Capitolo 55

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Era passata una settimana, e dopo altri sette giorni sarebbero iniziate le lezione all'università, io non ero psicologicamente pronta.
Appena tornata dall'aeroporto, avevo cenato con i miei genitori raccontando tutto il raccontabile, con loro era sempre una recita, non parlavo mai dei veri sentimenti che provavo o delle vere cose che mi succedevano, loro non mi capivano, non volevano capire.
Raccontai di Luna, Rose e di altre ragazze, raccontai della gara di Surf, dell'allenatore, di Margaret e la sua trasformazione e basta, non una parola su Dan, non una parola sulle feste, non una parola di tutto il tormento che c'era in me.
Subito dopo corsi a casa di Juliet dopo aver pregato i miei che erano contrari, erano sempre contrari su tutto, anche se avevo 18 anni, ma le cose dovevano cambiare in quella casa.
Passammo la notte a piangere, parlare, piangere, ridere e mangiare, non potevo chiedere serata migliore. Dopo aver parlato dei miei problemi, e averli condivisi con lei mi sentii meglio, e anche dopo aver ascoltato i suoi, che erano meno gravi ma comunque non trascurabili mi sentii più sollevata, ma ancora terribilmente giù di morale.
Continuavo a pensare a lui, a come aveva reagito e a cosa stava facendo, qualsiasi cosa facessi, mi portava a pensare a lui, qualsiasi cosa vedesse mi ricordava il suo viso, quando vedevo una cosa buffa pensavo a come sarebbe scoppiato a ridere e a quanto mi mancava la sua risata irresistibile.

"Charlotte, mi sono stufata!" Gridò mia madre mentre entrava in camera mia, il passaggio da Francese a Inglese fu abbastanza difficile, avevo iniziato a pensare in Inglese quando ero nell'Oahu.
"Cos'è, ti mancano i tuoi amichetti delle Hawaii? Perché non torni da loro, tanto qui non servi a nulla. È da una settimana che sei a letto e esci solo la sera per andare dalla tua amica!" Poteva essere più insensibile e incomprensibile? Oh sì..
Mia mamma era sempre così, una stronza, e io pregavo ogni giorno di non diventare come lei da grande, era per questo che cercavo sempre di essere gentile con tutti, anche se mi trattavano male. Mio padre invece se ne fregava altamente delle sue grida, non si schierava mai con nessuna delle due, nell'ultimo periodo era molto assente, e le uniche volte che lo si sentiva parlare era per litigare con mia madre, erano stressati e preoccupati, stavamo passando un brutto periodo economico e riversavano la loro tensione tra loro o peggio ancora su di me.
"Ma mi stai almeno ascoltando?!" No che non lo stavo facendo, ripeteva sempre le stesse cose...
"Si si.."
"MI SEMBRA DI PARLARE CON UN MURO!" gridò per poi sbattere la porta uscendo.
Sempre la solita storia.
Mi avevano avvisato che avrei dovuto cercarmi un lavoro al telefono, ma non ero in grado di interagire con nessuno in quel periodo, stavo veramente male..
Sentii bussare alla porta timidamente, sapevo già chi era.
Una testolina ricciola spuntò fuori dalla porta, era quel piccolo scricciolo di mio fratello.
Nell'ultimo periodo l'avevo trascurato parecchio, e per questo mi sentivo molto in colpa, ma in quei giorni ero piuttosto egoista, d'altra parte nessuno poteva capire ciò che stavo provando, e nessuno poteva riempire quel vuoto che c'era in me.
"Vieni" dissi facendogli segno di sedersi accanto a me, saltellò fino al mio letto mentre tutta la massa di riccioli che aveva in testa ondeggiava da una parte all'altra, sorrisi in modo dolce dopo tanto tempo.
"Allora, come va?" Dissi per sdrammatizzare la situazione che si era creata, veniva sempre per consolarmi dopo che litigavo con mamma.
"Così così" disse accoccolandosi tra le mie braccia, sentii il calore di quel piccolo corpo aderire col mio, e non feci altro che addolcirmi, mi era mancato tanto.
"Hanno litigato spesso in questo periodo?" Annuì tristemente, sospirai.
"I nonni stanno bene?" Non ero brava con i bambini, non ero la tipica ragazza dolce che i bambini adorano, facevo letteralmente schifo come sorella maggiore.
"Tutto Okay" disse, lui non aiutava molto però..
"Marc, scendi subito!Vieni a mettere a posto la borsa!" Gridò mia madre da sotto, urlava sempre, insopportabile.
"Corri, che se no ti mangia" dissi facendolo ridere, prima di andare si girò e mi salutò con la piccola mano.
Pochi minuti dopo che se ne era andato, sentii squillare il cellulare: Juliet.
"Ehi" "Holaa! Come va?" "Sfuriata con mia madre e una grande fame, tu?" "Chiamata con Thom e un'amica affamata, che vita pesante.. No sul serio, ti devo troppo raccontare quello che è successo." Disse con voce non troppo entusiasta.
"Ci vediamo fra dieci minuti per fare una passeggiata?" Proposi. "Speravo lo dicessi; al solito posto" chiusi la chiamata iniziando a cambiarmi.
Mi sentivo terribilmente in colpa per come ero stata assente per Marc, lui non era abituato ai litigi, io ci ero nata, io ero stata "l'errore" che nessuno si aspettava, io avevo stravolto le loro vite, lui invece era stato quello che aveva messo a posto tutto.
I miei genitori mi ebbero ancora  quando erano giovani, quando stavano finendo l'università, erano innamorati si, ma gli unici progetti che facevano per un futuro insieme, erano le vacanze con gli amici; fu un grande peso per mia madre portare avanti la gravidanza mentre cercava di finire gli studi, si l'aureò tardi, avendo perso un anno poiché spesso non poteva presentarsi agli esami.
I miei genitori appena nacqui, ebbero dei grandi momenti di crisi, i miei nonni si rifiutavano di aiutarli, contrari per tutto ciò che era successo, e quindi litigavano spessissimo. Io quindi, ero nata in mezzo ai litigi e le urla, non ci facevo più caso, anche se a volte era straziante sentirli insultarsi; cercavo di non pensarci sicura che, nonostante tutto, loro continuavano ad amarsi.
La situazione si stabilizzò quando avevo 13 anni, mio padre aveva ricevuto un aumento, e forse anche più autonomia e potere in azienda, e i soldi inziarono ad aumentare.
Quegli anni furono fantastici, si sposarono, mia mamma trovò un lavoro, e i miei genitori, da bravi risparmiatori, tenevano da parte soldi per futuri viaggi, futura università, ed emergenze; tutto andava a gonfie vele, così decisero di fare un altro bambino.
Solo un anno fa mio padre ebbe dei problemi a lavoro e i soldi iniziarono a mancare, mentre le urla e i litigi ad aumentare; ogni sera mio fratello veniva sotto le mie coperte e mi abbracciava, io non dicevo nulla, non sapevo cosa dire, ma a volte, anche un gesto può migliorare le cose.
Quest'estate evidentemente la situazione era peggiorata, e i miei genitori mi intimavano a prendere un lavoro per aiutare casa. Intanto, avevo lasciato Marc da solo, a sopportare i miei genitori, chi lo aveva abbracciato dopo ogni litigio? Penso proprio nessuno, i nonni paterni non erano tipi molto affettuosi, e quelli materni non li avevo mai visti.
Con questi pensieri uscii di casa, fortunatamente nessuno mi fermò chiedendomi spiegazioni, forse stavano iniziando a capire che ero maggiorenne.
Presi le scale e, dopo aver sceso quattro piani uscii dal portoncino cigolante del mio condominio.

Parigi, che grande città, la mia città. L'aria fresca di quel pomeriggio mi investì il viso provocandomi un brivido, in Francia stava arrivano l'autunno, ed io ero abituata al clima torrido delle Hawaii, il clima era stato un alto grande shock per me.
Adoravo passeggiare nella mia città, frenetica, sempre piena di nuove persone interessanti da osservare, sempre facce nuove, al contrario del paesino in cui avevo vissuto per tutta l'estate.
Il mio quartiere era molto bello, era tranquillo e frequentato bene, la via vicino alla mia, era attorniata da grandi palazzi ottocenteschi che amavo sempre fotografare o soltanto ammirare, era  una delle vie più belle di Parigi, forse perché non era conosciuta da tutti, anzi, quasi da nessuno, solo da chi ci viveva, nessun turista, nessuno, solo noi Parigini.
"Charlie!" Mi richiamò la voce di Juliet, avevo camminato così velocemente?
"Allora, racconta.." dissi iniziando a camminare lentamente, avevo il fiatone.
"Sai che ogni mattina mi sento con Thom vero?" Si sentivano ogni giorno, erano veramente carini insieme, ma il fatto di vivere così distanti li faceva stare male e anche io stavo male per loro, erano le due persone più importanti della mia vita, senza contare Dan.
"Oggi l'ho chiamato ed è stato terribile.." mi accigliai a sentire quelle parole, Thom era un ragazzo veramente dolce, cosa aveva potuto fare di così terribile?
"Era distaccato Charlie, rispondeva un po' a monosillabi e non mi ha salutato con Buongiorno Bellissima come fa sempre.." la guardai sorpresa per ciò che aveva appena detto, se ne accorse e abbassò lo sguardo sorridente, una Juliet sdolcinata e romanticona non ero proprio abituata a vederla.
"Ma la cosa peggiore." Disse alzando la voce e piantando i piedi davanti ai miei fermandosi. ".. é stata quando ho sentito una voce femminile.. Sembrava quasi teso quando la tipa ha parlato.. E se fosse la sua ex? Era una gran figa.."
"Sei sicura che non era sua madre?"
"Ma no.. che dici.." disse insicura ed iniziando a gesticolare a vuoto.
Alzai un sopracciglio in attesa di una risposta sensata.
"Perché non gliel'hai chiesto?"
"Non lo so ero pietrificata." Sbuffò, di solito non si faceva tutti questi problemi, prendeva sempre in mano le situazioni e faceva sempre la cosa giusta, Thom le faceva un grande effetto.
"Sarà stato distaccato perché era in stanza sua madre e magari si vergognava.. di sicuro è più sensato di pensare che ti stai tradendo dopo tre settimane, stiamo parlando di Thom! Ricordatelo sempre." Lo difesi.
Sorrise a testa bassa e i suoi lunghi capelli castani le caddero davanti coprendole il viso fino a quando non li spostò dietro l'orecchio.
"Tu come va?"
"Bene dai." Mentii, subito mi guardò per rimproverarmi, odiava quando le mentivo ma era più forte di me in quella situazione.
"Mia madre rompe.." "non é una novità.." scherzò lei, sapeva benissimo quanto fosse terribile mia madre, nonostante fosse una grande e forte donna, il suo unico difetto era quello di essere una stronza che saliva sulla testa di tutti, tranne quella di mio padre.
"Si ma continua a dirmi di andare a cercarmi un lavoro.."
"Charlie, sono in difficoltà, perché non cerchi qualcosa di semplice e vicino a casa?"
"Ho chiesto al Bar sotto casa mia ma non hanno bisogno di una cameriera." Sbuffai infastidita.
"E non ti sei messa più a cercare più nulla?" Mi rimproverò, a volte sembrava peggio di mia madre, ma da lei lo accettavo, lei lo faceva per il mio bene, non per sfogarsi come mia mamma.
"Non saprei fare altro, e poi ho l'università."
Guardai di fronte a me le poche macchine che procedevano veloci verso la propria meta, non sapevo a cosa pensare.
"Un'altra cosa che saprei fare è guidare.." dissi avendo paura della sua reazione.
"NON SEI SERIA SPERO?!" Sbottò.

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