10 (Parte seconda)

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La città, sia ringraziato Nergal, è fedele alla chiesa. Però per la giusta quantità d'oro si può trovare chi sia disposto a vendere la propria anima».

«Santissimo Nergal!», Oberon si portò una mano alla bocca, in un gesto che non risultò naturale. «Conosco ogni abitante di Valissa, nessuno sarebbe così bieco da venderci agli eretici!».

«Questa città sta morendo, proprio come il resto del mondo. Il popolo ucciderebbe per un tozzo di pane. Mi dispiace, ma ovun-que ci sono individui disposti a sacrificare ben più che la loro anima, se può servire a riempire le loro pance».

«Con tutto... con tutto quello che facciamo per loro?!», il sacerdo-te sembrò indignato. Sollevò una mano e l'agitò come a voler col-pire un invisibile nemico. I bracciali d'oro tintinnarono a fare da cornice alla sua delusione. «Siamo gli unici che posseggono una cura per la Morte nera e cerchiamo di darla a quanta più gente possibile. Curiamo ogni genere di male e ci togliamo il pane dalla bocca per darlo a chi ne ha bisogno. È così che la gente ci ripaga? A che servono i nostri sforzi, se poi la nostra santa madre Chiesa viene venduta dal primo individuo senza scrupoli?».

L'indignazione del prelato vibrò nella voce e soprattutto nel ros-sore del viso. Eckhard non si sentì di dargli torto sebbene non riuscisse più a sorprendersi di certi atteggiamenti. Lui aveva visto con i propri occhi la grettezza del mondo e l'aveva toccata con le sue mani.

«Il mondo va in rovina e ci sono tante anime smarrite», sentenziò. «Forse quella ladra ha solo derubato un'altra anima persa come la sua. O forse gli eretici erano in contatto con Leif, il quale a sua volta aveva incaricato quella donna di commettere il furto. Per come la vedo io, una volta commesso il furto la ladra avrebbe dovuto consegnare la refurtiva al ricettatore, che poi a sua volta l'avrebbe fatta avere agli eretici. Con la morte di Leif, però, alla ladra non rimane che cercare un modo per contattare la setta di persona e consegnargli la reliquia».

«Potrebbe aspettare alla bottega di quel Leif. Gli eretici prima o poi si faranno vivi».

«Non mi è parsa così ingenua. Lo sa che la terremo d'occhio. Dovrà cercare un altro modo per entrare in contatto con loro. Perciò l'ipotesi di padre Jari prende sempre più corpo: quella donna sta per lasciare Valissa, a meno che non l'ha già fatto».

«No, io non credo lo farà», padre Oberon sembrava sicuro del fatto suo. «Il rischio è troppo grande. Da quello che mi dicono, lontano dalle grandi città il mondo non è più un posto civile».

«Ma lei non ha scelta, se vuole rivendere la reliquia. E poi io l'ho vista in faccia. Restare a Valissa significherebbe essere scoperta. Sa che la stiamo cercando e sa che teniamo anche d'occhio qua-lunque altro luogo qui intorno dove possa rivendere la merce. Se vuole intascare il suo compenso, ed è questa la sua intenzione altrimenti avrebbe lasciato la reliquia alla bottega, deve abbando-nare la città».

«Tutto questo ammesso che operi davvero in nome della setta e non sia invece una criminale qualunque», Jari sembrò quasi sen-tirsi in dovere di intervenire.

«Basta, è inutile perdere tempo con tutte queste illazioni», pa-dre Oberon tagliò corto. «Ancora una volta vorrei poterti dare un aiuto concreto, cavaliere, ma temo dovrai accontentarti della mia benedizione. E rimetterti subito in cammino».

«In realtà, padre Oberon, ci sarebbe qualcosa che potreste fare per me. Si tratta di un piccolo dono. Anzi, sarebbe più giusto par-lare di un prestito...».

L'alto prelato lo guardò in un misto di curiosità e apprensione. Eckhard inspirò e si affrettò a spiegare.

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