-Capitolo 9-

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Mi avevano dimesso finalmente. Sarei impazzita probabilmente un altro giorno di più su quel lettino ospedaliero. I miei incubi sembravano un po' scomparsi, ed avevano lasciato spazio a sogni pacifici. Anche se come sempre al mattino, non ricordavo nulla. Ma sentivo una pace interiore.

Solo un piccolo particolare ricordai. Quando tornai a casa. Miranda mi aveva preparato il gateau di patate, da me tanto adorato. Mi sentivo viziata e nessuna carta bianca da sventolare. Per una volta avevo finalmente avuto diritto di parola e del mio pensiero.
La notte passata con Simon fu dolce e delicata. Niente sesso, solo coccole. Non voleva farmi affaticare, ed io non avevo voglia sopratutto. Forse lo leggeva nel mio sguardo sempre un po' perso ed in cerca di una stella luminescente, in cui intravedere la via giusta.
Mi lasciai andare tra le braccia di Morfeo, e tra quelle di Simon che mi strinse con la schiena contro il suo petto.

-Sacramento (USA) 9 Anni prima del ritrovamento- (19 anni)

Scariche nel mio corpo, balzavo da un lettino sul quale ero distesa immobile ed inerme. Forse priva di vita, forse no. Il mio cuore batteva ancora, prepotente dentro la gabbia toracica. Ero viva per miracolo. Mi chiedevo del perché tutto questo? Non sempre vi è una risposta alle domande che il cervello umano si pone. Non riusciamo sempre a risolvere enigmi. Ma lui mi aveva salvato ancora.
Era la mia salvezza. Potevo ricordare le sue parole.

Un letto caldo e soffice, le braccia distese lungo i fianchi, che fuoriuscivano dalle lenzuola in cui il mio corpo accaldato era tenuto al coperto.
Avvertivo una benda umida, tamponare dolcemente la mia fronte, sicuramente madida. Una mano soffice ad accarezzarmi i capelli sull'attaccatura, portandoli all'indietro, mentre un'altra mano più virile, stringeva la mia sinistra, accarezzandomi le nocche, gustandole una ad una. Come a voler far rimanere impresse su i suoi polpastrelli, quelle piccole colline delle dita.

"Sei al sicuro" sussurrò una voce familiare al mio udito. Ma le mie palpebre per quanto si sforzassero di aprirsi, rimanevano serrate.

"Lo sai che non lo sarà per molto" la voce di una donna, sconosciuta. Un tono sicuro ma fievole. Potevo avvertire la sua preoccupazione in quella frase.

"Troveremo una soluzione" confermò, continuando ad accarezzarmi la mano, come a pregarmi di svegliarmi e guardarlo. Lo avrei guardato sempre, anche ora. Non potevo definire il sentimento, ma sentivo di amarlo. Una parola usata poco, dalle mie labbra. Sperperata in giro come una barzelletta di provincia, su bocche altrui. Ma le nostre le usavamo solo se ciò che sentivamo era puro e reale.

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Mi levai presto la mattina. Il sole caldo si abbatteva sul mio corpo, avvolto nelle lenzuola linde e profumate di Marsiglia, mentre Simon potevo dedurre fosse in bagno. Sentendo l'acqua della doccia, scorrere a scroscio.

Chiusi un attimo le palpebre, tentando di ricordare più di ciò che ricordassi. Solo una stanza, un letto a baldacchino con la struttura dorata. Un lampadario a goccia, come piccoli stalattiti.

Il resto era un'enorme buco nero. Mi ripresi quando sentii la porta del bagno cigolare, e la figura di Simon materializzarsi davanti a me.
"Buongiorno" mi salutò dolcemente, accompagnato sempre dal suo sorriso, mentre si frizionava i capelli castani.

"Giorno" lo ripresi delicata, scendendo dal letto ed aggiustandomi la sottoveste.
Gli andai incontro, lasciandogli un lieve bacio che lui fece diventare più intenso.

"Oggi non credo che tornerò presto...devo andare a Sacramento. Ho una casa da vedere" lo informai pacata, prendendo la biancheria pulita, per farmi una doccia restauratrice.

"Così lontano?" Mi domandò, aprendo il pensile sotto al lavabo di marmo, per prendere l'asciugacapelli.

Mi attorcigliai i capelli in uno chignon, fermati con la pinza e mi passai la crema sul viso.
"Già" affermai semplicemente, mantenendo il suo contatto visivo, attraverso lo specchio.

-Rewinding of me- Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora