CAPITOLO 67

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Scusatemi tanto per l'enorme ritardo, ho avuto troppe cose per la mente e non riuscivo a scrivere. Ho preferito "curare" nei dettagli questo capitolo piuttosto che presentarvelo spoglio.
Buona lettura...

Sollevo il capo. La terrazza di cemento sulla quale ci troviamo è molto ampia e spaziosa, ci sono dei tubi accatastati su un lato ma per il resto è completamente spoglia.

Mi avvicino al cornicione, ai piedi del quale è già seduto Jonathan, con molta lentezza ricordando la mia paura delle altezze. Siamo sopra tutto, la città sottostante mi riempie gli occhi.

Migliaia di luci si diramano a partire dalla collina fino al centro di Seattle. Riesco perfino a notare la lieve skyline delle alture.

I fiumi rossi dei fanali delle auto scappano da una via all'altra, le persone sono quasi invisibili, sono minuscole e senz'altro irriconoscibili. Camminano negli ampi marciapiedi formando quasi un flusso che si sposta in avanti e indietro.
I rumori sono distanti, si respira pace quassù.

Più mi avvicino al cornicione più il paesaggio sottostante si espande, vedo l'Oceano nero accarezzato dalla scia luminosa della luna. Proprio davanti a noi si solleva la Seattle Central Tower, anch'essa illuminata e altissima. È il punto di riferimento della città.

Da qui si possono notare le cose che dal basso, sotto i grattacieli non si possono vedere. Come l'insegna rosa dell'enorme centro commerciale sull'altopiano, che da questa prospettiva è quasi minuscola.
Tanti colori si mescolano, tante vite si incrociano sotto il mio sguardo.

《Wow.》
Sono attraversata dalla brezza.
Indirizzo poi lo sguardo verso il cielo stellato che ricopre tutto ciò e che è ancora più bello ed immenso. Le stelle appunto sono più brillanti del solito, ancora più evidenti.
 
《Quanto è alto questo palazzo?》

《Trentuno piani.》

《Cosa? È altissimo!》

《Hey, io non mi accontento di poco》sorride Jonathan.

Mi siedo davanti a lui premendo la schiena contro il suo petto. Le sue braccia mi stringono, mi scaldano. È una sensazione bellissima, sono cullata dal suo corpo.
Il cornicione ci ostacola un po' la vista ma riesco comunque a guardare una buona parte della città notturna.

《Siamo davvero a Seattle? È così diversa...》

《Eh già, le cose possono avere più facce, esattamente come le persone Rebecca, come noi due.》

Un piccolo soffio caldo mi accarezza il collo.

《Noi due?》

《Sì come tutte le altre persone. Tu sei diversa ora da come lo eri prima, ti comporti diversamente in base alle situazioni. Oggi per esempio hai fatto una cosa importante per me...》

《Cosa ho fatto? 》

《Hai cercato di starmi vicino e allo stesso tempo di farmi stare bene》mormora.
Stringo la sua felpa soffice.

《Io non...ehm...》

《Stai cercando di giustificarti? Perché?》
Fisso un punto fisso fra i palazzi distanti e le abitazioni a noi sottostanti.

《Non so che cosa dire》ridacchio. Che risposta stupida.

《Non parlare allora, parlerò io. Se vuoi chiedermi come sto riguardo l'adozione beh, sono ferito. Non so dove andrò a vivere, dove lavorerò ora che ho finito i due mesi al campus. Il mio obiettivo ora però è quello di trovare mia madre e di capire perché mi abbandonò.》

Chiedo soccorso alla mia mente per cercare qualcosa da dire.

《È una bella cosa, credo che tu debba cercarla. Ma prima dovresti cercare un lavoro, potresti chiedere a Richard se ti aiuta, lui ha contatti con diversi dj e discoteche.》

BURN (in revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora