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Non fossero bastati i passi sul pavimento, ci avrebbe pensato il temporale a riempire il silenzio. Tuoni e fulmini si alternavano come nelle storie di fantasmi che i nonni raccontavano ai nipoti in anni perduti, come perdute erano pure quelle storie. Per spaventare i bambini, ormai, bastava nominare la Morte nera.

O la setta della Mors atra.

Avanzò petto in fuori, all'asciutto, ma non al caldo. Il vento gelido, anzi, sembrava trovare anfratti segreti in ogni angolo del palazzo. Gli occhi seguivano sentieri che conosceva a memoria, svoltando angoli e salendo scale, alla faccia di quei novizi che finivano sempre per perdersi.

Svoltò un angolo e si ritrovò davanti un'ennesima rampa di scale. Due guardie erano poggiate al corrimano e, nel vederlo comparire, si diedero solo una minima scossa. Il tempo delle formalità era finito. A pensarci bene, erano finiti tutti i tempi, salvo quello della sopravvivenza.

Degnò i due uomini di un vago cenno di saluto, in ossequio a un'etichetta di cui sembrava rimasto l'ultimo estimatore. Nessuno di loro rispose. Si limitò allora a ignorarli e proseguì per la sua strada. Affrontò la rampa salendo i gradini due a due, grazie a gambe lunghe e affusolate. Pochi attimi ancora e fu davanti a una porta. Aprì senza bussare e puntò diritto al camino, senza soffermarsi sull'altra figura. Le fiamme sembravano divertirsi a disegnare sui suoi indumenti ombre cui dare varie interpretazioni.

«Non mi saluti?».

«Ci siamo visti meno di un'ora fa», rispose senza voltarsi. «Sembri nervoso, qualcuno ti ha seguito?».

«No, no, figurati. Non è quello». «E allora che c'è?».

«C'è che questi incontri non sono più tanto sicuri. Meglio sbrigarsi».

«Cosa ti preoccupa?».

«Tutto quello che sta succedendo! Sta andando tutto storto». «Un tempo ti avrei detto di non angosciarti, perché ogni azione è affidata a Nergal. Ma suonerebbe quantomeno ridicolo, ora, non trovi? Ciò non toglie che abbiamo fatto quanto era in nostro potere. Adesso non possiamo solo aspettare».

«Aspettare cosa? Vikas non dà notizie. Il libro è perduto... perduto!», la voce assunse un tono querulo.

«Ti rendi conto che è il tuo sangue freddo a impressionarmi, vero?». Come battuta non era un granché, ma gli strappò comunque un mezzo sorriso. «Dobbiamo essere ottimisti. Vikas è partito da appena cinque giorni. Ci vorrà tempo».

«Tempo... Io non resisto più in questo covo di bugiardi e ipocriti». «Detta così, sembra quasi una minaccia».

Reagì con un'alzata di spalle. Poi si voltò e tornò a concentrarsi sulle fiamme. Riprese a parlare: «L'uomo che è venuto da Palash che ti ha detto?».

«Minacce a parte?».

Tornò a guardarlo. «Ti ha minacciato?».

«Oh! Sai bene come funziona in questi casi. A quanto pare, una cospirazione non può riuscire se non è condita da qualche minaccia, un po' di lividi e magari un paio di ossa rotte. Fanno scena». Ignorò l'ennesima battuta e proseguì. «E, a parte queste varie amenità, che cosa ti ha detto?».

«Che a Palash abbiamo amici potenti, su cui possiamo contare. E che la setta si è infiltrata bene in città. Ma mi ha anche ribadito che è di vitale importanza che Vikas porti a termine il suo compito. Un suo fallimento sarebbe di conseguenza un nostro fallimento».

«E qui torniamo alle minacce...».

«Già. Ma non mi sento di biasimarlo. Se si venisse a sapere che stiamo tramando a favore degli eretici, cosa pensi che accadrebbe?».

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