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Eckhard sospirò. Valissa era ormai un cumulo di case centinaia di metri più indietro, avvolto in una bruma fitta entro la quale svanivano anche le fondamenta degli edifici. Sotto la cortina creata dalla pioggia aveva trovato solo un giorno morto ancora prima di cominciare. Il silenzio era pressoché assoluto e la strada una cicatrice fangosa incisa a forza nella terra.

Drizzò le orecchie e fu quasi spaventato dal silenzio che gli tornò indietro. Non c'erano strida di uccelli, rumore di fronde o il fischiare del vento; non c'erano versi di animali, voci di uomini o il ronzare degli insetti. Come per la vista, avrebbe potuto sforzare l'udito fino a stremarsi, senza per quello ottenere in cambio nient'altro che il picchiare delle gocce sul terreno.

Blake nitrì il suo disappunto ed Eckhard gli passò una mano sul collo. Il cavallo era stato addestrato fin dalla nascita a servire soltanto lui. Ed era anche quella l'eredità di un tempo ormai perduto che lui aveva vissuto nei racconti di suo nonno.

Ancora bambino, si sedeva spesso davanti al camino nella tenuta di famiglia – o in quel che ne restava – ad ascoltare i racconti del vecchio. Nei giorni in cui ci stava con la testa, suo nonno lo prendeva sulle gambe e cominciava a raccontargli com'era il mondo prima dello scoppio della Morte nera. Eckhard ascoltava affascinato. Il castello era un rudere pieno di spifferi malsani, pietre traballanti e angoli bui. Ma la voce del nonno aveva la capacità di riportare in vita il sole, i giorni di festa e i campi ricchi di spighe mature. Era stato un grande cavaliere, braccio destro di un re di cui in pochi ricordavano il nome.

La Morte nera era scoppiata già da parecchio, quando l'anziano Vanemburg si era ritirato con suo figlio, suo nipote e i suoi servitori nell'antico maniero di famiglia. Lì avevano provato a resistere al male scatenato da una setta eretica, per mano di un servitore degli oscuri dei pagani. Ma il morbo non conosceva tregua. Cresciuto con quei racconti, Eckhard aveva finito per maturare una profonda devozione per la Chiesa di Nergal, considerata l'ultima vera culla della civiltà contro l'avanzare della barbarie. Così, la sua giovinezza era stata segnata da un duro addestramento. Suo padre aveva intuito che per il figlio non ci poteva essere futuro se non in seno alla grande madre Chiesa, e l'aveva addestrato secondo le tecniche di combattimento degli antichi chierici-guerrieri, affinché scovasse ed estirpasse l'eresia in ogni sua forma. Un compito che lui aveva imparato a eseguire senza tentennamenti, anche quando aveva riguardato...

Blake mise uno zoccolo in fallo, scuotendolo dai suoi torpori. Rabbrividì per il freddo, mentre gocce di pioggia gli rotolavano dai capelli dentro la maglia. Abbassò la testa a studiare il terreno. Poi la vide. Una forma umanoide era impressa sulla neve.

"Qualcuno si è disteso qui...", pensò.

Tornò a sollevare la testa. Blake mordeva con calma il freno d'acciaio. Eckhard gli accarezzò ancora una volta il collo.

"Non c'è il cadavere e le orme dei piedi si allontanano. Erano in due, non ci sono dubbi. Peccato solo che questa dannata pioggia si diverta a cancellare ogni traccia".

Il primo istinto fu di lanciarsi al galoppo. La ragione lo convinse a desistere. Il terreno poteva nascondere diversi pericoli per il suo cavallo. Si limitò allora a riprendere il cammino, seguendo le orme per quanto gli era possibile. Pochi minuti ancora e dalla nebbia emersero le sagome scheletriche di alcuni alberi.

S'infilò nel bosco con la sottile speranza che i rami gli offrissero almeno una protezione dalla pioggia e dal nevischio.

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