Gleb aprì la bocca, ma non sembrò trovare alcuna replica. Così si limitò ad abbassare lo sguardo.
«Quanto a te, vecchio», riprese Shree allungando l'indice nella sua direzione, «che diavolo ti è preso?! Prima ci inviti nella tua grotta e ci assicuri che non abbiamo nulla da temere. E poi dai di matto?».
«Quel libro non ti appartiene!». Abad fissava le fiamme chiuso a bozzolo, come se avesse paura che lei potesse colpirlo. «Appartiene... solo a Nergal e alla sua Chiesa. Nessuno ha il diritto di leggerlo e tu non puoi disporne a tuo piacimento. È un testo sacro! Ci sono volte, nella vita, in cui si deve fare la cosa giusta, senza avere un proprio tornaconto. Tu puoi anche non credere in Nergal, è un tuo diritto. Ma riconsegnare quel libro ai suoi legittimi proprietari è un atto doveroso. Portandolo agli eretici tu commetti il più abietto dei delitti, perché ti macchi non soltanto della fine della mia chiesa, ma soprattutto di tutti i suoi fedeli. Pensaci bene, pensa bene a quello che fai, ragazza!».
«Non temo né te, né le tue maledizioni!».
Shree imprecò e picchiò il pugno su una parete. Ne uscì un tonfo sordo, ingoiato dall'eco della grotta. Gli diede le spalle, sentendo su di sé le occhiate dei due uomini. Incrociò le braccia e prese a misurare la caverna a grossi passi.
Il vecchio sembrava essere tornato in sé, sebbene il corpo fosse ancora scosso da alcuni tremiti; difficile dire se fossero dovuti al freddo, alla paura o a chissà che cosa.
«E se io lo riportassi ai suoi legittimi proprietari, che cosa ci guadagnerei, me lo sai dire? Tu vivi da eremita e forse hai dimenticato che cosa c'è là fuori. Ma io no! Ho visto bambini appena nati piangere per la fame e gente massacrarsi per il diritto di mangiare un topo... un topo, lo capisci?! I vicoli di Valissa sono pieni di due sole cose: cadaveri e merda e non saprei dirti quale delle due è più abbondante. Perché dovrei rinunciare ad arricchirmi?».
Abad le sorrise. «La risposta è più facile di quello che credi. Io...
io credo di aver ritrovato la mia fede perduta, grazie a te. Quindi perché tu non puoi fare altrettanto? Nergal ti ha affidato un compito, Shree. Non è un caso se sei entrata in possesso di quel libro, lui vuole che sia tu a riportarlo alla sua chiesa».
«Voi sacerdoti vedete la mano del vostro dio ovunque. Ma questa è follia!».
«Nergal mi ha messo sulla tua strada perché io ti aprissi gli occhi e ti indicassi la via. Quanto a te, invece, mi hai fatto il dono più grande, perché hai offerto a questo povero vecchio la speranza che credeva di aver perduto. Ora voglio contraccambiare. Per farlo, però, ho bisogno che ti fidi di me».
«Ah, ci sono giorni in cui non mi fido nemmeno di me stessa!».
«A maggior ragione, allora, devi fidarti di qualcun altro. Ascolta quello che ti sto dicendo. Torna a Valissa e riporta quel libro al Palazzo della Fratellanza. Non te ne pentirai».
«Me ne sto già pentendo. Venderlo mi permetterebbe di diventare ricca. Riportarlo indietro farebbe salva la pelle... Accidenti a te...
mi sta venendo un'idea», la ragazza si grattò il capo con fare pensieroso. « Se davvero riportassi il libro indietro, sarei accolta come un'eroina dai sacerdoti di Nergal, no?».
«Esatto!», Abad ora sorrideva, sembrava avere lacrime di commozione agli angoli degli occhi.
«Magari potrei strappare anche un piccolo vitalizio...». «Minimo! I sacerdoti saranno molto riconoscenti con te. Ti daranno tu ciò che gli chiederai. Quindi, posso sperare che lo riporterai indietro?».
«Io... bah, mi sono stufata di vagare in queste lande deserte e rischiare la vita. Io credo di sì. Lo farò».
«Sia lode a Nergal!», quasi urlò il sacerdote. «Sei un'eroina, la più fulgida che la chiesa abbia mai avuto dalla sua parte».
Shree sollevò una mano. «Non esagerare, vecchio. Già so che mi pentirò di questa scelta. E sappi una cosa, se la tua maledetta chiesa non mi farà ricca come dici, verrò a cercarti per fartela pagare!».
«Sarò qui ad aspettarti in quel caso. Tu mi hai ridato la fede e io ti ho mostrato la retta via. Tutto succede per volere di Nergal, non avrei mai dovuto dubitare di lui, ora lo so».
«Sì, sì. Adesso però dormiamo. Domani all'alba voglio rimettermi in viaggio e chiudere al più presto questa faccenda».
«Vi cederò volentieri il mio giaciglio, se la cosa non vi imbarazza». «Tienilo per te, noi abbiamo le nostre coperte e il nostro telo. Ci sdraieremo qui vicino al fuoco. Per stanotte ci basterà dormire all'asciutto».
«Come preferite, allora. Ma se posso fare qualcosa per voi, non avete che da dirlo. Anzi, una cosa la posso fare di sicuro!».
Abad si sollevò con molta meno fatica del previsto, come se un nuovo vigore gli avesse pervaso le membra. Andò alla catasta di legna e restò chino ad armeggiare; poi si rialzò trionfante, raggiungendo Gleb. Gli si fermò davanti e gli consegnò un paio di guanti. «Fuori si gela e Valissa dista almeno tre o quattro giorni di cammino. Ho visto come tremi e penso che questi possano esserti utili. Li ho fatti io con la lana di Bertha. Ti terranno caldo. Vorrei darti qualche vestito pesante come quelli che indossa la tua amica, ma non ho altro, mi dispiace».
Il ragazzo restò impietrito a fissare i guanti. Erano di un grigio sporco e la lana sembrava mal tessuta, con più di qualche spiraglio fra una maglia e l'altra. Ma quando allungò le mani titubanti e le strinse su quel dono insperato, sentì un pizzicore nemmeno tanto lieve agli angoli degli occhi. Afferrò i guanti e li sentì soffici a contatto con le dita. Se li strinse al petto.
«Gggra... gra...», non sembrò capace di continuare; si limitò ad abbassare il viso, nascondendolo fra i capelli.
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Pestilentia
FantasyUn ragazzo in fuga da qualcosa che non doveva essere liberato. È l'inizio della fine. Quattro secoli dopo, il mondo è un ammasso purulento. Una pestilenza ha spazzato via quasi ogni forma di vita, e il gelo ha stretto nella sua morsa gli ultimi supe...