Roulette

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Sono in studio, davanti al microfono mentre i ragazzi finiscono gli ultimi ritocchi con la base. Ho da poco finito una nuova canzone e voglio registrarla subito per rilasciarla il prima possibile. Vogliamo cavalcare l'onda il più possibile. Tra tutte le persone agli in-store che mi hanno seguito attraverso amici e tutte quelle che mi hanno scoperto attraverso i vari concerti estivi, ho raggiunto un bel pubblico quindi sarebbe un peccato non produrre subito altri pezzi per mantenere viva la loro attenzione su di me. Ovviamente con tutto quello che mi è successo e continua a succedere trovare ispirazione non è stato complicato, anzi. Non è bastata una canzone per raccontare tutto. Ho comporto un altro testo su di lei, sulla nostra storia complicata, sull'intensità dei nostri sentimenti. Ecco un altro pezzo di noi che ci sarà per sempre, un'altra cosa che ci unirà e non ci permetterà mai di lasciarci andare davvero. Non c'è una parola che non abbia scritto dedicandogliela. Non riesco. Penso sempre e solo a lei. È perennemente nella mia testa, anche quando non voglio. Anche quando mi fa arrabbiare o mi fa soffrire, non riesco a togliermi il suo sorriso dalla testa. I suoi occhi. Le sue labbra. Il pensiero di volerla baciare. "Sarah ti conviene venirti a sedere. C'è qualcosa che non ci convince e ci metteremo un po'. Vedi quale effetto ti piace di più" mi dicono così esco dallo sala registrazioni e mi siedo sul divano con il mio quadernino tra le mani mentre li osservo e ascolto le loro proposte. Ma il mio pensiero non fa che tornare a lei. Prendo il testo e decido di rileggerlo. Non tanto per controllare il testo, quanto per rivivere tutti i nostri momenti insieme. Amo farlo. Passo un dito sulla carta bianca marchiata di nero e vado avanti e indietro nel tempo rivivendo la nostra storia.
Ripenso a tutte le nostre litigate. A quel infernale periodo post amici in cui le nostre vite sembravano andare allo sbando. Lei si arrabbiava quando facevo gesti d'amore e io cercavo ogni minimo dettaglio imperfetto per iniziare una discussione. Eravamo entrambe perse e troppo prese dall'altra per riuscire ad aggrapparsi a qualcosa che cose diverso dalla nostra relazione.
"E cerchiamo un motivo stupido
Per litigare"
Ricordo a tutte le nostre discussioni avventure a distanza. A tutte le volte che l'ho fatta soffrire allontanandomi prima di aver chiarito. Lei odia lasciare le discussioni aperte. Appena c'è un problema vuole subito parlarne e risolverlo, non mi permette di rifletterci su. Così a volte, quando le litigate erano telematiche, aumentavo ancora di più la nostra distanza ignorando il mio cellulare. Nonostante mi messaggiasse e chiamasse, non riuscivo a risponderle. Nonostante sapessi di starle facendo del male, non riuscivo a parlarle per paura di ferirci solo ancora di più.
"Dopo spengo il telefono e scappo lontano da qui"
Ripenso alla mattina in cui mi sono svegliata da sola nel letto. In quelle lenzuola che profumavano così tanto di lei, ma in cui Ila non c'era più. Ricordo di aver tastato il materasso al mio fianco in cerca del suo corpo, meravigliandomi che si fosse alzata senza di me. Amavamo stringerci la mattina e restare a letto insieme il più possibile. Ricordo chiaramente il senso di vuoto che provai una volta trovata la lettera. Mi venne in mente un film in cui era accaduto tutto questo. Pensavo che la ragazza abbandonata fosse stupida a piangere così tanto. Era chiaro a tutti che sarebbe andata a finire così, per quale motivo lei ne era sorpresa? Eppure, quando ti ritrovi ad essere quella ragazza, capsici che alla fine nulla è realmente chiaro, come invece sembra all'esterno. La nostra fine ispirata ad un film, sembra quasi romantico..
"Ora neanche ci salutiamo
Un finale Hollywoodiano"
Penso a quante volte ci siamo allontanate e, in realtà, non ci lasciamo mai andare davvero. Ci amiamo troppo per fare effettivamente quel passo. Così fingiamo di non volerci per poi ritorne. Come tutte queste sere passate insieme fuori a fumare e parlare. A tutti gli sguardi scambiati. Hai messaggi inviati per farci appuntamento su quella panchina, come se non morissimo entrambe dalla voglia di stare insieme, passando qualche ora da sole. Abbiamo paura che l'altra non si presenti nonostante sappiamo che la notte in fondo è sempre stata il nostro punto debole.
"Te ne vai ma è solo scena, poi
Ti richiamo di notte"
Penso a tutte quelle sere, o meglio mattinate, in cui sono tornata in camera e, dopo aver chiuso la porta, ho portsto le mani sul viso per nascondere il grande sorriso che ho sempre in sua presenza. Lo facevo quasi come fosse parte integrante della mia routine. Mi appoggiavo alla porta e cercavo di scacciare via la mia espressione innamorata. Pensavo al dolore che mi aveva fatto e ai motivi per cui dovevamo restare amiche. Al motivo per cui non l'ho baciata quella sera. Mi prometto che non devi permetterle di nuovo di ferirmi. Non posso di nuovo avvicinarmi a lei così. Devo mantenere le distanze. Però poi, puntualmente, quando ricevevo un suo messaggio per incontrarci sulla panchina, il mio cuore perdeva un battito, il sorriso iniziava a nascere, immagini di noi che ridiamo felici o ci raccontiamo iniziano ad insinuarsi nella mia testa. E così, ogni volta, come facevo precedentemente con lei, mi prometto un'ultima volta. Ho avuto così tanto ultime volte con lei che quasi sembra di aver avuto più ultime che prime volte. È ironico. Alla fine lo so che questa 'ulrima volta' è solo una bugia che dico a me stessa, un tranello di autoconvincimento. Mi convinco di poter smettere di vederla. Mi impone un limite che poi però supero puntualmente. Perché non riesco a resisterle davvero. Potrebbe chiedermi di ritornare insieme e io probabilmente non riuscirei a dirle di no. Lo so. Mi conosco. Sono troppo innamorata. Lei mi ha nelle sue mani. E non riesco a scappare dalle sue grinfie. Perché dovrei, se mi stirnge come fossi la cosa più preziosa al mondo? Perché dovrei, se mi accarezza dolcemente e bacia le mie ferite? Perché dovrei, se libera la versione più vera di me? Così ci penso e leggo.
"L'ultima, l'ho detto un milione di volte"
Penso a quando l'ho rivista dopo quei tre mesi invernali. Quando era bella. Sembrava diversa, la vedo diversa. Non solo fisicamente. La vedo più espansiva con me e Chiara, ma più a disagio con la mia famiglia. Si è sentita sotto osservazione perenne e ho letto nel suo sguardo la paura di fare un passo falso e perdere anche quel poco di fiducia che loro hanno ancora per lei. Devo dire che tutti ci sono rimasti molto male, però poi, ascoltando le sue ragioni, hanno subito cambiato il loro modo di rapportarsi con lei. Vedono che l'abbia fatto per amore e per il mio bene. Papà l'ha anche difesa con Lorenzo dicendo "Lei la ama davvero e si vede perché ha saputo lasciarla andare quando tenerla stretta faceva troppo male a tua sorella. È innamorata, si vede da come la guarda e la tratta. Forse ora ancora più di prima, perché sa com'è perderla. Ero arrabbiato con lei perché pensavo avesse solo usato tua sorella, ma vedo che ci tiene ancora più di quello che pensassi. Trattale bene e non farla sentire a disagio". Ho pensato di trovarmi in un mondo parallelo. Papà, l'uomo che per tre mesi non ha voluto quasi smeitre il nome di Ila, che diceva che fosse pessima e rinnagava di averla fatta entrare in casa, e' giunto al punto di difenderla a spada tratta. A tutti rivederla ha fatto effetto. Scoprire perché se ne fosse andata ha cambiato tutto. Dal suo ritorno la colpa non era stata più sua. Non c'erano colpe per la fine della nostra relazione. C'erano però per la mia scelta. Non potevo fidarmi di lei di nuovo. Chi mi avrebbe garantito che non mi avrebbe di nuovo lasciata quando la mia carriera sarebbe diventata troppo stressante? La sua azione, seppur fatta con buone intenzioni, aveva instaurato in me paura e un senso di incertezza per un nostro ipotetico futuro insieme. Aveva smosso quei pilastri stabili della nostra relazione, quelli che si basavano sull'idea che non ci saremmo mai lasciate andare, xhe non ci sarebbe mai stato nessun motivo tanto forte da farci allontanare. Quei pilastri li ha rasi al suolo. Ora la mostra casa è instabile. La mia paura per l'instabilità mi ha poi portato a scegliere un'amicizia con lei, molto più sicura e stabile. Così non era più solo colpa sua, ma colpa di entrambe. Delle sue azioni e delle mie paranoie, sempre state parti importante di me.
"Tornerai da me
Dividiamo le colpe"
Però anche la nostra amicizia alla fine è un lancio nel vuoto. Non siamo mai state solo amiche quindi non so bene cosa ne sarà del nostro rapporto. È un gioco d'azzardo questa scelta. Potremmo tanto essere ottime amiche come fare trasparire eccessivamente il nostro amore e trasformare l'amicizia in un altro modo per farci male stringendoci troppo vicino.
"Tutta una roulette
Una mano di poker"
Penso c'ha siamo caotiche. Lo siamo sempre state. La nostra storia è un susseguirsi di problemi, di occasioni rubate e scenari confusi. Siamo incomprensione, rabbia, paure. Ma anche amore, affetto, carezze. Tutte queste parole ci caratterizzano, nel bene e nel male. In tutte le loro sfaccettature. Deve accadere sempre qualcosa. Così qualche tempo fa ho scritto
"E servirà un po' di drama" anche se forse nel nostro rapporto c'è n'è anche troppo.
Ripenso poi ai tre mesi lontane. In quel periodo della mia vita in cui volevo tanto odiarla. Avevo paura di amarla. Non potevo farlo. Mi odiavo perché l'amavo. Ancora una volta avevo amato così tanto qualcuno che gli avevo permesso di ferirmi troppo profondamente. Ma nessuno mi ha mai ferito come lei. Così mi convincevo di non amarla, anche se sapevo fosse impossibile. Provavo ad odiarla, ma non ci riuscivo mai davvero. Come si odia chi ti ha ridato te stessa?
"O ti odio o ti amo"
Rido leggendo il verso successivo e ripensando al motivo per cui l'ho scritto. Avevo raccontato a Luca tutta la nostra storia dall'inizio alla fine. Siamo sempre stati molto legati, da bambini. Abbiamo sempre parlato di tutto, qudini appena esco tornato a casa subito ci siamo visti e ha voluto sapere ogni minimo dettaglio di noi. Ovviamente io l'ho accontentato, evitando soltanto i punti che, per quanto gli voglia bene, non dirò ad alta voce mai a nessuno. Sono dettagli privati della nostra storia e nessuno oltre noi puoi conoscerli. Lui è impazzito di gioia nel sentire tutti i gesti carini che ci siamo scambiate. Sa quanto sia difficile per me aprirmi e mostrare anche le mie parti più fragili, infatti si è commosso sentendo quanto lei mi conosca davvero, come mai prima nessuno mi ha conosciuto. Mi ha stretto quando gli ho raccontato della nostra ultima sera e del mattino successivo. Non nego di aver pianto nonostante l'avessi raccontato già milioni di volte. A quanto pare non riesci mai ad abituarti davvero ad un certo tipo di dolore. Lui dopo avermi consolato però ha riso definendo la nostra storia un film americano, di quelli che si girano per gli adolescenti. Pieno di intrecci e sventure. Inizialmente ho riso della veridicità delle sue parole così assurde. Però poi ho sorriso pensando che i film di questo hanno sempre un lieto fine. Per questo ho deciso di scriverlo anche nella mia canzone.
"Un po' è americano
È così"
Però poi alla fine è tutto finto. Tutte me volte che ci siamo allontanate, che abbiamo provato a negare i nostri sentimenti, che ci siamo scontrate. Alla fine siamo sempre tornate nelle braccia dell'altra. Anche ora. Ho chiuso la nostra relazione improvvisamente, senza spiegazioni logiche, mi ha abbandonata in uno dei momenti più importanti della mia vita. Dovrei essere perlomeno arrabbiata con lei. Eppure quando la guardo riesco solo a sorridere. Sento solo la felicità irradiarmi la giornata. Sento un calore espandersi per il mio corpo. Vedo solo il mio amore ed il suo. Non vedo il male che ci siamo fatte. E che continuiamo a farci. Perché alla fine la verità è che stando lontane, noi soffriamo ancora di più. Ci respingiamo, reprimiamo i nostri sentimenti, teniamo le distanze. Tutto questo ci provoca solo ancora più dolore. Sono tutte menzogne che servono a feririci. Sembra stupido. È stupido. Però noi funzioniamo così. Mettiamo in scena uno spettacolo solo per farci male. Come se ci piacesse. Come se fossimo due masochiste che amano soffrire più del dovuto.
"Ma è solo scena
Solo un'altra bugia
Per farci male"
Ho raccontato delle nostre sere che passate insieme sono tramutate in mattinate. Di tutti i discorsi sulla vita, di tutte le riflessioni sui nostri errori e sulle nostre ferite, di tutte le cose che ci legano. Ho parlato di noi. Di come fosse bella la luna che ci ispirava riflessioni poetiche. A quanto ci calmasse il sole che sorgeva mentre affrontavamo discorsi più doloroso, più profondi e più personali. Mai il cielo mi è sembra bello come in quei momenti passati con lei. Come se vedessi il tutto con più colori. Prima la notte era solo buio. Ora è buio ma ci sono anche le stelle. Le stelle sono bianche e gialle. Altre però son panche blu. Allora nel cielo non c'è più solo nero, ma c'è tanto altro. L'altra era solo gialla. Ora è anche rosa, azzurrina. A volte arancione e viola. Ora è più luminosa e più significativa. Ma non sono solo i colori che mi colpiscono di quelle scene. Se ripenso alla notte o all'alba ora sento profumi e provo sensazioni specifiche che prima non associavo a questi moemnti. Ora hanno l'odore di sigarette consumate e del suo profumo. Ora sento le sue braccia attorno al mio corpo ogni volta che guardo il cielo. Oppure una sua mano che stringe la mia o mi accarezza i capelli. Sento le sue labbra sulla mia tempia. Ora hanno un suono precisoz quello della sua voce e dei suoi respiri. Ora non sono più il cielo ma sono il suo sorriso, i suoi occhi, il suo profilo illuminato dalla luce del cielo, qualunque essa sia. L'alba e la notte sono altro me per me ora. Potevi mai non dirlo?
"Guarda fuori all'alba
Sai che un po' mi calma"
Queste nottate sono diventate così importanti per me perché sono state il momento in cui abbiamo di nuovo parlato davvero. Solo lì lei mi ha chiesto davvero scusa. Non direttamente. Ma li ho capito davvero quanto l'avesse ferita lasciarmi, a quanto abbia fatto tutto per amore, a quanto mi ami realmente. La prima sera abbiamo parlato a cuore aperto e da quell'istante in poi non abbiamo più saputo chiuderlo. Quando ci siamo trovate per la prima volta sulla panchina speravo di avere spiegazioni da lei. Speravo mi dicesse tutto una volta per tutte. Come si era sentita. Cose le era passato per la mente nel fare una scelta del genere. Ho disperatamente pregato nel mio cervello che lei capisse che il mio invito fosse una dichiarazione di pace, una richiesta di armistizio. Così ho scritto ciò che pensai quella sera quando l'ho invitata a sedersi affianco a me.
"Vieni a fare pace da qui ora"
All'inizio non capivo perché cerassi così disperatamente una spiegazione. Sembrava quasi che fossi ossessionata nel riuscire a scovare il motivo per il quale lei mi aveva lasciata. Inizialmente pensavo fosse perché avevo bisogno di sapere come la cosa più bella della mia vita fosse finita così, all'improvviso. Poi invece, guardandola di nuovo dopo tre mesi, ho capito il reale motivo dietro questa mia ricerca. Volevo una ragione per personarla. Ho sempre creduto che ci fosse una valida spiegazione alla nostra rottura. Perché? Perché io sapevo già che se l'avessi rivista, mai e poi mai, sarei riuscita ad essere fredda nei suoi confronti se non per qualche ora al massimo. Io so che potrebbe accadere di tutto tra noi e non sarei mai capace di restare arrabbiata con lei, di non parlarle sapendo di essere nello stesso posto, di non stringerla o almeno sfiorarla quando siamo vicine. Io so che sarebbe potuta restare dopo avermi lasciata quella notte, io avrei fatto come se nulla fosse successo. Potemmo litigare ed io il giorno dopo tornerei ad amarla come prima, forse addirittura di più. Potrebbe succedere di tutto, io non so resisterle. La dura verita è questa. Possiamo fingere di non parlarci per qualche ora, di essere infuriate, diamtenere la nostra posizione. Poi basterebbe uno sguardo dei nostri per strisciare dall'altra. Per affondare nelle sue braccia. Per scioglierci sotto il suo tocco. Quante volte abbiamo litigato e poi ci siamo trovate il giorno dopo abbracciate? Quante volte ci siamo promesse di lasciarci e poi il mattino seguente ci svegliavamo con dei dolci baci? Quante volte abbiamo deciso di non stare insieme, per poi tornare più innamorate di prima? Questa ripetizione continua, questa relazione altalenante, questo nostro tentativo disperato di lasciarci che si è dimostrato inutile infinite volte. Mi ha portato a scrivere
"Tanto domani
Torneremo uguali
Sai che ogni volta è così"
Ripenso al nostro litigio l'altro giorno. Il nostro amore aveva di nuovo superato il limite dell'amicizia facendoci comportare non esattamente da amiche. Un ragazzo mi si era avvicinato in discoteca e Ila si è subito intromessa abbracciandomi da dietro per poi lasciarmi un bacio sul collo, come se stesse marchiando il suo territorio. In quell'istante è anche stato piacevole, non posso negarlo. Saperla gelosa di me. Sentire il suo corpo conto il mio. Non posso negare che mi abbia fatto impazzire. Il problema è stato appena il ragazzo si è allontanato. Stavo per girarmi e ballare con lei, ma si è staccata da me e ha fatto il suo sorrisetto vittorioso. So che lo abbia fatto perché io le ho detto di restare amiche e lei non voleva sembrare una fidanzata gelosa. Però mi ha ferito molto. Vederla soddisfatta perché aveva fatto allontanare un ragazzo da me e non felice perché volesse davvero ballare con me, mi ha ferita. Ammetto che forse l'abbia presa un po' troppo male. L'ho spinta e sono uscita di corsa del locale. Lei mi ha seguita e ha provato a spiegarmi, ma io ero troppo annebbiata dalla rabbia per riuscire a vedere la situazione anche dal suo punto di vista. Lei mi aveva stretta a se solo per assicurarsi che nessun altro potesse avermi, non perché mi voleva. Questa affermazione mi ha ferita più di mille lame. Non ero sua. Non poteva decidere con chi stessim non poteva sentirsi in potere di scegliere ancora per me. Le ho urlato tutto questo in faccia e molto altro. Lei ovviamente ha iniziato a dire che la mia reazione fosse esagerata, magari ora riesco anche a vedere che parzialmente avesse ragione, ma in quel momento sentire ciò non ha fatto altro che farmi infuriare ancora di più. Siamo rimaste non so quanto fuori, ma penso abbastanza visto che i miei amici sono usciti per controllare. Abbiamo così deciso di tornare a casa, nessuna delle due sarebbe riuscita a rientrare. Siamo entrate nella sua macchina e lei ha privato a parlarmi ma io non riuscivo più nemmeno ad ammettere un suono. Le lacrime erano nei miei occhi e rischiavano di scendere al minimo movimento. Ho poggiato una mano sulla mia gamba e io, non riuscendo a resistere, gliel'ho stretta. Però tornate a casa, la rabbia ha preso nuovamente il sopravvento e sono corsa in camera mia sbattendo poi la porta e chiudendola a chiave. Ha bussato svariate volte provando a convincermi ad aprirla ma non volevo più sentirla. Avevo bisogno di tempo da sola per riflettere su tutto. Qualche ora dopo ci siamo incontrate sulla panchina e ci siamo chiarite. Lei mi ha detto che era stato un attimo di gelosia scappato dal suo controllo e una volta che si era resa conto non poteva dimostrarmi che fosse per quello, così lo ha smascherato, ferendomi nel processo. Abbiamo chiarito e fatto pace sotto la luna. Poi abbiamo continuato a parlare per ore, come nostra consuetudine.
"Ma sbatterò la porta per andare via
Ma è solo scena"

"Ci siamo se ci sei Sarah" mi dicono svegliandomi dalla trance in cui mi avevano gettato i miei ricordi. Ritro nn sala, metto le cuffie e la immagino davanti a me. Penso di dedicarle questa colazione. Spero che ricordi ogni singolo momento a cui mi riferisco, che le venga in mente quando ascolta le mie parole, che senta le emozioni che io ho provato mentre l'ho composta. Chiudo gli occhi ed eccola davanti a me con il suo sorrisetto fiero e gli occhi lucidi. "sono pronta" dico riaporendoli e ritorno il mio pensiero plasmato nella vita reale. Ila è lì fuori con Chiara. Quella stronza deve averla fatta venire apposta. Ha ascoltato già la canzone e sa che avrei voluto dedicargliela durante la registrazione. La guardo facendole telepaticamente capir che l'avrei ammazzata dopo, ma lei invece di preoccuparsi se la ride con Ila al suo fianco che deve aver intercettato il messaggio mentale e la copia. Sento la musica invadermi le orecchie e fisso il mio sguardo in quello nero pece della ragazza che mi perseguita, quella che non riesco a togliermi dalla testa, quella che non dimenticherò mai davvero. La guardo e le parole iniziamo ad uscire da sole. Mi concentro sul testo, sull'emozione, sul fiato, sulla pronuncia, sulle note. Almeno credo. Nella mia testa ci sono solo ai suoi occhi. Quello in cui mi rivedo sempre più bella di come sono. Quelli che luccicano quando mi guardano. Quelli che ora brillano dalla gioia e dalla fierezza. Quelli così profondi che mi leggono l'anima. Quelli in cui vedo ogni sua emozione, reazione delle mie parole. Vedo ciò che prova ed è ciò che io canto. Non metto nella voce ciò che provo io ma ciò che vedo in lei. Sembra strano. Lo so. Ma quando la guardo e le nostre anime so intrecciano, io non distinguo più i sentimenti dell'una da quelli dell'altra, i desideri dell'una da quelli dell'altra, le paure dell'una e dell'altra. Si mischia tutto. Siamo un'unica persona che prova tutto e non prova niente davvero. Per quanto si può negare qualcosa del genere?

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