26 (Parte Seconda)

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Un lampo illuminò l'intera facciata della montagna. Sussultò, perdendo per un istante l'equilibrio. Si aggrappò a una roccia e ne ricevette in cambio una fitta che dalle dita gli salì fin quasi al gomito. Anche Shree si era fermata. Seguirono pochi istanti di silenzio. Poi arrivò lo scoppio. Il tuono rombò così forte che Gleb temette che il cielo potesse squarciarsi.

«È tardi e fa freddo. Troviamo un posto dove passare la notte». Lui annuì e fece per seguirla. Un'ombra bianca si materializzò però tra di loro, improvvisa come un'apparizione spettrale. Shree portò la mano alla spada. Gleb si accucciò chiudendosi a riccio e coprendosi la testa con le braccia.

Una capretta selvatica belò. Sorpreso per essere ancora vivo, cacciò fuori la testa. L'espressione con cui l'animale li guardò sembrava quasi incuriosita. Era così magra che nemmeno la lana riusciva a coprirle il ventre; a dispetto di quel dettaglio, due mammelle gonfie ondeggiavano invitanti al di sotto del vello ingrigito.

Il sorriso minaccioso della ladra lo mise in allarme.

«Non credo in Nergal, ma sono pronto a ringraziarlo per la cena che ci ha appena inviato».

L'attimo dopo, il battere della pioggia fu oscurato dal rumore di una lama che emergeva dal fodero. La capra non stava più prestando attenzione, intenta a brucare pochi fili verdi. Lei scivolò nella sua direzione, fino a quando fu interrotta da Gleb.

«Ccche... che intenzioni hai?», le disse. «Secondo te?».

«V- v-vuoi... ucciderla?».

«Per ora intendo catturarla. Un po' di latte non mi dispiacerebbe. E magari anche un po' di carne fresca. Sono stufa delle scorte sotto sale del tuo amato Leif. Anzi, dammi una mano, già che ci sei». «Ch... che d... d... devo fare?».

«Smettila di tremare e mettiti davanti a lei, non voglio che scappi. Muoviti lentamente... Io mi sposto dietro di lei e l'acchiappo». Lui annuì non del tutto convinto, ma si alzò. La capra smise di brucare e sollevò il muso, richiamata dai suoi movimenti.

«Fa piano!», sibilò Shree, riuscendo lo stesso a dare un tono perentorio alle sue parole.

Per l'ennesima volta Gleb annuì. I suoi passi erano goffi, ma la capra non sembrava infastidita dalla loro presenza. Ci vollero due minuti buoni, prima che lui si portasse in posizione.

Shree rinfoderò la spada, evitando rumori molesti, e si preparò a spiccare il balzo decisivo.

Proprio in quell'istante, però, Gleb starnutì. La capra si spaventò e scartò di lato nel momento in cui la ragazza si lanciava su di lei. L'animale evitò la presa e, spaventata, fuggì via arrampicandosi sul fianco scosceso della montagna.

«Sc... scu... ssscusa», biascicò lui vedendo la sua compagna furiosa. «Sei un idiota, un maledetto, maldestro idiota!».

«Mmmi... disp...».

«Zitto, non voglio sentire ancora i tuoi balbettii. E non voglio rinunciare alla mia cena. Seguiamola, è andata di là!».

Gleb trovò l'idea ridicola. La capra si muoveva molto più in fretta di loro. Però Shree era già abbastanza arrabbiata e lui non se la sentì di ribattere. Si limitò perciò a mettersi sulla sua scia.

La ladra stava già correndo lungo un sentiero alternativo che si stringeva metro dopo metro.

«È lì!» disse indicando una terrazza soprastante. «Dammi una mano, presto!».

Gleb la guardò interdetto.

«Dannazione, quanto sei stupido! Intreccia le dita, voglio arrampicarmi».

Obbedì senza fare domande. Ma quando lei gli infilò il piede tra le mani congelate, avvertì un dolore quasi insopportabile. Fece ricorso a tutte le sue energie residue, ma le forze lo abbandonarono. Shree slittò e per poco non cadde. Si voltò e lo incenerì con lo sguardo.

«Hai intenzione di uccidermi?! No, zitto, non rispondere. Vieni qua, ti faccio io da scala. Sali su tu. Poi mi darai una mano quando ti sarai arrampicato».

Lui annuì e obbedì. Non appena lui infilò il piede sulle sue mani, gli diede una spinta.

Tra tutte le cose che si sarebbe aspettato di vedere, quella che trovò ad attenderlo era senza dubbio la più assurda.

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