Non rispondere," ordina con voce dura, il suo sguardo fissando il mio con fermezza. "Vittorio, lascia il mio telefono," protesto, cercando di riprenderlo, ma lui tiene il telefono fuori dalla mia portata, mantenendo il controllo sulla situazione. "Alessio può aspettare," dice con voce decisa, ignorando le mie richieste. Rimango immobile, sentendo il mio stomaco stringersi mentre Vittorio tiene saldamente il telefono. Il mio sguardo si abbassa, l'ansia monta dentro di me mentre mi chiedo cosa farà Vittorio. "Vittorio, per favore," imploro con voce flebile, la mia mano tesa verso il telefono, ma lui si ritrae, mantenendo la sua presa ferma."Non hai bisogno di rispondere a nessuno tranne me," ribatte con tono autoritario, il suo sguardo fisso nel mio. "Alessio è il mio ragazzo" ribbatto tentando di riprendermi il telefono. Vittorio stringe il telefono con forza, i suoi occhi scintillano di gelosia mentre tiene lo sguardo fisso sul mio volto. "Tu appartieni a me." si avvicina ancora di più, la sua presenza imponente avvolge la stanza mentre mi sento intrappolata nel suo sguardo intenso. "Sei mia, Elisa," mormora con voce bassa, il tono carico di desiderio e possessività. "E farò di tutto per tenerti con me."

"Non puoi controllare i miei sentimenti," protesto, cercando di far valere la mia autonomia. Con un gesto deciso, si allontana da me, il telefono ancora stretto nella sua mano. "Non permetterò a nessuno di stare tra noi," dichiara con fermezza, il suo sguardo tagliente mentre mi fissa intensamente. "Nessuno."

"Io non sono tua" ribatto. Senza alcun preavviso, il suo palmo si abbatte sulla mia guancia con una forza che mi fa barcollare all'indietro. Il dolore acuto mi lacera, ma è il colpo al mio orgoglio e alla mia dignità che mi fa ancor più male. Le lacrime rigano il mio viso "Come osi sfidarmi?" sibila Vittorio, il suo tono carico di rabbia repressa. La mia mente urla di terrore mentre sento la sua mano tirare i miei pantaloni verso il basso con violenza. Il mio respiro diventa affannoso, il cuore batte freneticamente nel petto mentre le lacrime continuano a rigare il mio viso mentre il mio corpo trema di paura e disgusto. Nel tentativo disperato di difendermi, balbetto: "V-Vittorio, per favore, smetti..." Le mie parole vengono soffocate dalla sua rabbia incontenibile. Sento il suo respiro caldo e fetido sul mio collo. "Ti farò imparare a rispettarmi!"

La mia mente è un turbine di terrore e disgusto mentre sento il suo corpo avvicinarsi al mio con una violenza inaudita. Le mie gambe tremano, incapaci di reggermi, mentre il mio corpo è spinto contro il bancone della cucina con forza brutale. "No, per favore..." imploro con una voce spezzata, le lacrime che continuano a scorrere lungo le mie guance. Ma le mie suppliche cadono nel vuoto, ignorate dalla sua furia crescente.

La sua presa sui miei capelli diventa più forte, costringendomi a sollevare il viso mentre mi sento vuotare di ogni speranza. Il dolore fisico si mescola al terrore che mi avvolge, mentre il mio corpo è costretto in una posizione umiliante e dolorosa. Il suo respiro roco sfiora la mia nuca, mandandomi brividi lungo la schiena.

Il suo corpo invade il mio con violenza. I miei denti mordono il labbro inferiore per soffocare un urlo di tormento mentre il mio corpo è costretto a subire il suo dominio. Il suo respiro pesante e irregolare si fonde con i miei singhiozzi disperati. Ogni movimento è un'agonia, ogni istante un eterno supplizio. Le lacrime continuano a fluire senza sosta lungo le mie guance, mischiandosi con il sudore del terrore e della disperazione.

Con un ultimo grido soffocato di dolore, sento il suo corpo finalmente rilassarsi, il suo respiro torna regolare mentre si lascia andare al piacere del suo soddisfacimento. "Sei solo una puttana," sibila con disprezzo. Il mio corpo trema di dolore e disgusto mentre mi sforzo di raddrizzarmi, cercando di affrontare la realtà crudele che mi circonda. Con le mani tremanti, mi afferro al bancone della cucina per trovare un minimo di stabilità, mentre Vittorio mi rialza i pantaloni con un gesto sprezzante. Mi fa sedere con forza. Le lacrime continuano a scorrere lungo le mie guance, mentre il mio cuore si contorce nel dolore e nella vergogna. Con un gesto apparentemente gentile, asciuga le mie lacrime, "Ti ho fatto male?" chiede, la sua voce ora priva della durezza precedente, ma piuttosto carica di una strana combinazione di preoccupazione e indifferenza. Riesco appena a sollevare lo sguardo per incontrare il suo, il mio viso ancora contratto dal dolore e dalla vergogna. "Non importa," mormoro debolmente, cercando di negare l'orrore di ciò che è appena accaduto. "Vieni," dice con voce calma, con passi incerti, mi lascio portare via da lui. Senza dire una parola, raggiungiamo la stanza di Vittorio. Il silenzio pesante avvolge l'aria mentre entriamo, interrotto solo dal mio respiro affannoso e dagli echi delle mie lacrime appena versate. Vittorio mi guida fino al letto con gentilezza, come se volesse rassicurarmi o forse solo giustificare la sua violenza. Sento il suo sguardo scrutatore su di me mentre mi siedo sulla morbida superficie, le mie mani tremanti stringendo il bordo del materasso con forza. Senza una parola, Vittorio si avvicina a me, la sua figura imponente avvolta nell'ombra della stanza. Con gesti misurati, si china verso un cassetto del comodino e ne estrae una piccola scatola di velluto. "Per te," mormora. Con un tremito, apro la scatola, rivelando un brillante braccialetto di diamanti che scintilla debolmente nella luce fioca della stanza. Il respiro mi si blocca in gola "Ti piace?".

"Sì, è stupendo," rispondo con una debole voce, cercando di nascondere la mia preoccupazione dietro un'apparente gratitudine. Tuttavia, non posso ignorare il senso di inquietudine che cresce dentro di me, sapendo che un regalo così costoso potrebbe avere conseguenze ancora più gravi. Il sorriso di Vittorio si allarga leggermente, come se fosse soddisfatto della mia reazione. "Sono contento che ti piaccia," mormora con tono morbido. Con gesti delicati, Vittorio prende il braccialetto di diamanti dalla mia mano tremante e lo adagia con cura intorno al mio polso. "Sei così bella," mormora, il suo respiro caldo accarezzandomi la pelle. Con un gesto gentile, Vittorio mi prende il viso tra le mani e mi bacia con una passione che mi fa rabbrividire. Il suo tocco è possessivo, come se volesse marchiarmi come sua.

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