Pov. AlanLa riaccompagnai a casa quella sera. Una serata magica, perfetta, eterea. Sembrava di essere stati risucchiati in un vortice, ed aver fatto un salto indietro nel tempo. Non era così perfetto all'ora. Non potevamo stare così quieti come se avessimo tutto il tempo del mondo. Ma infondo anche adesso le lancette ticchettavano, interne, come un orologio biologico. Passava in fretta, troppo, il tempo. Sarebbe scaduto, e dovevo scommettere tutto ciò che potevo offrirle. Io che ero Alan, che ero Jason, che ero un figlio bastardo. Lei che non avrebbe espiato le mie colpe. Mi avrebbe addossato solo odio e rancore. Un morto di senso egoistico m'indusse a pensare che sarebbe stato meglio, se non avesse mai riacquistato la memoria, o solo i ricordi belli di noi due, per farle capire che lei era sempre stata mia con il cuore. Ma sapevo che insieme ai ricordi belli, sarebbero sbocciati come questi fiori in primavera, i ricordi brutti. Ed i fiori candidi, divenire natura morta, come in quei dipinti belli ma tristi.
Era stato talmente intenso, sentire anche solo con un morso delicato, le sue labbra rosee, che aspettavano solo di essere accolte, e Dio! Dio, se perdevo ogni pensiero logico. Ogni filo di promessa ancora da mantenere. Desideravo solo riassaporare il suo sapore dolce e salato. Quello che mi mandava in estasi, come veleno che circolava nel sangue. Come una sovraccarico di endocrine.
Sentirla ansimare di nuovo, dopo quella volta. Ma questa volta non era alla mia mercé. Questa volta lo aveva voluto con tutta se stessa. Si era piegata per accogliermi nella sua fessura, e non vi ero mai entrato nemmeno da Jason. Era stato troppo perfetto e vorticoso. Rischiavo di venirle dentro. Il suo calore ancora più elevato negli anni. Il suo aroma paradisiaco. La sua pelle liscia che avrei morso e baciato per una notte intera, senza mai stancarmi del suo corpo perfetto. Al candore della luna ancora più bella.
E vederla in ginocchio, per sua volontà, con quegli occhi azzurri intriganti, che mi studiavano e come una gatta in calore m'inchiodavano al suo volere, era stato l'apice. L'apoteosi che lei doveva stare con me.
L'avrei portata da una persona a me cara. Speravo solo che le avrebbe fatto piacere.
Un modo per evadere anche se per poco, da quel mondo, e rintanarvi io e lei. Sapevo che l'avrei riavuta, non avevo paura delle conseguenze. Mi spaventava di più vivere una vita senza di lei. Perché senza di lei sopravvivevo, con lei e per lei vivevo.Mi feci una doccia veloce. E per una notte non avevo avuto gl'incubi. Troppo sereno ed in pace con me stesso, per far spuntare vecchi fantasmi a tormentare la mia mente malsana. Sarebbero rispuntati, ma nulla avrebbe tolto quel pizzico di felicità, a riscaldare il mio corpo.
Estrassi dal cassetto in legno nero, una maglia bianca con lo scollo a V, abbastanza aderente da mettere in risalto il mio corpo tonico e definito. Un jeans slavato davanti, ed un paio
di Nike nere.
Mi sarei mostrato anche sportivo. Il vero Alan. Quello non sempre rigido ed impostato. L'Alan che aveva voglia di condividere la sua felicità, anche se minima.Ad un tratto sentii il campanello, riecheggiare fastidiosamente all'interno della casa, facendomi sbuffare e scendere con passi ovattati, in fretta, le scale. Immaginavo
chi era. Non mi era difficile. E non me ne fregava altamente un cazzo, di cosa doveva dirmi. Ma ero pur sempre un uomo educato.
Mi schiarii la voce, come se avessi avuto una fiamma a bruciare la gola, e dipingermi un sorriso falso, sul volto scocciato.
Aprii con un cigolio la porta bianca, trovandomi il suo volto con un cipiglio, e le rughe di espressione sulla fronte."Sei venuta a controllare come stanno le piante ed i fiori?" La schernii derisorio, vedendola avanzare dentro, senza il mio consenso, e togliersi gli occhiali a lenti scure con la montatura tartarugata, dal viso. Si voltò un attimo, e potei guardare i suoi occhi malvagi. Non una sola cosa in lei, trasudava gioia.
"So cosa stai tentando di fare...e ti dirò che fallirai miseramente" rivelò pungente, ed un sorriso di soddisfazione, nascere tra le crepe ai lati delle labbra. Brutta stronza!
"E cosa starei tentando di fare?" Le domandai benché sapessi la risposta, avviandomi verso la credenza per afferrare un po' di whisky invecchiato. Era presto, ma ogni volta che qualcosa andava storto, era il mio fedele amico.
Sentii i suoi tacchi picchiettare sul parquet, raggiungendo la sala, e lasciando cadere svogliatamente la borsa, dalla spalla coperta da un gilet tricot marrone.
"Non credermi stupida Alan. Fallirai, proprio come hai fallito con lei" colpì il mio tallone d'Achille in modo meschino, e senza pietà. Avvertii il sangue iniziare a ribollire nelle vene tappate, e la vista offuscarsi. Calma, dovevo stare calmo se non volevo finire dietro ad una cella di ferro."Non ti azzardare a giudicarmi, Troia" sbraitai furente, sbattendo la bottiglia di whisky sul vassoio, vedendo un bicchiere rimbalzare e scivolare a terra, rompendosi in piccoli frammenti. Quelli che avrei voluto scagliare contro di lei.
"Sei uguale a tuo padre. Sei proprio come lui Alan, e questo non cambierà mai. Non puoi fingerti chi non sei" mi riprese dispregiativa ma mantenendo il suo tono pacato, come se sapesse che mi stava dilaniando internamente con quelle parole. Toccava tasti dolenti che mi contorcevano lo stomaco. Come se fosse stata la kriptonite che distruggeva Superman.
Strinsi la mano in un pugno forte e vigoroso, avvertendo le nocche divenire bianche e farmi male.
Le narici si allargarono per respirare, e con tutta la forza che avevo, scagliai il pugno contro il muro, ed un dolore lancinante diramarsi sulle nocche dolenti, e rivoli di sangue gocciolare sul parquet immacolato.
Chinai la testa, per girarmi lentamente verso di lei, ghiacciandola con il mio sguardo gelido e cupo.
"Tu non devi minimamente permetterti di paragonarmi a mio padre. Ho fallito con lei, ma con Hope non sarà così. Tornerà ad essere mia, e non potrai fare nulla per impedirmelo. Ti ho in pugno...Troia" sussurrai l'ultima parola con voce graffiata e felina. Guardandola come si guarda una preda pronta da sbranare, ed il suo volto divenire stizzito ed impaurito. La notai tremare leggermente il mento contornato da rughe, e serrare le labbra sottili in una linea dura."Dov'è?" Domandò, saltando la mia sfuriata, andando verso il suo tallone. Tutti ne abbiamo uno.
"Vorresti saperlo..." lasciai la frase in sospeso con un ghigno malefico, sgolandomi il whisky che bruciò appena la gola infiammata di per se, e scossi la testa ridendo amaramente.
"Sta bene. Se non intralcerai questi giorni, magari quando torniamo la potrai vedere" la informai carezzevole, ma nascondevo tanto sarcasmo. Avrei fatto un'eccezione, solo per passare più tempo con Hope.La guardai afferrare la borsa, quasi strattonandola e pigiandosela contro la costola.
"Torniamo? Chi? Vuoi portarla a fare un bel giretto?" Domandò a raffica e derisoria quelle frasi. Pungolante, irriverente.
Scosse i capelli radunati in una crocchia, ricomponendosi.
"Goditela finché puoi...lo senti?" Chiese alzando gli occhi e l'indice verso l'alto, per poi farlo oscillare come lancette di un orologio.
"Tic, tac...il tempo scorre. Ma non voglio rivelarti altro, ne soffriresti. Sei un uomo finito comunque" gettò come acqua più gelida di miei occhi appannati in quel momento, quell'informazione spietata."Che cazzo vuoi dire?" Le andai vicino, accorgendomi che il sangue si era seccato tra i solchi delle dita, ed il dolore non era mai così forte. Lo portavo dentro da troppo tempo. Forse sarebbe stato eterno. Certe cose ti cambiano, il dolore ti cambia, radicalmente, profondamente. Scava buche in cui precipiti e non sempre hai la forza per risalire. C'è sempre del terriccio che ti farà ricadere.
Mi rivolse un sorriso beffardo, inarcando il sopracciglio scuro, quasi compiaciuta di lei. Un sorriso laterale, di chi sapeva e non diceva.
"Lo saprai quando avrò visto come sta. Non si fa niente per niente" ricalcò ispida, prima di rivestirsi della sua finta maschera da buona samaritana, sentendo il tonfo della porta richiudersi. Bastarda!
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-Rewinding of me-
Misterio / SuspensoKristal Evans, una ragazza da un passato turbolento, nero. Strappata dalla sua famiglia, addestrata per essere frutto di uomini ricchi. Hope Weston, una ragazza che si sta per sposare, un lavoro come arredatrice. Ha tutto ciò che sogna. Un segno de...