-Capitolo 11-

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Qualcosa scaturì in me, quella mattina che sbagliai strada. Quella villa. Quel ragazzo. Bello quanto sfrontato. Non dovevo fare simili pensieri, mi stavo per sposare. Forse era solo un ragazzo di quelli che incontri per la tua via, senza un motivo ed un nesso logico. Ma tutto dentro di me diceva, che qualcosa mi collegava come un cavo elettrico a lui. Forse mi avevano sedato, o era la mia mente ad essere stata ipnotizzata come un pendolo.

Fortuna che la casa dopo la trovai, come i signori che mi aspettavano all appuntamento, in cui arrivai in ritardo di quasi un'ora. Ero immensamente dispiaciuta. Ma certo non potevo raccontargli che avevo sbagliato strada, irrompendo a casa di un ragazzo con una donna mezza nuda. Così decisi di mentire sul traffico a San Francisco, benché quella mattina non c'era quasi nessuno ad ostacolare la mia precisione, se non io stessa.

Ovviamente non ne parlai con nessuno, dello strano incontro. Anche se ne avessi fatto parola con Joy, sapevo che avrebbe iniziato a dire:
-forse Simon non ti scopa come dovrebbe-
-Cara molla quel rammollito, sono anni che te lo dico-
-qui ci vuole una sana scopata ed una bevuta-

Per qualche strana ragione era ossessionata dal sesso, e mai dall'amore. Simon m'infondeva amore, sicurezza. Non era abbastanza in un rapporto di coppia?! Certo che sì. Mi ripetevo. Un po' meno la mia vocina interiore, che mi ricordava che certe volte, la passione accecante, ti mostra luoghi in cui avviene la tua perdizione totale.

Miranda aveva smesso di essere così inopportuna. Ma non di decidere. Mi comunicò che tra due giorni ci sarebbe stato il ricevimento, una festa di gala in tema ottocentesco.

"Sul serio, un ballo ottocentesco?" Mi domandò Joy, con espressione basita e disgustata, mentre spilluzzicavo l'insalata.

"È una festa di gala Joy" la ripresi, sentendo la musica del lounge bar, espandersi piano tra le pareti perlate con schizzi di pittura neri, fatti apposta. Come piccole macchie che si espandevano, risucchiando quasi il candore delle pareti.

"Gala o ballo io lo trovo noioso. Se non altro avrai un vestito, che ti enfatizza il tuo delizioso seno"  canzonò beffarda e con un sorrisetto malizioso, sorseggiando il suo Martini.

Avevamo deciso di non andare alla pizzeria di David. A quanto pare il suo modo di fare, infastidiva Johanna. Potevo immaginare il modo in cui la infastidiva. Si precludeva la possibilità di scoprire se fosse solo attrazione o qualcosa di più. S'impostava paletti, a me venivano impostati.

"Joy" la ripresi seria, piegando la testa di lato e lasciando cadere la forchetta nel piatto con un tonfo asettico, pulendomi la bocca.

"Che c'è? È la verità. Quanto è vero che hai ucciso una povera lattuga per non mangiarla nemmeno" mi mostrò con la mano smaltata di azzurro, il piatto che avevo sotto il naso. Per poi scoppiare a ridere come un contagio.

"Tu credi negli incontri casuali?" Azzardai la domanda, mantenendo un tono soffice e che nascondesse l'agitazione. Anche quella notte sognai quegli occhi gelidi ed eccitanti.

"Io credo che tutto accade per un motivo. Come oggi che siamo qui, perché non voglio vedere David" digrignò i denti, cacciando fuori come una furia, il nome che la faceva andare fuori di testa. Potrò notare la sua fronte corrugarsi e poi riguardarmi, più rilassata.
"Tutto ha un motivo, Hope" aggiunse esile, passandomi un po' del suo Martini che accettai. Forse ogni tanto trasgredire alle regole era un bene. Iniziando dalle piccole cose.

La serata come sempre procedé tranquillamente. Miranda aveva fatto il suo famoso sformato di zucchine. Chiacchierava con Simon sulla festa, ed ogni tanto mi chiedevano opinioni, in cui io ritornavo nella realtà, poiché molto spesso mi assentavo.

"Che ne pensi cara, color ciclamino per il sacchettino con i confetti?" Mi domandò Miranda, mentre guardai Simon farmi un sorriso dolce.

"Preferivo qualcosa di semplice, sul bianco. Magari solo il nastro ciclamino" espressi la mia opinione sincera, corrucciando le labbra per non essere scortese.

Cara Hope, è il tuo matrimonio...perché tu ti vuoi sposare vero?! Guardalo Simon...dimmi cosa vedi in lui. Un uomo innamorato, e cos'altro?! Non sempre ciò che ci fa stare bene è ciò che si desidera.

"Ha ragione mamma. Questa volta appoggio la mia futura moglie" proclamò cristallino Simon, guardandomi con ardore, lo stesso che ricambiai.
Come le nostre coccole nel letto. Mai troppi passionali, ma pur sempre piacevoli. Non gli mancava nulla. Aveva un corpo tonico, spalle larghe. Certo non aveva la classica tartaruga, ma era perfetto anche così. Forse era una convinzione. Forse no.

Come tutte le mattine mi alzai, appurandomi che Simon fosse già a lavoro come Miranda. Oggi era il mio giorno libero a lavoro, quindi decisi di fare una colazione in assoluta calma. Cornetto con marmellata di ciliegie e succo d'arancia. Non chiedevo di meglio. Salii le scale, vedendo i raggi solari al mattino, penetrare dalla finestra, riscaldando l'ambiente confortevole. Mi lavai e mi misi un top nero corto, ed un leggings con le bande fucsia ai lati, come le mie fedeli scarpe da ginnastica. E l'immancabile IPod che mi portano dietro. La musica animava la mia vita, le dava colore ed un gusto migliore ad ogni battito.

Sorpassai il viale ed iniziai a correre, aggiustandomi le cuffie negli orecchi, facendo partire la riproduzione casuale. Non sentivo l'erba umida frusciare sotto le suole di gomma, sentivo solo la musica riecheggiare e pompare nel mio udito. Finché non vidi una figura correre. Una figura familiare. Guardai meglio, finché non si girò, e rimasi perplessa. I suoi occhi gelidi mi fissavano vibranti, mi mandavano scariche elettrostatiche. Il sole gli abbagliò il volto, ed i suoi capelli un po' madidi mossi da un filo di vento caldo.

Distolse lo sguardo facendo finta di non conoscermi, e correndo più veloce. Decisi di seguirlo. Avevo dimenticato qualcosa a casa sua. Ero convinta che mi fosse scivolato il foglio di un progetto. Non avrei avuto il coraggio di tornare a casa sua di mia spontanea volontà. Non sapevo perché ma lui m'incuteva timore, e qualcosa di più profondo. Così strano per non saperlo. Qualcosa che partiva dal basso ventre e raggiungeva la mia mente, che viaggiava in posti strani. Scacciai via quei pensieri, e tentai di chiamarlo, lasciando le cuffie penzolare dal top.

"Alan" lo chiamai, vedendolo correre senza darmi adito. Benché non avesse neanche le cuffie. Che razza di problemi aveva quest'uomo?!

"Alan fermati" lo richiamai più vigorosa, alzando il tono di voce in affanno per la corsa. Correvo più veloce che potessi, notandolo svoltare. Quando fui abbastanza vicina dal suo punto di svolta, feci anche io così. Sorpassai l'arbusto, svoltando l'angolo, ma non vidi più la sua figura. Mi fermai un attimo sul posto, camminando per riprendere fiato, sentendo il battito del cuore accelerato, troppo per una semplice corsa. Scrutai con occhi vigili, ogni persona, passandomi la mano tra i capelli rilegati in una coda. Non c'era più traccia di lui. Non era un'immaginazione. Non ero pazza. Lui era lì.

-Rewinding of me- Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora