24 (Parte Seconda)

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Represse il fastidio di quel contatto e arcuò la schiena. Poi, sorprendendo perfino se stesso, cacciò un grido. Nell'istante in cui la prima sillaba gli usciva dalle labbra, scattò in avanti e irruppe nella casa roteando la spada.

Come attacco presentava più di qualche lacuna, ma la sorpresa fu assoluta.

Mirra, la più vicina alla porta, fu la prima a essere raggiunta. Il fendente, dato a casaccio, la colpì al viso nell'istante in cui si voltava attratta dal frastuono. La lama le aprì uno squarcio su un lato del volto, accompagnato da un urlo in cui dolore, panico e sorpresa si mescolavano in proporzioni uguali. Uno spruzzo di sangue colorò il bordo del tavolo, tracciando una striscia lunga quasi un metro.

Gleb nemmeno guardò che cosa aveva fatto. Continuò invece a gridare, mulinando la spada in fendenti privi anche della più elementare tecnica. Joseph e Johann si voltarono, mentre la donna cadeva a terra con le mani sul viso.

Lui menò una serie di fendenti imprecisi col solo scopo di allontanare i due uomini da Shree. Riuscì nell'intento, mentre entrambi ruggivano la loro furia. Johann scoprì i denti come una fiera; Joseph si voltò a raccogliere il coltellaccio poggiato sul tavolo.

Gleb non attese. Si chinò e afferrò Shree per un braccio. Lo strattone fece cadere la ladra a terra e battere la testa. Lui non se ne curò e cominciò invece a trascinarla fuori.

I due uomini reagirono. Joseph scavalcò Mirra ancora intenta a gridare; Johann calcolò invece male le distanze e inciampò sulla donna.

Nell'istante in cui il primo lo raggiunse, Gleb si ritrovò all'aperto. Lasciò andare la ragazza che finì distesa nel fango, il volto schiaffeggiato dalla pioggia e i capelli incollati alla fronte. Poi si chinò in un movimento goffo e scoordinato. La lama dell'uomo trovò l'aria, invece della carne, per il semplice fatto che Gleb perse l'equilibrio e cadde di spalle.

Joseph gli fu subito addosso. Gli si sedette sul petto e affondò il coltellaccio. Lui ebbe la prontezza di scansarsi. L'attacco andò a vuoto e lui rispose sollevando la spada e ruotandola senza alcuna precisione.

La lama colpì l'uomo su un lato del viso solo per mera fortuna. Aprì una ferita non grave, ma sufficiente a stordirlo. Libero dalla morsa, Gleb lo scansò via e si alzò giusto in tempo per vedere la sagoma di Johann caricarlo a testa bassa.

La paura gli paralizzò i muscoli, ma non abbastanza. Si chinò e allungò in avanti la spada. Johann si rese conto del suo errore con un attimo di ritardo. Provò a frenare la corsa, ma i piedi slittarono sul terreno viscido e finì contro la lama, impalandosi da solo. Seguì un istante di silenzio. Poi la sagoma dell'uomo crollò in ginocchio, strappandogli via la spada.

Ancora concentrato su quella scena, Gleb non sentì i passi in avvicinamento.

Il pugno lo raggiunse ai reni, mozzandogli il respiro. Spalancò la bocca privo anche del fiato per gridare. Un istante dopo si accasciò a terra. Il dolore risalì, incendiandogli schiena e collo. Fece in tempo a voltarsi e a scorgere il ghigno feroce di Joseph. Una striscia di sangue gli decorava il viso, là dove la spada l'aveva raggiunto. Se stava soffrendo, non lo dava a vedere. Il suo volto era un concentrato di rabbia e sadica soddisfazione.

Si chinò e raccolse il coltellaccio. La lama ricurva abbracciò un lieve barlume di luce, mentre nubi nere si specchiavano sull'acciaio smussato. Gleb alzò una mano lorda di sangue e fango in una disperata richiesta di clemenza. L'uomo reagì passandosi la lingua sulle labbra, come se stesse gustando il suo terrore.

Però un urlo attirò la loro attenzione. Si voltarono videro Shree in piedi, la spada in pugno, che correva verso l'uomo. Un istante ancora e gli piantò la spada nello sterno. Gleb avvertì gocce di sangue ancora caldo picchiettargli sulla mano sollevata a chiedere pietà. La ladra estrasse la spada dal corpo di Joseph e lo lasciò cadere senza alcun riguardo. Poi allungò la mano e lo aiutò a rialzarsi.

«Che... che diavolo è successo qua?!», quasi gli urlò in faccia come se fosse colpa sua. Era spaventata, perfino lui lo capì. E tuttavia anche arrabbiata, come una preda messa all'angolo.

Cercò di risponderle, ma non ne fu in grado. Le labbra gli tremavano troppo per riuscire a controllarle.

«Allora? Perché diavolo ero sdraiata sotto la pioggia e questi due stavano cercando di ucciderti? Che hai fatto, eh?!».

«Iiio... llloro... loro ttti hanno drogato... cre... credo volessero mangiarti».

«Volevano cosa?!». 

«Mmma... mangiarti».

La ladra si spostò i capelli lerci da davanti agli occhi. Gleb sentì il suo sguardo su di sé e fu contento quando lei lo oltrepassò raggiungendo la porta della casa. Sulla soglia Mirra mugolava il suo dolore, le mani ancora premute sul viso; il pavimento era decorato dalle sue impronte insanguinate.

Nonostante la mano le coprisse buona parte del viso, non riusciva a nascondere lo squarcio e il lembo di pelle che ricadeva come il petalo di un fiore appassito.

Shree sollevò la spada e gliel'affondò nel petto.

Gleb si portò una mano alla bocca. Poi si voltò e vomitò quel poco di zuppa che aveva nello stomaco. Chino sulle ginocchia, sentì la voce della ladra.

«Quando hai finito vieni in casa. Passeremo qui la notte e domani mattina di buon'ora ci rimetteremo in viaggio».

Gleb annuì, mentre si puliva un angolo della bocca con la manica sudicia.

«P-p-perché l'hai... l'hai uccisa?».

La ladra ricambiò con uno sguardo impassibile. «E perché no?».

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