30 (Parte Prima)

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«Così adesso conosci la nostra storia, vecchio», Shree smise di parlare e guardò Abad.

L'uomo carezzava il vello sporco della capra, fissando le fiamme di un fuoco che si era andato assottigliando.

Lo sentirono sospirare. «Non sentite anche voi freddo?».

Si alzò a fatica; le giunture sembrarono solo un po' più collaborative rispetto a poco prima. Raccolse tre o quattro rami carnosi e li gettò sulle fiamme. Uno sbuffo di scintille accolse la legna. La capra sollevò appena il muso a guardarlo, poi tornò a sonnecchiare. Accanto a Shree, Gleb imitava l'animale, ciondolando la testa avanti a indietro. «Ora che sai la nostra storia, mi dirai che cos'è quella roba?».

Abad annuì, tornando a guardare la reliquia. «Te lo dirò. Potrei anche decifrarne il contenuto, ma ci vorrebbero mesi, se non addirittura anni. È scritto in una delle lingue più antiche di cui ancora si abbia memoria».

Lei sbuffò. «Non ho tutto questo tempo. Cosa puoi fare in una nottata?».

«La mia è un'arte e, come tutte le forme d'arte, ha bisogno dei suoi tempi».

«Non lo metto in dubbio. Ora però potresti saltare la parte romantica e venire subito al sodo?».

Per un attimo l'espressione sul volto di Abad s'incupì. Shree non era pronta a giurare che fosse dovuto solo alla sua insolenza; c'era qualcos'altro che il vecchio si ostinava a tenerle nascosto.

«Quello che hai così incautamente rubato...».

«Rubato a un ladro», lo interruppe lei. «Quindi, a voler essere precisi, non si è trattato di un vero e proprio furto».

«Dettagli», tagliò corto Abad. «Comunque quello che possiedi è il Libro sacro della Chiesa di Nergal».

Shree accolse quelle parole con un nuovo sbuffo annoiato. «Che fosse un libro era chiaro anche a me. E che fosse sacro a Nergal, dopo l'incontro con quel dannato cavaliere, pure. Quello che voglio sapere è perché vale così tanto... e soprattutto quant'è questo tanto». Il vecchio si mostrò paziente. «Esiste una sola copia di questo libro, una sola copia autentica. E data la tua... professione, sono certo che sai meglio di me che un oggetto unico ha un valore enorme. Se poi ci metti che si tratta del libro sacro del culto più diffuso al mondo, puoi intuire perché valga così tanto. La chiesa sarà disposta a tutto pur di riaverlo. E temo che farà impiccare chiunque sia connesso col suo furto. Ma magari tu riuscirai a rivenderglielo», concluse facendole l'occhiolino.

Shree reagì con un sorriso di sfida. «Ma io non ho alcuna intenzione di rivenderlo alla chiesa».

Abad sembrò perplesso, poi la sua espressione si sciolse in un cenno di condiscendenza. «Non osavo suggerirti un'idea del genere, ma sono contento che l'abbia avuta di tua iniziativa. In effetti riportarlo indietro potrebbe salvarti il collo e valerti la gratitudine imperitura della chiesa. Questo libro deve tornare nelle mani dei suoi legittimi proprietari. Se quello che mi hai raccontato è vero, e qualcun altro ha trafugato quest'oggetto dal Palazzo della Fratellanza, quel qualcuno non può che operare per conto della Mors atra».

Shree scoppiò in una risata. «La tua ingenuità mi sorprende, davvero. Con tutto il rispetto, vecchio, ma io con la gratitudine della tua chiesa mi ci pulisco gli stivali. Se questo libro interessa agli eretici, allora ho appena trovato un acquirente più interessante e facoltoso della tua inutile chiesa».

Abad impallidì. Poi il volto gli prese colore, divenendo quasi viola. Infine il labbro inferiore cominciò a tremargli.

Esplose: «Tu cosa?! Tu... tu non puoi! Questo libro è sacro a Nergal, è il bene più prezioso che la mia chiesa possegga. Qui, vergati con parole criptiche, dettate dal dio stesso, sono contenuti i comandamenti della nostra religione. Le storie del passato, i racconti della creazione del mondo e dei primi uomini. In questo libro c'è l'essenza stessa di ogni creatura, perfino dei gha'unt!».

Il tono del vecchio finì per svegliare Gleb.

Shree stava invece sorridendo. E la sua voce calò glaciale. 

«Io posso fare ciò che voglio, vecchio. Tu, piuttosto... Hai abbandonato la tua chiesa. Perché ora vuoi che questo libro torni indietro?».

«La mia fede può anche vacillare, ma nel mondo ci sono ancora individui che credono. Sacerdoti che lottano contro la rovina che si è abbattuta su di noi. Questo libro rappresenta il loro bene più prezioso, parla come se lo stesso Nergal parlasse. La speranza di quei sant'uomini è aggrappata a questo volume. Se tu lo consegni agli eretici, loro lo useranno per spazzare via la Chiesa di Nergal. Ascoltami, quel libro deve tornare ai suoi proprietari. Il suo contenuto è così potente che c'è il divieto assoluto di leggerlo! La parola di Nergal può essere accolta solo da occhi che siano della stessa essenza del dio. Come pensi che useranno gli eretici un simile, immenso potere?».

«Non lo so e non mi importa».

«Deve, invece! Perché si dice che in questo libro siano contenute verità che a nessuno è dato sapere. Se la chiesa cade, cadranno gli stessi pilastri che reggono il mondo!».

«Vecchio, tu sei un folle. Il mondo è già collassato e quei pilastri, ammesso che siano mai esistiti, sono venuti giù da tempo. E poi, se davvero ci fosse il divieto di leggerlo, perché tu stesso pochi minuti fa ti sei offerto di tradurlo?».

Abad abbassò la testa. D'un tratto non sembrò avere la forza di sostenere il suo sguardo.

«Io... perdonami... ti ho mentito», ammise. «In verità non avevo alcuna intenzione di tradurlo. Volevo solo fartelo credere».

«E perché?».

«Perché appena l'ho visto, l'ho riconosciuto. E se tu me l'avessi lasciato, io avrei potuto riportarlo a Valissa».

Shree sbuffò per l'ennesima volta. «Quindi non è vero che sei capace di tradurlo».

«Sì, invece! È solo che non era quella la mia intenzione. Io penso... penso che non sia un caso se voi due siate capitati qui. Forse non è un caso se Nergal mi abbia messo alla prova. Spingendomi qui, mi ha permesso di entrare in possesso del libro».

«Tu non hai niente, vecchio! Quel libro mi appartiene. Anzi, forse è il caso che tu me lo ridia».

La reazione di Abad fu improvvisa. Si strinse il volume al petto e cercò di arretrare. Shree si accorse che gli tremavano le braccia. «Dammi quel libro!», gli intimò.

L'uomo cercò di alzarsi, ma le gambe dovettero tradirlo, perché perse l'equilibrio e cadde, perdendo la presa sulla reliquia. Shree la raccolse e la ricacciò nello zaino. Aveva voglia di prenderlo a pugni, finché non avesse perso i sensi.

«Possibile che non sia rimasta gente normale a questo mondo?!». Abad cominciò a piangere, cercando invano di rimettersi dritto. Gleb non sembrò sopportare quella vista, perché gli si avvicinò e lo aiutò a rimettersi a sedere. L'altro singhiozzava come un neonato e si lasciava maneggiare quasi allo stesso modo.

Una volta aiutato, Gleb si voltò e fissò Shree in un misto d'ira e d'accusa. «Tttu... tu non devi trattarlo così... Lui èèè stato... buono con noi».

«Sentimi bene, schiavo, questo libro è mio e non permetterò a nessuno di portarmelo via!».

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