In questi ultimi mesi direi che la parola che mi ha caratterizzata è stata 'dolore'. Questa emozione fortissima che fa contorcere lo stomaco, vibrare il petto, ansimare. Purtroppo però è una sensazione negativa ed inutile. All'inizio ero convinta che il dolore almeno insegnasse qualcosa, che mi aiutasse a capire meglio che la vita non è sempre rosa e fiori. Insomma credevo, come viene scritto in molti romanzi di successo, che davvero la sofferenza potesse poi portare ad un lieto fine, che potesse indicarmi la strada migliore.
Invece io ho sperimentato la versione reale di tutto questo comprendendo che probabilmente gli scrittori che narrano del dolore non l'hanno mai provato fino in fondo.
Adesso sinceramente sono fisicamente e psicologicamente stremata, vorrei non provare più alcuna emozione, vorrei poter placare la tempesta all'interno di me però non posso farci niente. Non so da quanto io sia qui, raggomitolata su me stessa abbandonata in questo bagno a fissare un punto fisso dinanzi a me continuando a pensare e sperare. Spero in una vita migliore, in una svolta positiva che so già non arriverà mai.
Sovrapensiero scatto sulle mie fragili gambe, una volta erano agili e in carne mentre ora sembrano due stecchini.
Temo di entrare nella mia stanza, ho paura di trovarmi davanti la maledetta 'scatola dei ricordi.' A che serve? Non so nemmeno il motivo per il quale ho deciso di portarmela dietro, forse per un'opera masochista nei miei stessi confronti, tanto per auto infliggermi ancora più dolore.
La porta bianca si apre magicamente e subito due eleganti occhi color nocciola si appiccicano sul mio viso studiandolo.
《Dov'è la scatola?》
《Dov'eri? Come stai Rebecca?》
《Dov'è quella scatola?!》alzo la voce avvertendo uno spiacevole bruciore alla gola.
Supero Sandy, che rimane zitta, esaminando la stanza e fortunatamente non scorgo nessuna scatola.
《L'ho messa sotto il letto》cattura la mia attenzione Margaret con la sua voce stridula.
《Ascolta è meglio che tu te ne vada adesso, ci sentiamo stasera》 bisbiglia Sandy all'altra come se io non la riuscissi a sentire.
Mi volto verso la grande finestra che si affaccia su Seattle mentre sento sbattere la porta e sospiro silenziosamente.
Percepisco del movimento nella stanza, probabilmente la mia compagna si starà posizionando sul letto in attesa di trovare la frase adatta per iniziare un discorso che non porterà a niente.
Io invece osservo il mutamento che sta subendo il paesaggio, il grande salice è meno fiorente e la siepe ha iniziato a diventare marroncina. Mi piace molto l'autunno, tutto lentamente muore per poi prepararsi a rinascere, cambiano i colori accendendosi, l'aria è umida e pulita. Durante questa stagione le giornate si fanno più cupe, all'imbrunire si solleva un dolce vento che solitamente fa danzare le foglie più deboli e morenti che si adagiano poi sul terreno. Infine trovo affascinanti gli uccelli che migrano verso un posto migliore, quanto li invidio!
《C'è qualcos'altro che io devo sapere?》
《Riguardo che cosa?》 incrocio le braccia senza staccare gli occhi dalla finestra.
《Riguardo il tuo passato, che cosa contiene quella scatola?》
《Dei ricordi.》
《Non ti meriti tutto questo.》
Mi giro verso Sandy, queste sue parole mi provocano quasi divertimento. Che differenza fa se lo merito o no? A chi importa? Lei è così buona e la sua espressione pare così innocente da farmi quasi rabbia.
Per tutta risposta alzo soltanto le spalle perché non me la sento di spiegarle come sto realmente.
《Lo sa anche Margaret vero?》
《Mmh...beh...non》biascica impaurita.
《Basta ho capito, ma sinceramente non mi interessa nemmeno più.》
D'un tratto ho un'idea, mi è venuto in mente qualcosa che forse potrebbe soddisfarmi.
《Torno più tardi》 annuncio prendendo il cappotto.
《Sei sicura di...》
Prima che io abbia finito di ascoltare la frase richiudo la porta e saltello giù per le scale colta da un'improvvisa energia. È così perverso questo mio sarcarsmo, so che quello che sto per fare mi farà del male ed è proprio per questo motivo che sono entusiasta.
Come cazzo ho fatto a ridurmi così?Il venticello autunnale odora di brina e nell'aria si mischia il profumo della salsedine a quello delle foglie secche. Il campus è praticamente deserto così mi godo la bellezza di questa natura uscendo dal cancello d'ingresso.
Eccomi su una strada della collina di Seattle, in un centro abitato meno affollato della grande città ai miei piedi. Cammino senza sapere di preciso dove andare ma cerco un tabacchino, mi accontento anche solo di un'edicola. Le strade non sono trafficate e le villette sono molto diverse dai grattacieli in città. Insomma, si capisce di essere in periferia nonostante io non conosca questa zona.
"Finalmente" penso intravedendo un tabacchino. Sì, lo sto ufficialmente per fare.
Irrompo nel locale trovando subito una temperatura accogliente e differente da quella esteriore.《Buonasera》 mi saluta svogliato il vecchio signore dietro al bancone. Questo tabacchino è davvero piccolo, i giornali, vari giocattoli e oggetti differenti sono accatastati gli uni sugli altri e anche questo tizio avrebbe bisogno di una ripulita. È molto trasandato.
Oh ma dai, ma chi sono diventata, che cazzo me ne frega di questo posto e di questo tabaccaio! Io voglio solo un pacchetto di sigarette.
All'improvviso parte la suoneria del mio telefono e appare la foto di Marta, oh merda. Subito mi sento in colpa, come se lei avesse intuito che sto per fare una cazzata, mi ricordo la ragazza che sono e che ero. Non voglio rovinarmi ma in questo momento desidero solo punirmi.
Lascio squillare il cellulare e poi compro un benedetto pacchetto di sigarette e un accendino. Sono contenta ora, potrò avere ciò che mi merito, potrò farmi del male e castigarmi per tutta questa sofferenza.
Cammino poco più avanti specchiandomi alle vetrate mentre accendo una sigaretta, non ho mai fumato, ero una brava ragazza e non avevo bisogno di questa schifezza.
Prendo la sigaretta fra le labbra, senza stringerla con troppa forza però. Appena inspiro il tabacco tutto il fumo mi va in gola e tossisco, non sono molto pratica.
Il gusto fa schifo ma alla fine non è cosi orribile.Faccio un altro tiro e questa volta va meglio.
"Guarda" ordino a me stessa mentre osservo il mio riflesso ad una vetrina, sono soddisfatta immaginando i miei polmoni diventare grigi e la mia salute peggiorare.
Sono io quella ragazza disordinata con una ricrescita castana in testa da far paura, due occhiaie calcate, il cuore spezzettato e una sigaretta in bocca. Ma soprattutto sono sola.Ciao a tutti,
sono davvero dispiaciuta di non aggiornare da 2 settimane ma mi era impossibile. Nonostante io non sia stata attiva voi avete continuato a leggere la mia storia, quindi grazie♥Ora scrivo subito anche il prossimo capitolo così tra oggi e domani pubblico anche quello.
Come state comunque, come va la scuola?
Un bacio ;*
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BURN (in revisione)
ChickLit[STORIA COMPLETATA] "Loro non si definivano in alcun modo, erano una cosa rara perché si amavano come pochi ne erano capaci. Loro insieme sapevano di essere migliori. E questo gli bastava." Come un ciclone arriva quel ragazzo a tormentarla, a cambia...