Capitolo 1

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La strada è sterrata e polverosa, il vento porta il rumore della morte. Impiego qualche istante per rendermi conto di non essere più nel rifugio, assieme agli altri Abneganti, ma di nuovo nella zona di pericolo, in quello che una volta era il nostro quartiere. Prima che gli Intrepidi ci attaccassero, prima che l'erba dei nostri cortili si tingesse di rosso. Vago con lo sguardo alla ricerca del vicolo che porta al nostro rifugio ma non trovo niente. Tutto è così familiare e al tempo stesso lontano. Non c'è nessuno. Sento i battiti che accelerano sempre di più, con maggiore intensità, quasi il cuore volesse perforarmi e scappare dalla gabbia aggrovigliata che sono diventata. Il rumore di passi sul selciato mi fa voltare: un Intrepido alza il fucile. Il suo volto è impassibile, ha due cavità nere al posto degli occhi.

- Abnegante - scandisce la parola con voluta lentazza.

Lo guardo, mai stata così vicino ad un'assassino della mia gente. L'Intrepido mi sorride. E poi spara.

Mi sveglio con ancora in bocca il sapore del sangue, nel sonno devo essermi morsa la lingua. La stanza in cui mi trovo ha mura straniere che non hanno niente a che vedere con quelle di casa mia. Anche le coperte sono più calde e morbide, nel corso della notte mi si sono avviluppate come tentacoli così che adesso sono un tutt'uno di lenzuola e sudore. Sbatto in fretta le palpebre aspettando di riappropriarmi della lucidità. A poco a poco recupero la coscienza e con essa i ricordi, bruciano come tagli affilati.

Sono nella residenza dei Pacifici, l'unica fazione ad averci dato rifugio. È passato un giorno dall'attacco degli Intrepidi, sembrano mesi. Mi districo cercando di non svegliare le donne Abneganti nei letti accanto al mio, mia madre è poco più in là, ha la fronte distesa di chi ha finalmente ceduto alla stanchezza. In tempi normali aspetterei che tutti i membri della mia fazione si sveglino ma ho avuto un incubo, l'ennesimo di una lunga serie, là dove dovrebbe esserci il proiettile sento il cuore palpitare a ritmo costante. Cerco a tentoni la camicia grigia e le scarpe ma mi accorgo di averli addosso, abbottonati e allacciati, come se non fosse successo niente. Lentamente apro la porta della stanza che ci hanno dato per poi richiudermela alle spalle.

La residenza dei Pacifici è piena di luce con ampie vetrate e stanze spaziose. Quando siamo arrivati ieri sera era troppo buio per accorgersene ma adesso riesco a vedere l'immenso campo di grano che si estende per tutta la vallata, dopo aver visto tanto orrore è sconvolgente pensare che esista ancora un luogo così bello.

Un forte rumore mi fa sobbalzare. Gli Intrepidi! Mi accuccio contro la parete, il respiro affannato. Da quella che deve essere la sala mensa spunta un gruppo di ragazzini, tengono in mano strumenti musicali tra i quali c'è anche un grosso tamburo. Nel vedere la mie espressione spaventata alcuni ridacchiano, sento le guance farsi bollenti mentre mi rialzo.

Decido di fare colazione prima che si sveglino gli altri Abneganti, ho bisogno di assaporare di nuovo la quotidianità, di fingere che sia tutto normale. So che gli Abneganti mi capirebbero, è per questo che ho scelto di rimanere. Al contrario di Robert che è un Pacifico, e di Caleb che ha scelto gli Eruditi. Scaccio dalla mente i loro volti soffocando quella nostalgia che aspetta solo di scavalcare le mie difese per assalirmi.

La sala mensa è piena di Pacifici che parlano ad alta voce e ridacchiano, non sono abituata a tutto questo rumore. Mi servo in fretta per poi occupare uno dei pochi tavoli vuoti cercando di non dare all'occhio. Davanti a me c'è un gruppo di Pacifici, qualcuno ha appena fatto qualcosa di molto divertente perchè scoppiano tutti a ridere. Un ragazzo del gruppo si volta a guardarmi. Abbasso lo sguardo e mi concentro sulla fetta di pane da imburrare.

La sedia vicino a me stride - Susan? - Robert mi abbraccia, mi irrigidisco nel sentire le sue braccia attorno a me.

- Scusa, avevo dimenticato che voi Abneganti non amate il contatto fisico - quel voi brucia più di quanto pensassi. Mio fratello, fino a qualche mese fa Abnegante si sente di già parte della sua nuova fazione.

Robert si stacca da me e sorride - Mi sei mancata sorellina - .

- Anche tu - lo guardo bene cercando cambiamenti, ma è sempre lo stesso Robert a parte il viso più abbronzato e lentigginoso per via del lavoro nei campi e i vestiti rossi. Ha lasciato crescere i capelli, adesso i ricci biondi gli finiscono negli occhi.

Anche Robert sembra guardarmi, capisco che deve trattenersi dall'abbracciarmi ancora - Quando ho saputo dell'attacco ho pensato che tu ... - la voce gli muore in gola.

Immagini di bambini spaventati e rumori di spari mi si proiettano davanti. Sbatto le palpebre fino a farle scomparire, non è il momento di farmi vedere fragile .
- Sono riuscita a scappare assieme ad altri - spiego cercando di accennare un sorriso.

Robert annuisce, le spalle gli si abbassano, il viso contratto in una smorfia. Fin da piccolo ha sempre avuto difficoltà a parlare, sempre timoroso di toccare tasti dolenti. Percepisco la sua tensione mentre a stento tira fuori le parole che tanto gli premono - Ho saputo di papà - .

Come Marcus Eaton ed Andrew Prior anche nostro padre era al Consiglio dei capofazione il giorno dell'attacco. Nessuno di loro è più tornato. - Può essere stato ferito non è detto che sia morto - mormoro fissando un punto nel vuoto. Sappiamo entrambi che è una speranza vacua, gli Intrepidi sono crudeli e non lasciano superstiti. Non riesco ancora a capire come abbia fatto Beatrice a sceglierli.

- Dì a mamma che lo spero anche io - Robert mi prende una mano, è calda, rassicurante. Devo fare leva sul mio autocontrollo per non stringerlo forte a me.

- Puoi dirglielo di persona appena si sveglierà - esclamo, ho bisogno ora più che mai di vedere la nostra famiglia di nuovo riunita.

Robert mi guarda incerto - Lei non vuole parlarmi. - .

È quasi più violento di uno schiaffo. - Deve essere sconvolta per papà - sussurro - Non potrebbe mai pensare una cosa del genere - .

- La capisco, sono in un'altra fazione adesso - esclama Robert, c'è più maturità nella sua voce.

Anche lui sta andando avanti, l'unica che sembra essere legata al passato sono io. Serro la bocca per non dire qualcosa di cui potrei pentirmi. Tra noi due cala il silenzio.

Dal tavolo dei Pacifici qualcuno chiama Robert che si alza - Vuoi venire a mangiare con noi? Non saranno troppo invadenti se glielo chiedo - .

Sto per rispondere di no quando entra un bambino Pacifico, deve avere corso perchè ha le guance rosse - Ci sono degli Intrepidi e dei Pacifici - .

Quello che segue è un'insieme confuso di sedie spostate e grida di stupore, cerco di ritornare nel dormitorio ad avvisare gli altri ma la folla di Pacifici mi spinge fuori assieme a loro. La luce del sole mi fa socchiudere gli occhi, passano alcuni secondi prima che le figure ridiventino nitide. Lo spiazzo d'erba in cui si sono radunati è un'unica massa di persone dalle vesti brune e rosse. La portavoce dei Pacifici, Jhoanna Reyes parla con un Intrepido dandoci le spalle. Di fianco ci sono Beatrice con lo sguardo teso e Marcus Eaton. Tiro un sospiro di sollievo, è vivo. Immagino il sollievo che proverà tutta la mia fazione nel sapere che almeno un capofazione è sopravvissuto all'attacco.

Poi lo vedo. Sta sostenendo un Intrepido alto con la camicia inzuppata di sangue. Alza gli occhi e i nostri sguardi si incontrano. Il sangue inizia a fluire più velocemente, gli schiamazzi della folla passano in secondo piano. Caleb.








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