Il corridoio era vuoto. Vikas si mosse con passi incerti alla ri-cerca di movimenti sospetti. Il luogo era deserto a tal punto da
sembrare non aver mai ospitato alcuna forma di vita. Scivolò lungo le pareti, tendendo l'orecchio a ogni passo.
Quando gli era stata riferita la natura del suo incarico, si era in-formato solo sull'entità della ricompensa. Aveva dovuto tirare un po' sul prezzo – l'emissario era stato più pidocchioso del solito –, ma alla fine era riuscito a strappare abbastanza scudi d'oro da poter passare i successivi sei o sette mesi tra le braccia di qualche puttana, a sperperare in alcol tutte le sue fortune.
Quel pensiero dissoluto fu accompagnato da una sensazione di calore che dalla gola gli scese ai lombi. Si prese un paio di secondi per gustarla, poi la ricacciò dove non poteva distrarlo. Non era quello il momento di pensare ai piaceri della carne.
Fu proprio quella formula, "piaceri della carne", tanto cara a padre Abraham, a riportagli alla mente i ricordi dell'infan-zia e del religioso che gestiva, con una disciplina che defini-re ferrea sarebbe stato riduttivo, l'orfanotrofio nel quale era cresciuto. Quel sacerdote bastardo aveva la mano pesante e inculcava il credo di Nergal a colpi di frusta; un metodo cor-rettivo cui faceva ricorso ogni qual volta gli orfani affidati alle sue cure tendevano a eccedere nei piaceri terreni. Piaceri che, per padre Abraham, erano tutto ciò che non riguardava la preghiera: mangiare ogni giorno, trascorrere qualche ora all'aria aperta o anche soltanto il ridere erano motivo di seve-re punizioni corporali.
La porta lo costrinse a tornare con i piedi per terra. Una finestra si apriva alla sua sinistra, ma fuori l'alba era così buia che non si vedeva quasi niente. Nubi plumbee rotolavano in direzione di Valissa, mentre la pioggia continuava ad abbattersi sulla città quasi volesse sommergerla.
Per un istante si ritrovò a sperare che fosse davvero così. Non era un'eventualità tanto improbabile, dopotutto, considerando che quel dio che conosceva fin dal suo primo vagito non era né buono, né misericordioso. Era invece un dio violento e collerico, che non amava i suoi figli, ma che tutt'al più li sopportava; un dio che, in un tempo remoto, aveva sterminato l'umanità affogandola in un diluvio del quale ancora si aveva memoria.
Guardò la porta e infine aprì.
La stanza non era vuota come avrebbe dovuto. Un uomo avanti con gli anni e con indosso una tunica da sacerdote era a non più di una decina di metri da lui. «E tu che ci fai qui, non dovresti essere alla funzione come tutti gli altri?».
STAI LEGGENDO
Pestilentia
FantasiUn ragazzo in fuga da qualcosa che non doveva essere liberato. È l'inizio della fine. Quattro secoli dopo, il mondo è un ammasso purulento. Una pestilenza ha spazzato via quasi ogni forma di vita, e il gelo ha stretto nella sua morsa gli ultimi supe...