Eckhard afferrò la roccia e avvertì sotto le dita la pietra grezza. Penzolando senza nulla sotto di sé, si diede infine la spinta.
Il masso tenne, nonostante i suoi quasi novanta chili, e lui fu di nuovo coi piedi per terra.
Il colpo arrivò improvviso.
Una mazza di legno viaggiava verso la sua tempia. Reagì d'istinto e arretrò; cinque centimetri più avanti e la testa gli sarebbe esplosa in una poltiglia di sangue, carne e materia cerebrale.
Cadde, mentre una sagoma gli si scagliava contro, pronta a colpire di nuovo. Eckhard non gli concesse un secondo tentativo. Con un calcio sul piede d'appoggio la sbilanciò; e con una seconda pedata la fece cadere a terra. Poi si rialzò ed estrasse la spada con tanta velocità che fu addosso al suo aggressore prima ancora che potesse tentare di rialzarsi.
«Dammi un solo motivo per non ucciderti».
La punta della spada minacciava una gola flaccida, in cui due o tre pieghe di pelle ricadevano di lato. Il volto era quello di un vecchio. Lo stesso vecchio che, disarmato e atterrato, cominciò a singhiozzare avendo poi il buongusto di coprirsi il viso con le mani. Eckhard si rese conto che non aveva nulla da temere. Rinfoderò la spada e si guardò intorno per essere sicuro che non ci fossero altri aggressori. Non vide altro che una montagna immersa nel silenzio. «Alzati, vecchio!».
L'uomo si scoprì un occhio, in un gesto simile a quello di un bambino spaventato. La nebbia lambiva i contorni della sua sagoma ossuta.
«Alzati, ho detto!».
Questa volta l'ordine fu sufficiente. L'altro annuì e si mise a sedere. Le giunture protestarono abbastanza da farsi udire sopra il ticchettio della pioggia. L'uomo non sembrò avere la forza di reggersi in piedi. Sospirando, Eckhard gli passò una mano sotto la spalla e lo aiutò.
«Adesso mi dirai perché hai cercato di staccarmi la testa. Cosa sei, una specie di guardiano della montagna? Un eremita, o solo un vecchio pazzo?».
L'uomo annuì e lui si domandò a quale delle sue domande. «Pensavo... pensavo fossi qualcun... qualcun altro. Mi dispiace». «Qualcun altro quassù?!», ruggì Eckhard.
L'uomo annuì debolmente.
«D'accordo. Ma questo non spiega perché hai cercato di uccidermi». «Pensavo fossi un... un ladro».
«E quale prezioso tesoro custodisci, la tua collezione di foglie secche? Dormi pure tranquillo, vecchio. E la prossima volta guarda bene, prima di cercare di spaccare la testa a qualcuno».
Eckhard si voltò e fece per rimettersi in cammino. L'aveva già sorpassato, quando le parole dell'uomo lo costrinsero a fermarsi. «Non ho niente perché quel poco che avevo mi è già stato rubato». Pensò che fosse il caso di ignorarlo, ma si ritrovò lo stesso a voltarsi nella sua direzione. «Mi dispiace. Io però non ho intenzione di derubarti, quindi sta' tranquillo e va' per la tua strada».
«Non ho più una strada, cavaliere».
Lui lo guardò con più attenzione. Poi tornò ad avvicinarsi. «Come sai che sono un cavaliere?».
«Chi altri va in giro così conciato, di questi tempi? La tua spada fa la sua figura, te lo concedo. Quante lame di quel tipo si vedono in giro, ormai? Mezza dozzina forse, da qui a Palash passando per Valissa. Ma la certezza l'ho avuta solo quando ho visto il tatuaggio».
«L'hai riconosciuto?».
«Ero un sacerdote di Nergal, un tempo».
Eckhard si carezzò la guancia, percependo nelle orecchie il rumore provocato dalla barba.
«E come mai sei finito qui, per sfuggire ai ladri che puntano i tuoi preziosi tesori?».
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Pestilentia
FantasyUn ragazzo in fuga da qualcosa che non doveva essere liberato. È l'inizio della fine. Quattro secoli dopo, il mondo è un ammasso purulento. Una pestilenza ha spazzato via quasi ogni forma di vita, e il gelo ha stretto nella sua morsa gli ultimi supe...