8 (Parte prima)

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Aprire gli occhi fu doloroso, ma mai quanto scoprire di avere ancora un corpo fisico. Indossava i suoi vestiti e poteva sentire il contatto gelido della tunica bagnata sulla schiena e quello altrettanto sgradevole dei calzoni. Rabbrividì e il brivido gli risvegliò una fitta dolorosa.

La stanza era buia, a eccezione di un chiarore la cui fonte gli era ignota. Non avrebbe saputo dire se era mattina, sera o notte. «Pensavo saresti morto. La tua tempra mi sorprende».

Una voce emerse da un punto indistinto. La cercò e alla fine vide una figura ferma in un angolo. Nell'oscurità riuscì a scorgere solo i denti che brillavano bianchissimi.

Provò ad abbozzare una risposta, ma tutto quello che gli venne fuori fu un'aria che sembrava essere rimasta troppo a lungo nei polmoni.

La figura avanzò per fermarsi a un metro appena da lui. Aveva una postura ingobbita, quasi che avesse fatto troppi inchini. «Che cosa è successo, Vikas?», parlò puntandogli gli occhi al petto. Vikas cercò di rispondere, ma la gola protestò e si oppose. Si sforzò allora di sollevare una mano e indicò una brocca. L'altro intuì i suoi desideri e reagì con uno sbuffo indispettito. Poi però gli versò dell'acqua in un boccale e glielo accostò alle labbra. Ne risultò un gesto cortese. Vikas si domandò se davvero quell'uomo fosse lo stesso che gli aveva permesso di penetrare nel Palazzo della Fratellanza e compiere il suo furto blasfemo.

«Gra... grazie» balbettò.

«Mi hai deluso», il tono passò rapido dall'indifferenza all'irritazione. «Lo so. Sono sta...», tossì, «...stato preso di sorpresa». «Qualcuno ti ha seguito?».

Vikas scosse la testa.

«Bene, perché ero l'unico a sapere che avresti compiuto oggi il tuo furto. Non l'avevo detto nemmeno a lui. Questo dovrebbe escludere un tradimento. Perciò non mi rimane che pensare che a ridurti così sia stato un ladro... un comune brigante di questa città decadente! Bah, lasciamo stare. Raccontami che cosa è successo, piuttosto».

Vikas riferì quel poco che ricordava. Non omise alcun particola-re, dal momento in cui si era introdotto nel Palazzo della Fratellanza, a quello in cui era entrato nella stanza; dall'uccisione del monaco, alla fuga e all'aggressione subita.

L'altro ascoltò in silenzio. E solo quando lui concluse si lasciò andare a un'imprecazione. Poi si passò le mani sulla tunica, a lisciare pieghe inesistenti, e si ricompose.

«Questa è una tragedia, lo capisci, vero? Era da mesi che organizzavamo il furto e ora la tua incuria ha rovinato tutto!».

«Mi dispiace...».

«Ti dispiace?! Beh, non mi basta! Ti rendi conto che un comune ladruncolo adesso possiede il tesoro più prezioso della Chiesa di Nergal?!».

Vikas non ebbe il coraggio di reagire. Se ne restò immobile, la bocca aperta a respirare un'aria che si faceva di minuto in minuto più pesante.

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