13 (Parte seconda)

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«In questa locanda certe risposte non sono mai state gratis». «Uno scudo di rame, le tue informazioni non valgono di più». «Magari è vero, magari no. Nel dubbio ti conviene alzare un po' la posta».

Vikas serrò la mascella. Poi berciò una bestemmia fra le labbra. «Tre. Non uno di più».

«Mi sta bene. Che cosa vuoi sapere?».

«Te l'ho detto, chi c'era col Marcio l'altra notte?».

«Di sicuro il suo schiavo, l'eretico ritardato. Ma un paio di ragazzi hanno visto anche un'altra figura entrare nella bottega di Blutstad. Peccato che non sono riusciti a vederla bene in faccia col buio, la pioggia e questa maledetta nebbia».

«Ti stai giocando i tuoi tre scudi, Joren. Non mi stai dicendo nulla di utile».

«Quindi non ti interessa neppure sapere che questa mattina una guardia ha riconosciuto lo schiavo ritardato del Marcio, mentre abbandonava la città insieme a Shree Hildwike?».

«Una donna?!», Vikas avvertì un fremito e si ritrovò a sporgersi verso l'oste.

«Puoi giurarci. Una delle poche in questa maledetta città alla quale metterei volentieri l'uccello in bocca, se non fosse che col caratteraccio che si ritrova sarebbe capace di staccarmelo a morsi.» «Cos'è, una puttana?», domandò sentendo il cuore aumentare i battiti.

«Magari! Almeno potrei pagarla e scoparmela come si deve. No, è una ladruncola che vive di espedienti. Qualche furtarello, qualche poveraccio lasciato in un vicolo senza un sol... aspetta un attimo! Non dirmi che è stata lei a ridurti così?! Il grande Vikas si è fatto derubare da Shree Hildwike?».

L'oste sembrò sul punto di scoppiare a ridere. L'espressione cupa di Vikas parve però convincerlo a desistere. Si schiarì la voce:

«Allora, il regalo al naso è opera sua?».

«E io come faccio a saperlo?! Tu fatti gli affari tuoi e continua a raccontare».

«Non c'è molto altro da dire. Ma se mettiamo insieme tutti i pezzi, mi pare strano che quella sgualdrinella lasci la sicurezza, seppur minima, di Valissa, senza una valida ragione, no? A meno che, dopo tutto il parapiglia causato dalla morte del Marcio, non abbia paura di venire braccata. Mi pare che il ragionamento fili».

«Fila eccome...», sussurrò rivolto ormai solo a se stesso. «Quindi vuoi fargliela pagare per quel naso rotto? Non posso darti torto, deve fare un male cane».

Immerso nei suoi pensieri, Vikas avvertì solo in parte le parole dell'oste. «Come? Ah sì, sì... certo che voglio fargliela pagare. Mi ha rotto il naso e mi ha derubato. Voglio metterle le mani addosso e farle passare la voglia di giocare con i grandi».

«E abbandoneresti Valissa solo per un po' d'oro? Sicuro che ne valga la pena? Dai retta a me, resta qui, quella ragazzina non ha speranze là fuori. Se proprio dovesse farcela, prima o poi ritornerà e tu sarai qui ad aspettarla».

«No, voglio regolare subito questo conto. E ora dimmi, in che direzione è andata?».

«Bah, contento te... Si è diretta a Nord. Forse sta scappando da te, voi tagliagole fate spesso terreno bruciato, intorno a voi...». L'oste non mostrò alcuna remora a dire quello che pensava.

Dal canto suo, Vikas non sembrò colpito dall'accusa. Prese invece un sacchetto di cuoio e ne tirò fuori due scudi di rame. Li posò sul bancone e guardò Joren.

«Così non va bene, avevi detto tre...».

«Questi mi paiono più che sufficienti. Ho avuto una nottataccia, metà l'ho passata sdraiato nella merda e l'altra metà a farmi massacrare il naso da un macellaio che si spacciava per un chirurgo. Ho voglia di sfogarmi un po' e preferirei farlo con quella puttana. Ma se tu non sei d'accordo, possiamo vedercela io e te».

«Non mi sei mai piaciuto. Ma non c'è più nulla in questo schifo di città per cui valga la pena morire, nemmeno il tuo denaro. Perciò lasciami quei due scudi di rame e vattene. Il fetore della merda dove hai dormito non se n'è ancora andato e mi sta appestando la locanda».

Vikas si prese gioco di lui omaggiandolo con un ostentato cenno della testa, in un'assurda imitazione di gesti che aveva visto compiere ai sacerdoti di Nergal. Poi abbandonò lo sgabello e lasciò la locanda.

Meno di mezz'ora dopo, si era lasciato il tanfo di Valissa alle spalle.

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