26 (Parte prima)

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Gleb si lasciò cadere su di un masso. E là restò, ingollando un'aria gelida che gli bruciava come se inghiottisse carboni ardenti a ogni respiro.

Shree lo sferzò: «Che intenzioni hai?». «I... i... io... sssto morendo di freddo».

«Anch'io. Ma restare fermi sotto l'acqua non ci aiuterà. Perciò vedi di alzarti».

Lo schiavo annuì, ma non diede seguito a quanto gli era stato ordinato.

Lei attese solo un'altra manciata di secondi. Poi l'espressione sul suo viso mutò di pari passo con l'umore. «Ti ho avvertito più di una volta! Se mi rallenti, ti lascio indietro. E non credere che non lo farò solo perché mi hai salvato da quei tre pazzi che volevano banchettare col mio culo. Quindi o alzi il tuo e ricominci a camminare, o ti lascio qui. Vedi tu cosa preferisci».

Gleb poggiò le mani sul masso e, pur con enorme fatica, si alzò. Sollevò la testa e la guardò. «Ho... ho le mmmani co... ccco... congelate».

Aveva labbra esangui e una striscia di muco congelato sotto al naso, come due baffi disgustosi.

«Dannazione a te! Perché non hai preso un paio di guanti dalla bottega di quel bastardo di Leif?!».

«Nnn... n... non ci... ci ho pensato».

«Sì, va bene, lascia stare. Lo sai che il tuo balbettare mi dà ai nervi. Vediamo se ho ancora qualcosa per te».

Nel posare lo zaino a terra, Shree tornò a domandarsi perché non si decideva una buona volta a mollarlo là. Gli avrebbe fatto solo un favore. Ancora un'oretta o due di freddo, poi Gleb si sarebbe addormentato e ogni sofferenza sarebbe svanita con il primo sonno.

Invece affondò le mani nel sacco e tirò fuori una losanga di stoffa, di poco più di un metro di larghezza. Gliela lanciò.

«Non ho altro. Avvolgila sulle spalle, magari ti terrà un po' più caldo. Ma è solo un prestito, proprio come la tunica!».

Lui fissò il pezzo di stoffa con una buona dose di sconforto, ma non si lamentò. Ci si avvolse come un baco nel suo bozzolo e la guardò, forse aspettandosi un commento. Shree lo ignorò, riprendendo a camminare.

Pochi istanti e udì i passi dello schiavo che le veniva dietro.

*

Gleb avanzava con lo sguardo fisso sul sentiero roccioso. La stoffa era troppo corta e gli lasciava scoperta la schiena là dove la pioggia e il freddo si stavano concentrando. Il gelo lo mordeva all'altezza dei reni e la sensazione di umido arrivava ormai a lambire le ginocchia, dopo aver già conquistato cosce e glutei. Alle mani aveva perso ogni sensibilità; nel guardarle le trovò rattrappite come artigli.

Mai, prima di quel giorno, aveva creduto che un corpo potesse provare tanta sofferenza. Se il suo dio pagano aveva ideato un inferno, doveva essere simile a quella montagna. Forse solo un po' meno freddo.

Invidiava Shree per la sua forza d'animo. Spesso aveva sentito dire, da Leif o da quelli che frequentavano la sua bottega, che le donne erano tutte sgualdrine senza tempra. Per quel che aveva visto lui, invece, a Shree il temperamento non mancava. E neppure il coraggio. Forse la voglia di arrivare a Palash e diventare ricca le dava le energie di cui aveva bisogno. Pensò che imitarla l'avrebbe aiutato, ma poi si rese conto che lui non aveva una motivazione altrettanto valida. Sospettava che la capitale sarebbe stata per lui solo un nuovo posto dove essere maltrattato.

Uno schiavo è uno schiavo, in qualunque parte del mondo.


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