-Capitolo 33-

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Mi ero finita di preparare, avevo lo stomaco in subbuglio. Sembrava che le vie respiratorie si fossero ostruite. Non riuscivo a ragionare lucidamente, e da una parte mi stavo torturando.
Forse non era stata una grande idea scoprire qualcosa su di lui. Forse era meglio lasciare tutto così. Tagliare quella corda che sentivo che mi tirava contro di lui, come se fossi stata legata in maniera stretta, quasi a stritolarmi, e non avessi possibilità di fuga. Ovunque andassi sentivo che lui era lì. Intimidatorio, spaventoso, proibito, eccitante. Perché mio malgrado il mio cervello non fosse assolutamente d'accordo, il mio corpo ne era attratto. Lui faceva leva su i miei punti deboli. Ed il mio cuore non sussurrava nulla. Se ne restava silenzioso nella gabbia toracica, senza aver voce in capitolo. Diviso tra cervello e corpo. La testa sussurrava -Pensa a Simon, tuo futuro marito. Un'avvenire, un futuro certo-
Il corpo reclamava -Lasciati andare a qualcosa che non puoi avere. Corri il rischio per sentirti posseduta almeno per poco-

Mi finì di applicare un lucida labbra per mettere in risalto la pienezza delle mie labbra rosee, che ora splendevano. Lasciai i capelli lisci, sciolti sulle spalle, portando le cuoche dietro l'orecchie, impreziosite da due orecchini a gemma. 
Gettai un'occhiata in basso, verso la mia figura. Un vestito rosso a tubino, con uno scollo a cuore, che metteva in evidenza il mio seno, ed un paio di decoltè nere lucide.
Che diavolo stavo combinando? Mi ero messa così agghindata per lui? Potevo svestirmi e mettermi un pantalone ed una maglia abbastanza larga, per non evidenziare le forme del mio corpo. Ma la scena di noi due sul letto, tornava come un tornado, e mi ricopriva di brividi, come una folata di vento improvvisa, a cui non sei preparata, a cui non puoi ripararti.

Il riflesso allo specchio ovale dorato in camera, metteva in risalto il luccichio dei miei occhi, contornati solo con del mascara. Non tradiva le emozioni e le palpitazioni elevate che crescevano.
Scossi la testa senza rimuginarci troppo, afferrando la pochette nera con dei diamantini applicati sulla chiusura, e richiusi la porta della stanza.
Scesi gli scalini lentamente, reggendomi al corrimano di legno lucido, per paura di cadere. D'inciampare su i miei errori.
Finché non alzai gli occhi sulla porta.

Feci gli ultimi passi incerti, girando il pomello d'ottone, con mani tremolanti, ed il buio ancora non fitto, mi travolse. Qualche lampione acceso, al di là del cancello in ferro battuto, ad illuminare la strada asfaltata. Ed i faretti piantati in terra, vicino ai fiori colorati, a segnarmi il tragitto in pietra, per attraversarlo come una passerella. Come ad incitarmi.
Deglutii fortemente, prima di prendere un respiro profondo, e lasciarmi cullare dal vento fresco, richiudendo la porta, con un tonfo delicato.

Attraversai il vialetto, spingendo con l'indice, la levetta del cancello in ferro, sentendo il rumore scattante ed il cigolio, mentre lo richiusi.
Era fatta. Fuori da quella casa.

Mi avviai debolmente, più avanti, con la bile in gola, ed un senso di agitazione ad accompagnarmi, finché non vidi la sua macchina. Una Hyundai HND-9 Nera metallizzata. Era ovvio che non ostentasse il suo lusso. Tutto in lui lo gridava. Dalla casa, alla macchina, e perfino al suo comportamento. Rigido, impeccabile, freddo come il ghiaccio ma bollente come lava.
Lo guardai scendere composto dalla macchina, nel quale lo sportello si elevò in alto, facendo uscire la sua figura. Era vestito perfettamente. Un abito di sartoria blu notte, i Baveri della giacca blu notte, lucidi, ed una camicia bianca, sbottonata in due asole, lasciando intravedere poco del suo fisico tonico e delineato. Ed in mente mi balenò le linee definite dei suoi addominali, i suoi pettorali sporgenti, e la sua V ricalcata come se fosse stata incisa da uno scultore. I pantaloni blu notte, attorniavano perfettamente le sue gambe toniche, rendendolo assolutamente illegale, alla mia vista, ed al mio corpo che ebbe un fremito convulso nella mia intimità, accaldata.

Mi resi conto solo in quel momento, che ero rimasta impalata, con i piedi piantati sul marciapiede, a gustarmi ogni suo singolo movimento, verso di me. E non potei che avvampare e maledirmi, nel vedere un accenno di sorriso incurvato lateralmente e sfacciato, sul suo volto. Ma fu un attimo. Poiché tornò glaciale, e la voglia di sentire la sua barba ispida e scura, pungermi, in maniera prepotente.

-Rewinding of me- Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora