Il tragitto in macchina con Kevin sembrava non passare mai. Mi sentivo osservata ed in soggezione. Sapeva?! Poteva?! Era logico. O forse faceva da tassista a tutte le sue vittime. Ma mi sembrò un buon diversivo per conoscere qualcosa su Alan. Su di lui. Su quegli occhi di ghiaccio imperturbabili, che sembravano un mare in tempesta, dentro quella stanza. Ed ancora sentivo un macigno sullo stomaco agitato, come una centrifuga azionata."da quanto vi conoscete tu ed Alan?" Domandai bruciapelo, girandomi appena verso di lui che scalò di marcia, in vicinanza di un semaforo rosso che abbagliava appena.
"Da tanto da poterti dire di stargli alla larga" mi comunicò con una rivelazione che mi spiazzò e mi coagulò per un attimo il sangue nelle vene.
"Sembra che tu lo conosca molto bene" affermai in uno strascico, tentando di non scemare la tonalità. Finché non si arrestò al semaforo con una frenata più brusca di ciò che sarebbe dovuta essere e girarsi con il volto serio verso di me. Mi strinsi di più la pochette contro il ventre, serrando le gambe.
"Lo conosco bene, fidati. Non vorresti conoscerlo così bene quanto me. Devi stargli lontana" rivelò scuro e cupo, con uno sguardo da mettere brividi per quanto era veritiero.
"E...e se io no...non volessi?" Domandai balbettando consonanti e vocali sconnesse, sentendo la macchina dare un po' di gas, agitandosi come me in quel preciso istante.
"Non sta a me dirti le conseguenze" proclamò preciso, intimandomi con lo sguardo di non indagare oltre e che non ne avrei ricavato di più.
Perciò decisi di aggiustarmi sul sedile, in maniera composta, e continuare tutto in religioso silenzio. Cosa mi aspettavo d'altronde. Che sbandierasse ai quattro venti, ad una delle sue tante conquiste, che confidasse segreti intimi sul suo amico?!
Ed ero disperata, frustrata, mi logoravo il cervello, per capirci qualcosa. Era un rebus. Proprio come quelle pagine di una qualsiasi enigmistica. Azzeccavi due o tre parole, ed il resto no. Non sapevi le risposte, e la parola finale, tanto fatidica, che sarebbe dovuta venire fuori, non arrivava. Ma potevi guardare le soluzione a fondo pagina. Ma questa soluzione per Alan non esisteva. E sarebbe rimasto ancora quel punto di domanda che mi eccitava e mi portava ad odiarlo.Notai Kevin rallentare, fino a fermarsi del tutto ed accostare adiacente ad un marciapiede, costeggiato da un giardinetto.
"Sarebbe meglio se scendi qui. Sai tua suoc..." non lo lasciai finire poiché scoppiai in una risata amareggiata, aprendo con un cigolio potente, lo sportello."Ti ha detto vita morte e miracoli di me, noto..." sbottai senza riserva, pungente come ero sempre, vedendolo guizzare un secondo gli occhi verdi sul mio volto aspro.
"Ci sono cose che s'intuiscono a pelle. Altre che non riusciamo ad intuire" filosofò con una frase detta in maniera pacata, ma celava più di ciò che diceva. Era ovvio che fosse misterioso quanto il suo amico. Lo guardai per una manciata di secondi, come interdetta e nel mentre il mio cervello ingranava, per trovare una risoluzione dentro quell'affermazione. Finché non scossi la testa, con un cipiglio sul volto e richiusi lo sportello con veemenza, notandolo ripartire in un secondo.
Mi guardai intorno, e mi strinsi nel giubbotto di pelle, trascinandomi fino a casa, vedendo tutto spento. Il pericolo Miranda sarebbe stato scansato. Poiché era quasi l'alba, e potevo intravedere le sfumature eteree, elevarsi nel cielo, di varie tonalità.
Aprii il cancello in ferro battuto, con un cigolio tenue, e richiudendolo con altrettanta accortezza, fino ad arrivare davanti alla porta. Esalai un respiro per regolarizzare i battiti cardiaci ancora elevati, e chiudere un secondo le palpebre. Mi feci forza, quando girai la chiave lentamente, nella serratura, che scattò sull'attenti, dandomi il consenso di entrare. Venni avvolta dal candido silenzio, e dalla poca luce fioca che emanava da fuori, attraverso le finestre arcuate bianche.
Mi appoggiai lentamente al muro, sfilandomi i tacchi che avevano indolenzito la mia pianta del piede, che gridava pietà ed una pedicure accurata, con tanto di bacinella piena di acqua. Finché non sentii il rumore dell'interruttore in salotto, sobbalzando e mettendo a fuoco la figura di Miranda, che si strinse nella vestaglia turchese, appena mi vide. I capelli riccioli le ricadevano lungo le spalle, ed un'aria severa era dipinta su quel volto, abbellito dalle rughe di età ed anche d'espressione."M...Miranda" balbettai incerta la prima sillaba, fino a riprendermi e stirare un sorriso apparentemente calmo. Ma dentro sentivo un -Merda, Merda, Merda- illuminarsi.
"Cara. Non ti avevo vista rientrare e mi ero preoccupata" sibilò gentilmente, avviandosi con un sorriso gioviale verso la cucina, per prendere dal pensile, un bicchiere di vetro e versarsi dentro dell'acqua, prima di prendere la pasticca per la pressione.
"Ero da Johanna. Se non ti dispiace vorrei andare a riposare un po'. Non sono riuscita a chiudere occhio" la informai con lo stesso tono tenue, senza rivelare la mia agitazione interiore.
Strinsi la pochette nella mano destra, vedendola alzare il volto su di me, studiandomi attentamente. Sotto esame, sotto pressione. Un'espressione strana su quel volto che conoscevo da una vita, potevo dire.La notai annuire pacata, e potei sentire un sospiro fuoriuscire a labbra dischiuse, mentre mi voltai, ma venni prontamente bloccata dalla sua voce.
"Non mi piace la gente che frequenti" affermò stizzita e severa, e mi voltai turbata e confusa."Come scusa?" Le domandai spaesata, notandola poggiare il bicchiere nel lavello in marmo, per fissarmi negli occhi stanchi.
"Hai capito Hope. Non mi piace la gente che frequenti" ribatté categorica, stringendo maggiormente la vestaglia.
"Non credo siano affari tua, chi voglio vedere al di fuori" replicai acida, sentendo una strana voglia di ribellarmi alle sue imposizioni, come se fossi un'altra persona.
"Stai per sposare mio figlio...ho il diritto" rintuzzò con il suo tono autoritario, mettendomi quasi al muro con il suo sguardo. Sembrava una serpe pronta ad azzannare e stritolare un povero topo, che in quel caso forse ero io.
Mi voltai, ma ci ripensai, portando una mano sullo stipite in legno ciliegio.
"Simon sa che gente frequento. Non spetta a te decidere" mentii sulla prima frase, ma conservai il mio spirito pungente e di pura ribellione. Finché non mi voltai del tutto e salii irosa le scale.Pov. Alan
Solo un pezzo arrugginito come me avrebbe lasciato andare Hope. Dovevo lasciarla andare in ogni modo, ma non ci riuscivo. Ero convinto che prima o poi sarebbe tornata.
"Mi sembri strano. Forse hai bisogno di alleviare questa tensione" affermò seducente Vanessa, massaggiandomi con le mani le spalle, mentre tenevo nella mano ancora un altro bicchiere.
"Non ho nessun fottuto bisogno di niente" sbottai ispido, scansando le sue mani in malo modo, per finire quel liquido ambrato che ormai sembrava aver preso il posto del sangue.
La guardai rimanere piantata sul posto con le mani alzate, ed un cipiglio sul volto, sconvolta quasi dal mio atteggiamento.
"Sei ridicolo. Sembri un bambino al quale è stata sottratta una caramella" canzonò dispregiativa, portandosi le mani incrociate sul petto, mentre distolsi il suo sguardo e poggiai con un tonfo cristallizzato il bicchiere vuoto."Non dici niente?" Aggiunse con la voce stridula, dandomi su i nervi. Non potevo semplicemente essere lasciato in pace, senza rotture di coglioni?
Esalai un profondo respiro, portandomi l'indice ed il pollice sul setto nasale, con ancora il suo profumo a infettare le mie narici.
"Non è serata. Risparmia i tuoi servizi per qualcun altro" rintuzzai risoluto e burbero, vedendo le sue iridi scure prendere un colore ancor più terso."Quindi è questo che sono per te? Una ragazza usata solo per dei servizi?" Domandò con la voce traballante, e potei notare che quell'ambrato che riempiva i suoi occhi, tra poco sarebbe fuoriuscito.
Mi girai portando la schiena a scontrarsi con il bancone, e i gomiti poggiato su di esso, enfatizzando gli avambracci stretti nella camicia. Guardai delle ragazze spogliarsi sul palco, passandomi il pollice sul labbro con aria beffarda, annuendo. Finché non tornai su i suoi occhi smarriti.
"Perché non lo sei?" Le domandai senza un minimo di cuore, mostrandole il posto dove eravamo, e con una mano spiegata in avanti, le mostrai il suo abito succinto rosso.Contorse la bocca in una smorfia disgustata, quasi a privarsi delle labbra, talmente erano contratte tra di loro, difficile da distinguere il labbro superiore da quello inferiore.
"Sei uno stronzo Alan, e giuro che la pagherai" sibilò incerta e titubante, prima di allontanarsi, afferrando uno qualsiasi per la mano, che fu prontamente felice di afferrare, quella di lei ingioiellata.Questo ero, un uomo asettico, senza scrupoli. Ma ogni volta che appariva lei, la mia armatura cadeva pezzo per pezzo.

STAI LEGGENDO
-Rewinding of me-
Misterio / SuspensoKristal Evans, una ragazza da un passato turbolento, nero. Strappata dalla sua famiglia, addestrata per essere frutto di uomini ricchi. Hope Weston, una ragazza che si sta per sposare, un lavoro come arredatrice. Ha tutto ciò che sogna. Un segno de...