Gleb non si svegliò subito. Ma quando infine aprì gli occhi e fece per muoversi, lei lo tenne immobile. Gli premette la mano sulla bocca e vide gli occhi dello schiavo sgranarsi spaventati.
«Shhh...», fu un sibilo appena.
Ma lui sembrò afferrare al volo la situazione. Non si mosse, non parlò, non respirò nemmeno. Restò invece disteso a guardarla. «C'è qualcosa là», fu un sussurro roco.
Gleb mosse appena la testa a guardare oltre il fuoco. Restò così per diversi secondi.
Poi qualcosa ringhiò a non più di tre o quattro metri da loro.
Lo schiavo tornò ad abbassare la testa di scatto. Shree lo fulminò con lo sguardo.
La mano di lei stringeva la spada, ma qualcosa lei suggeriva che non sarebbe bastato tutto l'acciaio di Valissa a proteggerli.
Gleb si rannicchiò, avvicinando talmente le gambe al resto del corpo, che le ginocchia sembrarono un tutt'uno col busto. Shree spostava lo sguardo ora allo schiavo, ora al buio. A ogni minuto che passava, i suoni si facevano più distinti e tuttavia ogni volta arrivavano da una direzione diversa.
All'improvviso, uno dei rami nel fuoco scoppiettò. Entrambi sobbalzarono. Lui cacciò un gridolino, Shree lo afferrò per la spalla. «Preparati!».
*
Gleb sentiva il cuore battere nel petto così veloce, che pensò sarebbe scoppiato. Intuì però che cosa doveva fare. Allungò la mano verso la spada che aveva preso dalla bottega di Leif.
Le dita si stagliavano lattee sullo sfondo tetro della notte. Per quanto si sforzasse, non riusciva a togliersi dalla mente l'immagine di zanne che emergevano improvvise dall'oscurità, per trascinarlo via. Decise di chiudere gli occhi e si mosse alla cieca. Pochi attimi e strinse l'arma. Una zaffata gli aggredì le narici. Strizzò gli occhi spaventato. Seguì un latrato cupo. La paura ebbe il sopravvento e Gleb ritirò indietro la mano in maniera così maldestra che la spada gli sfuggì sbatacchiando. Shree lo fissò. Sembrava incredula, più che arrabbiata dalla sua goffaggine.
Ormai ridotto a un mucchietto di pelle e ossa così compatto da occupare lo spazio di un neonato, Gleb allungò le dita e riprese la spada. Poi si sollevò, accanto alla ladra.
«Io... c-c-che... che...».
Lei scosse la testa. Si portò l'indice davanti al naso a fargli cenno di tacere. Lui vide i suoi occhi verdi baluginare come una lama. La invidiò. E pensò che non aveva mai incontrato una donna così. Nello stesso istante, il fuoco crepitò e gran parte delle fiamme scemarono.
Una sagoma scura si mosse vicinissima a loro.
Gleb fu più rapido di Shree. Afferrò quel che restava della legna e la gettò sul fuoco. Erano pochi legnetti sottili e una manciata di foglie marce, che si accesero subito facendo una fiamma tanto alta quanto effimera.
Nel fuoco che si smorzava, quasi subito i due videro il profilo di una creatura terrificante.
Poi qualcosa brillò in lontananza. Un leggero chiarore, una luce lattiginosa emerse tra le nubi, frammentata dalla pioggia.
Il ringhio risuonò ancora. Ma stavolta era un po' più lontano. Gleb annusò l'aria come un animale in trappola e sentì solo odore di terra bagnata e quello dell'ozono che crepitava nell'aria. La nebbia rotolava come il respiro del bosco, trapassata dalla luce smorta di un nuovo giorno.
In quell'attimo, il fuoco si spense. Lui sussultò, strizzando gli occhi. L'ultima immagine che colse fu un'enorme sagoma scura che svaniva nella nebbia, come certi incubi che al risveglio lasciano solo un terrore incomprensibile.
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Pestilentia
FantasyUn ragazzo in fuga da qualcosa che non doveva essere liberato. È l'inizio della fine. Quattro secoli dopo, il mondo è un ammasso purulento. Una pestilenza ha spazzato via quasi ogni forma di vita, e il gelo ha stretto nella sua morsa gli ultimi supe...