-Capitolo 8-

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La luce dolce del giorno, m'incitò ad aprire gli occhi. Mi sentivo riposata. Lo potevo ammettere. Mi sentivo strana, diversa. Come se mi fossi sdoppiata. Era solo una sensazione, avevo dormito davvero troppo, o forse qualche farmaco mi aveva dato le allucinazioni. Era un'Amsterdam interiore. Che metafora del cappero!

Udii i passi svelti dei dottori, fuori dalla porta marrone, con una piccola vetrata. Fuori le sirene dell'ambulanza, strillavano.
Finché non sentii la porta aprirsi con veemenza, e richiudersi con altrettanta enfasi. La tendina bianca che mi parava, si spalancò rivelando una Johanna con il volto accigliato e seriamente dispiaciuto.

"Hope...Dio" si buttò su di me, lanciando la borsa sulla sedia che cadde prontamente a terra con un tonfo debole, ma potei sentire i vari oggetti, come le chiavi, emettere dei suoni.

"Joy...mi stai privando...della riserva d'aria" dissi in un sussurro strozzato, dalla sua presa forte. Finché non si staccò debolmente e fece finta di pulirmi la spalla.
"Grazie al cielo" esclamai riprendendomi, vedendo il suo disappunto accrescere sul volto, dove gli occhi erano ancora nascosti dagli occhiali a lenti nere.

Trascinò la sedia, fino al letto dove ero ancora sdraiata, mettendosi a sedere ed accavallando le gambe, con nonchalance. Come il modo nel quale si sfilò gli occhiali, appendendoli per la stecca, alla zip un po' sganciata del giubbotto in pelle.
"Lo sai vero che non siamo ad una sfilata di Gucci?" La ripresi bonariamente, guardandola torva.

Scosse i lunghi capelli corvini, annuendo.
Si sporse verso di me con uno scatto repentino, poggiando la sua mano calda alla mia fresca.
"Ho visto un dottore...oh mio Dio. Hope...la fine del mondo. Moro, occhi verde chiaro, un sorriso da Mentadent..." sospirò con aria sognante, alzando gli occhi al cielo, mentre innalzai il sopracciglio destro.

"Ma se fino all'altra sera pomiciavi con Thomas" la redarguii risoluta, vedendola mangiucchiarsi debolmente, l'unghia dell'indice.

"Si ma...l'ho già provato" commentò sfacciata, facendo spallucce, non accorgendosi della mia espressione basita.

"Vedila così. Ho alleggerito la tensione. Mi dispiace da morire Hope. Sono stata una stupida" affermò fievole, abbassando lo sguardo di chi sa di essere colpevole. Lei non aveva colpe. Mi ero allontanata volutamente.

"Joy, non darti colpe che non hai. E poi sto bene. Domani mi dimettono" aggiunsi cristallina, vedendola riportare i suoi occhi ambrati più sfavillanti contro i miei, prima di darci un secondo abbraccio.

"È così triste lavorare senza di te" rivelò amorevolmente, mentre annuii convinta, dipingendomi di un sorriso sarcastico.

"Lo so" replicai con modestia, ridendo insieme d'ilarità.

Raccattò la borsa nera di camoscio, aggiustandosela sull'esile spalla.
"Ti lascio riposare" mi confidò dolcemente, toccandomi la spalla con la mano ingioiellata e piegando lateralmente la testa. La guardai, annuendo convinta. Vedendola uscire e richiudere la porta con un tonfo debole.

Mi girai di fianco, appena. Guardai oltre la vetrata, il giardino dell'ospedale, che si stagliava fuori. Notai delle persone anziane, spinte da medici, sulle sedie a rotelle. Altri bambini con i genitori che portavano a passeggio i cani. Forse aspettavano qualcuno, che sarebbe uscito. Ognuno di noi aspetta qualcosa. Lo sapevo bene, ora più di prima. Ma non sapevo il motivo.

-Ohio 10 anni fa-

Ormai il mio luogo sicuro era divenuto quel balcone. Potevo sentire l'aria fresca avvolgermi, ed un senso di pace si stagliava in me. Quella che non avevo da tempo.
Jason, era il suo nome...lui mi faceva sentire bene, come se fossi ancora una persona normale e non un numero targato e venduto. Per qualche logica sentivo qualcosa dentro di me ogni volta che mi stava vicino. Un sorriso mi nasceva sempre e spazzava via un po' di quella tristezza che avevo. Lui era la mia áncora, e forse neanche se ne rendeva conto.

Salii come sempre le scale a chioccia e con più convinzione spalancai la porta. Lo vidi di nuovo intento a scarabocchiare sul suo fedele blocco, e la sua immancabile sigaretta, che gustava senza fretta.
Rimasi un attimo a fissarlo con aria sognante, e quando si girò mi sentii avvampare, per essere stata colta in fragrante. Guardai formarsi un sorriso increspato lateralmente sul suo volto.
"Mi stavi fissando? Sei tutta rossa" rivelò beffardo, spegnendo la sigaretta sul pavimento tra il pollice e l'indice.

Sgranai gli occhi alla sua frase, e al suo sguardo limpido che mi fece sentire molle e persa in un limbo nostro.
"N...no" balbettai confusa, sentendomi una stupida.

Lo notai alzarsi per venire verso di me, lasciando il blocco a terra e la matita che rotolò appena, fermandosi.
"Sei bella tutta rossa" confidò con voce più calda, mentre mi morsi il labbro, e lo vidi voltare lo sguardo esalando un respiro.

Sviai anche io lo sguardo, ed andai verso il muretto, per guardare oltre al balcone. Una lieve pelle d'oca mi si formò e mi strinsi nella giacchetta di jeans, mentre un refolo di vento mi solleticò il collo. Ammirai l'alba, la quiete.

D'un tratto sentii un corpo caldo, attaccarsi alla mia schiena ed attirarmi contro di lui. Brividi inspiegabili mi smossero all'interno, provocandomi una voglia oltre l'immaginazione. Lui mi confondeva al tal punto di poter annientare tutto.
Sentii le sue mani calde e ruvide, poggiarsi su i miei occhi per coprirli.
"Ora pensa ad un luogo meraviglioso...un luogo che ti renda felice" sussurro dolcemente e con voce intensa, sul mio lobo, che sfiorò appena con le labbra. Affondai i denti nel mio labbro inferiore per trattenere un dolce ansimo che mi avrebbe causato lui, ed annuii.

In un attimo tornai indietro con la mente, ad un giorno felice della mia infanzia.
Immaginai mia madre. Era in cucina come ogni mattina presto. Mi ero svegliata, perdendo il sonno e mi trascinai dietro il mio peluche a forma di coniglio, dove un orecchio si era quasi staccato, rivelando un po' di cotone.
La guardai affascinata, stendere la pasta frolla con il matterello. Così felice, e canticchiava. Cucinare la rilassava.
Quando girò appena il volto gioviale, verso di me, mi regalò uno dei suoi sorrisi che sapevano scaldarmi il cuore.
-già sveglia dragonfly?- mi chiamò allegra con il mio nomignolo, ed annuii.

Mi avviai, verso di lei, mettendo il peluche sullo sgabello di legno, in modo tale da non farlo cadere, ed andai ad aiutarla.
-prendi un po' di farina da dentro il sacchetto, con la mano, e buttamela sopra il tavolo. Così la pasta frolla non si attacca. Vedrai faremo dei biscotti buonissimi. Si leccherà i baffi anche Bunny funny- rivelò amorevolmente, gettando un'occhiata divertita verso il mio peluche, e sorrisi con lei.

"Fatto? Hai immaginato?" Sussurrò di nuovo, riportandomi al momento, dandomi un dolce bacio sulla nuca.

"La vedo" sorrisi, sentendo una lacrima calda, scivolare lenta anche ad occhi chiusi e coperti dalle sue mani calde. Non sentivo più il vento fresco.

"Ora lasciati trasportare dal vento leggero, lasciati andare" aggiunse dolcemente, mentre il suo alito caldo mi solleticava il collo, sentendomi sempre più protetta.

Annuii con la testa, facendo come mi chiese. Sentii la pace interiore, la sabbia, i castelli mia e di Grace, portati via dalle onde dolci che si adagiavano sulla riva, e portavano via anche i granelli di sabbia che solleticavano i piedi. Il volto di mia madre, mentre leggeva un libro. Il cinguettio soave degli uccelli in quella distesa serena.
Era lì il mio cuore. Mi appoggiai di più al petto di Jason, come se potesse proteggermi, dalla paura che una volta aperti gli occhi, non le avrei viste qui con me.

Tolse istintivamente le mani dai miei occhi, rilasciandomi piano. Sbattei le ciglia più volte, ritornando alla realtà. Ritrassi un piccolo singulto, ma in uno scatto repentino, mi sentii presa per il fianco in maniera delicata, e girata verso di lui. Mi guardò negli occhi, passandomi un pollice per spazzare via le mie lacrime ormai asciutte sul viso arrossato. Non disse nulla, ci fissammo solo intensamente. Molto spesso gli sguardi parlavano più di mille parole. Mi strinse forte a se, venendo avvolta dal suo mantello di calore e dolcezza disarmante, accarezzandomi la schiena lentamente. Ora ero in pace. Ma ogni sogno bello, finisce.

-Rewinding of me- Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora