20 (Parte seconda)

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Una spruzzata di efelidi gli decorava un naso aquilino dai tratti nobili; indossava un saio lercio e si reggeva a un bastone contorto. Eckhard non vide alcuna traccia del morbo e neppure le cicatrici delle piaghe ormai guarite. La Morte nera non lo aveva mai colpito.

Il simbolo sacro di Nergal gli pendeva dal collo. Nella luce iridescente, il metallo sembrò quasi ammiccare nella sua direzione. «In ginocchio!».

Non reagì. L'altro abbatté il piede su di lui come un maglio. Un dolore lancinante gli esplose nella coscia. Perse quel poco di sostegno che aveva e crollò a terra.

L'uomo col simbolo di Nergal annuì ad accogliere quell'omaggio tutt'altro che spontaneo. Poi gli sorrise e fece un cenno con la mano. Due uomini emersero alla sua destra, trascinando Blake.

Il cavallo provava a scalciare e a opporsi, ma era evidente dalle ferite che gli decoravano il pelo che i suoi aguzzini non avevano lesinato in frustate e bastonate. Per evitare che mordesse, gli avevano legato la bocca con una corda che gli aveva inciso le carni.

Fu un'immagine straziante. Eckhard scattò in piedi, ma l'uomo che gli era accanto lo colpì al fianco. Il dolore lo attraversò, mentre crollava di nuovo in ginocchio. Blake reagì con uno scarto e uno dei due uomini lo colpì con un grosso bastone. Lo schianto fu tale che il rumore rimbalzò nella palude e il legno si spezzò.

«Il tuo nome», la voce dell'uomo era inespressiva. Intuì che opporsi non avrebbe avuto senso. «Eckhard Uriel Vanemburg». Un lieve mormorio si levò fra la gente. Come in un improvvisato tribunale, le persone si erano sedute alle sue spalle, chi sui tronchi, chi a terra, chi ancora su massi ricoperti di muschio. Davanti a lui, invece, l'uomo col bastone si ergeva come giudice e giuria. «Un nobile, non ne avevo dubbi. Tutto in te suggerisce le tue origini». «Non sono un nob...».

Il sacerdote sollevò una mano e una figura lo colpì, questa volta col dorso della mano. Il colpo fu più insolente che doloroso. «Sei ospite qui, ma non ti è data facoltà di parlare se non su mia esplicita richiesta».

«Blake nitrì e provò a scalciare. In risposta anche l'animale ricevette la sua porzione di istruzioni sul giusto comportamento da tenere. «Io sono un sacerdote di Nergal e questa è la mia gente. Come vedi, sono povere anime sperdute, allontanate come reietti da un mondo che non li vuole. Io li ho raccolti e veglio su di loro. E con loro sto costruendo una nuova società dove non ci sono differenze di status e dove siamo tutti uguali, proprio come Nergal ci ha concepito. La tua nobiltà è un'offesa per noi».

Eckhard rimase in silenzio.

«Bene, vedo che hai già imparato come comportarti. Me ne compiaccio. Ma resta che il mondo è andato in rovina a causa dei privilegi di cui per secoli la vostra casta e quella dei corrotti sacerdoti di Nergal si è ammantata. Nella sua infinita saggezza, tuttavia, il nostro amato dio ha scatenato la Morte nera per riportare il mondo a un tempo più puro, in cui tutti gli uomini erano uguali. Questo è il suo vero disegno. Non oggi e nemmeno domani, ma verrà un tempo in cui il nostro culto, il vero culto di Nergal, tornerà a dominare. In attesa di quel giorno, noi ci preoccupiamo di fare la nostra parte e punire quelli come te, membri di una casta guerriera che per troppo tempo ha sfruttato la povera gente. Dove sono adesso il tuo acciaio e la tua forza, cavaliere?».

Eckhard notò che l'uomo parlava con tono controllato. Anche la sua espressione era lucida. La gente lo ascoltava con la stessa attenzione con cui gli abitanti di Palash ascoltavano il sommo Padre. Eckhard aveva incontrato spesso sacerdoti di Nergal rinnegati, individui che prima avevano ricevuto l'immunità al morbo, e poi avevano abbandonato la santa madre Chiesa. Erano solo altri eretici, diversi dai membri della Mors atra, ma non per questo meno pericolosi.

«Sarai punito, cavaliere. E sarà punito anche il tuo cavallo. Tu arderai sul rogo per espiare i tuoi peccati. Il tuo animale invece sfamerà la mia gente. In questo, modo una piccola parte di ciò che hai tolto al mondo sarà restituita. Il resto del conto lo salderai direttamente a Nergal».

Eckhard si sentì impotente. Cercò con lo sguardo una via di fuga, ma un gesto dell'uomo catturò di nuovo la sua attenzione.

«Il tempo è giunto».

Dietro di lui il mormorio crebbe. Quasi nello stesso istante, il sacerdote sollevò le braccia al cielo, muovendo in gesti concentrici il bastone. Poi si voltò verso i due uomini che reggevano Blake.

«Eseguite».

Eckhard scorse lo scintillio metallico della sua spada. E, prima che potesse rendersene conto, un uomo affondò la lama nella gola di Blake. L'animale spalancò gli occhi, senza emettere un solo lamento. Il sangue sgorgò e macchiò il terreno. Lui uggiolò e scattò in piedi, ma l'uomo che gli era accanto tornò a colpirlo.

Due pugni in sequenza lo centrarono ai reni e lui cadde a terra. Il dolore gli incendiò la schiena, ma quasi non se ne accorse. Blake si inginocchiò piano, una zampa per volta, a dimostrazione di un'indole indomita. Infine si lasciò scivolare a terra e chiuse gli occhi.

Eckhard guaì. Affondò le dita nella mota e fece per trascinarsi verso Blake, ma l'uomo lo afferrò per il collo e lo sbatté a terra. «Tipico dei nobili. Avete più a cuore i vostri cavalli da guerra che la gente. La vostra anima è corrotta, cavaliere! Se quel che si dice è vero, stai per ricongiungerti al tuo destriero. In quell'aldilà che Nergal ha creato per gli individui abietti come te». Il sacerdote fece una breve pausa e spostò l'attenzione sull'uomo che lo affiancava. «Adesso tocca a lui. Portalo sulla pira!».

L'altro tornò ad afferrarlo. Eckhard non sembrò quasi accorgersene, lo sguardo fisso sul muso di Blake. Si riebbe solo quando fu trascinato di peso davanti a un grosso palo. Tutt'intorno, con una cura quasi eccessiva, qualcuno aveva sistemato una serie di legni, rami e arbusti. «Legatelo!».

L'ordine fu eseguito all'istante. E, un attimo dopo, scorse una figura avanzare con una torcia accesa fra le mani.

Il sacerdote lo fissava imperturbabile, le braccia incrociate sul petto, il simbolo di Nergal che continuava ad ammiccare nella sua direzione.

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