8. Pericolo

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Mentre mi diverto con i miei amici al locale, il mio sguardo incrocia quello del ragazzo che ieri ha tentato di drogarmi. La mia mente si blocca per un istante, il ricordo della sua tentata aggressione torna con forza, ma cerco di mantenere la calma mentre si avvicina.

"Hey, sei tornata," dice con un sorriso falso sulle labbra, cercando di apparire innocente. Sento il mio stomaco stringersi in apprensione. "Che ne dici di un altro drink insieme?" propone, il suo tono è ambiguo, ma posso percepire la sua intenzione. "Assolutamente no, grazie," rispondo prontamente, il mio sguardo è deciso mentre lo guardo dritto negli occhi.

Lui ride nervosamente, cercando di mascherare la sua delusione. "Davvero? Perché non proviamo a divertirci un po' come ieri sera?" insiste, avvicinandosi pericolosamente.

I miei amici, avendo notato la situazione, si mettono in piedi e si avvicinano a me, pronti a difendermi. "Hai un problema, amico?" chiede uno dei miei amici, il suo tono è minaccioso mentre fissa il ragazzo. Il ragazzo indietreggia leggermente, non aspettandosi una reazione così decisa. "No, nessun problema," risponde rapidamente, cercando di placare la tensione nell'aria. "Questa troia vedo che ne cambia uno a sera" afferma poi con un sorriso beffardo.

I miei amici si irrigidiscono, pronti a intervenire di nuovo, ma cerco di mantenere la calma. "Non hai il diritto di parlare così di me," rispondo con voce ferma, cercando di non lasciare trapelare l'irritazione che sento bruciare dentro di me. Il ragazzo ride, come se fosse divertito dalla mia reazione. "Non mi sembra di aver chiesto il tuo parere, tesoro," ribatte con arroganza. "Basta così," interviene uno dei miei amici, il suo tono è duro mentre fissa il ragazzo con uno sguardo gelido. "Meglio che te ne vada prima che finisca male per te," aggiunge, la sua minaccia è palese.

"Ma guarda un po' chi si rivede," mormora Vittorio che si avvicina al tavolo con sicurezza, il suo sguardo freddo e penetrante mentre si piazza di fronte al ragazzo. "Penso che sia meglio che tu te ne vada prima che succeda qualcosa di cui potresti pentirti," dice con voce calma ma ferma, la sua presenza irradia autorità.

Il ragazzo ingoia a fatica, sapendo di aver provocato Vittorio la sera precedente e temendo le conseguenze delle sue azioni. Senza si rispondere si alza in fretta dal tavolo e si allontana a passi affrettati.

Poi, prima che possa reagire, sento Vittorio afferrarmi per il braccio con forza, tirandomi verso di lui con decisione. "Vieni," ordina con un tono duro, trascinandomi via dal tavolo. La sua presa è ferma, e anche se tento di resistere, so di non avere alcuna possibilità contro la sua forza. Mi ritrovo costretta a seguirlo mentre mi fa uscire rapidamente dal locale. "Lasciami andare, non ho bisogno del tuo aiuto!" protesto con voce arrabbiata, cercando di liberarmi dalla sua presa. Tuttavia, la sua stretta non si indebolisce, e capisco che non posso oppormi alla sua forza.

Vittorio continua a camminare con passo deciso, ignorando le mie obiezioni. "Non puoi rimanere qui, è pericoloso," ribatte con fermezza, il tono della sua voce gelido e autoritario. Tuttavia, la mia determinazione non vacilla. "Non mi interessa, posso badare a me stessa," replico con testardaggine, la mia voce carica di sfida.

Vittorio si ferma di colpo, voltandosi verso di me con uno sguardo feroce. "Non ti ho chiesto se ti interessava o no. Devi seguirmi," afferma con fermezza, il suo tono tagliente come una lama. Mi sforzo di rimanere impassibile, ma la mia determinazione non vacilla. "Non ho intenzione di ascoltarti. Posso badare a me stessa," ribatto con fierezza, cercando di far valere la mia volontà.

La sua pazienza raggiunge il limite quando, con un gesto repentino, mi schiaffeggia con forza, il suono del colpo risuonando nell'aria circostante. Sentire la sua mano sollevarsi e poi schiaffeggiarmi è un colpo improvviso che mi sbilancia. Il dolore si diffonde rapidamente sulla mia guancia, mentre la sorpresa si mescola alla rabbia. Prima che possa reagire, mi ritrovo a sbattere contro il sedile dell'auto, il respiro sospeso per un istante mentre cerco di riprendermi dal colpo.

Vittorio mi fissa con uno sguardo che trasuda autorità e disprezzo, e so di non poter sfuggire alla sua volontà. Senza una parola, mi spinge a sedermi sul sedile del passeggero e chiude la porta con forza. La mia guancia brucia dallo schiaffo, "Non hai il diritto di trattarmi così!" esclamo. Vittorio mi guarda con un sorriso beffardo, come se il mio tentativo di ribellione fosse solo un gioco divertente per lui. "Sei solo una ragazzina testarda che non capisce il pericolo," ribatte con un tono sprezzante, ignorando le mie proteste.

Vittorio mi guarda con un'espressione gelida, poi con un gesto deciso, pone un dito sulle mie labbra per zittirmi. La sua presa è ferma, impedendomi di pronunciare altre parole. "È meglio che tu stia zitta e segua le mie istruzioni," sibila con voce bassa ma minacciosa, il suo sguardo penetrante mentre mi fissa con determinazione. Il suo tocco sulle mie labbra è come un sigillo che conferma il suo controllo su di me.

Rimango immobile, con la tensione che si insinua dentro di me come un'ombra fredda. L'auto si mette in moto, il motore ruggisce come un ringhio minaccioso mentre ci allontaniamo dal locale. Il silenzio pesante si fa sentire nell'abitacolo, interrotto solo dal fruscio dei pneumatici sull'asfalto e dal battito irregolare del mio cuore.

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