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Vikas si guardò intorno. Il cavallo gli era accanto, il collo abbassato alla ricerca di qualcosa da brucare.

"Fatica inutile", pensò gettando un'occhiata al fango e alla neve che ricoprivano ogni cosa. "Morirai anche tu di fame, è solo questione di tempo", si disse osservando le costole dell'animale che risaltavano sotto la pelle tesa.

Sospirò e tornò a osservare il bivacco ai suoi piedi.

"Qualcuno è stato qua, non più tardi della notte scorsa. Qui è dove si è accampato, mentre lì è dove ha pensato di svuotarsi le interiora", pensò ancora.

Quattro bastoni contorti erano ancora infissi nel terreno. Ne dedusse che chiunque avesse passato là la notte si era riparato sotto una tenda o qualcosa che gli si avvicinava molto. A terra, non ancora del tutto cancellate, c'erano delle orme artigliate. Vikas si chinò a osservarle da vicino e a misurarne l'ampiezza con la mano. Rabbrividì nel rendersi conto che erano grandi quasi quanto il suo palmo.

"La puttana e lo schiavo. Ne sono quasi sicuro, erano loro".

Quel pensiero gli diede una sferzata d'energia. Era sulla strada giusta e doveva sbrigarsi. Il cavaliere si muoveva a cavallo e aveva un giorno di vantaggio. Vikas non poteva permettere che fosse lui a raggiungerli per primo.

Poco prima di proseguire, scorse un bastone semisepolto nella neve. Non si trattava di un ramo qualunque, quanto piuttosto di un randello. Oltre a essere levigato qualcuno, forse con un vezzo d'altri tempi, aveva avvolto del tessuto a una delle due estremità a formare un'impugnatura primitiva. Vikas dedusse che ci doveva essere stato un combattimento.

Pochi secondi dopo scoprì una grossa chiazza di sangue su di un albero. E più oltre anche orme nel fango, segni di lotta e impronte di zoccoli.

"Notte movimentata, si direbbe. Qualcuno è morto a giudicare da tutto quel sangue, ma dove sono i corpi? Qualcuno deve averli portati via. E del cavaliere nessuna traccia...".

Giunse alla conclusione che i banditi dovevano ancora essere in zona. Forse era una banda di disperati, creature infelici affette dalla Morte nera e pronte a tutto pur di sopravvivere.

Risalì a cavallo ed estrasse la spada. Il bosco taceva. Ma la pioggia continuava a cadere con intensità regolare. Gocce gonfie come sacche purulente si abbattevano sul fango e nelle pozzanghere, sollevando spruzzi in un'improvvisata coreografia.

Si guardò ancora intorno. Il cuore gli batteva più rapido nel petto. Le dita saggiarono l'impugnatura della spada. L'aria vibrò di tensione.

Vikas decise che non voleva più restare in un posto come quello. Senza smettere di guardarsi le spalle, diede di sprone e riprese il cammino. Gli alberi sembravano ora giganteggiare su di lui con le loro propaggini scheletriche, che a tratti parevano quasi cercare di ghermirlo. Era solo la sua immaginazione, lo sapeva bene. Ma quella consapevolezza non riusciva a dargli alcun conforto. Venendo meno ai suoi principi, rinfoderò la spada, cercò la presa più salda sulle redini e lanciò il cavallo al galoppo.

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