16 (Parte prima)

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Era notte già da un'ora, quando Eckhard decise di fermarsi. Aveva seguito le orme finché pioggia e neve non le avevano cancellate. Poi aveva dovuto procedere a intuito. Nulla di cui si preoccuparsi, comunque. Gli bastava sapere di essere sulla strada giusta. Grazie a Blake, raggiungere i due fuggiaschi era solo questione di tempo. Si guardò intorno. Gli alberi erano piegati come tanti soldati di un esercito spettrale. Cancellò dalla mente quell'immagine e si mise in cerca di un po' di legna. Trovò insolito che il cavallo non si allontanasse.

«Non vedi l'ora che accenda il fuoco, eh? Questo freddo ti entra nelle ossa. Anche tu hai paura che ti si congelino e ti si spezzino come tanti cristalli?».

Blake scosse la testa e sbuffò. Il silenzio era assoluto e col calare delle tenebre la terra sembrò rilasciare ancor più umidità. Ormai Eckhard non riusciva a vedersi i piedi, immersi com'erano in uno strato lanuginoso alto mezza spanna.

«E di legna neppure l'ombra...», disse. «Dovrò rimediare da me». Prese l'accetta e si avvicinò a un tronco. Lo guardò cercando il punto migliore dove colpire, poi sollevò il braccio.

La lama non arrivò mai a destinazione. Blake nitrì accanto a lui facendolo trasalire.

Una mezza dozzina di figure stava emergendo dalla nebbia. Dapprima solo sagome indistinte, aloni nerastri su una bruma malevola. Poi i contorni si fecero più nitidi, come se la foschia partorisse i frutti corrotti del suo ventre.

Blake cacciò ancora un nitrito. Eckhard lo accarezzò, stringendo le dita sull'impugnatura dell'ascia. La spada era lontana dieci o forse quindici metri, inerme sul telo che aveva disteso per trascorrere la notte.

Cinque delle figure uscirono allo scoperto. Erano vestite di stracci e fra le mani avevano rozzi randelli di legno. Uno di loro maneggiava un forcone, mentre un altro aveva addirittura un martello la cui testa era talmente arrugginita da aver perso la sagoma originale. La figura che gli era più vicina gli sorrise. Nonostante l'oscurità, Eckhard vide le fessure fra un dente e l'altro. I vestiti erano logori e sporchi e il tanfo della Morte nera insopportabile.

Che cosa volessero era fin troppo evidente: le armi, i vestiti, le scorte. E Blake. Un cavallo di quella stazza li avrebbe sfamati per tutto l'inverno, ammesso che ancora ricordassero come conservare la carne.

Una sesta figura fece capolino, assicurandosi però di restare nascosta dietro il profilo di un albero. Eckhard cercò la presa migliore sull'ascia. Non era un'arma da battaglia ed era talmente corta che l'avrebbe costretto a combattere a distanza fin troppo ravvicinata. Ma almeno non era disarmato e, al momento, quella era l'unica vera buona notizia.

Uno dei banditi fece la prima mossa. Gli andò incontro e il bastone vibrò sferzando l'aria, troppo lento, però, per impensierirlo. Lui evitò l'attacco spostandosi di lato e sfruttò lo sbilanciamento dell'avversario per colpirlo. Nel silenzio della notte, il rumore dell'ascia che sfondava il cranio risuonò come un monito.

Gli altri banditi sembrarono sul punto di ripensare alle loro intenzioni e si voltarono verso la figura seminascosta dietro l'albero. La reazione fu immediata.

«Avanti, tutti insieme!» li incitò.

Le altre quattro figure si lanciarono all'unisono. Eckhard evitò un primo colpo e poi un secondo, mentre il terzo lo sfiorò appena alla spalla. Il quarto puntò dritto all'addome, ma lui reagì; l'ascia sibilò nell'aria e un orecchio volò nella notte.

Un grido animò il gelo e una figura si portò la mano al volto. Sangue nero gli macchiò le dita. 

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