- Capitolo 26 -

3.4K 201 285
                                    

Mi sentivo patetica. Ridicola. Una bamboletta. Che diamine avevo fatto?! Come avevo potuto cedere così?! Ero solo una stupida. Mi ero lasciata trasportare da quel turbinio di emozioni contrastanti. I suoi occhi famelici che lampeggiavano sul mio corpo accaldato. Il suo modo di leccarsi le labbra e sconvolgermi con le sue parole rauche. Le sue mani troppo virili e le sue dita squadrate ed esperte, che scivolavano sul mio corpo. Era stato tutto troppo, troppo sfacciato. Mi sentivo una vera puttana. Pagata ed usata dentro una misera stanza, lussuosa...si, ma fredda come il marmo. Eppure dentro sentivo un calore immenso, infuocarmi le vene. I miei ansimi e le suppliche che gli avevo donato. Era immensamente soddisfatto. Era stato appagato per avermi fatto perdere in un orgasmo. Glielo leggevo in faccia. Niente sentimento, per lui ero un divertimento. Ed ora che mi aveva provata, cosa ne sarebbe stato di me?!
In colpa per Simon. Lui era l'uomo della mia vita. Dovevo allontanarmi da lui. Ma il mio corpo e forse anche il mio cuore non erano d'accordo, su questa decisione. Mi fasciavo la testa su chi fosse realmente. A che gioco stesse giocando. In tutto ciò io in che cosa rientravo?! Era forse un complotto di usarmi per disintegrare Simon, senza che lui lo sapesse?! Certo avrebbe fatto buon viso a cattivo gioco, e manipolarmi come una pedina. Mi avrebbe usata come un asso nella manica.
Ero fottuta. Ero proprio fottuta. Per quanto mi costasse ammetterlo, le farfalle nel mio stomaco si erano elevate in cosi tante, da sentirle in ogni fibra del mio essere.
Mi ero comportata da lurida Troia. Esatto. Non avevo parole carine e pulite per descrivermi.

Sentivo ancora l'odore del suo liquido addosso al mio corpo e quello dei miei umori, sulle labbra disidratate, mentre l'acqua scivolava lenta sul mio corpo, con uno scroscio tenue dal soffione.
Ed ora li sentivo, gli occhi appannarsi visibilmente come il vetro davanti ai miei occhi offuscati. Sentivo le lacrime arrivare e bagnare il viso, che portai verso il soffione, spalancando le labbra gonfie ed arrossate, e poggiai la testa contro le piastrelle bianche fredde.
Stupida. Mi ricordavo mentalmente.
Com'ero potuta cedere così. Perché non riuscivo a stargli lontana. Era tutta colpa mia. Non sarei mai dovuta venire. Sarebbe rimasto un punto di domanda, ed ero ancora al punto di partenza. Perché di lui non sapevo nulla. Era un bel mistero. Io odiavo i misteri, ma non riuscivo ad odiare lui. Ed in tutto ciò mi sentivo affranta, mortificata nei confronti di Simon. Sicura che lo amavo, ma quando ami non tradisci, non menti. E qui stavo tradendo più me stessa. Perché il mio corpo che ancora vibrava ne era la prova, come le lacrime che si erano fuse con il getto lento, come quel groviglio che mi contorceva.

Chiusi il getto di botto, spalancando il box in vetro che emise un tonfo pesante, mentre afferrai un telo bianco.
Ingenua, lasciarsi andare così con uno sconosciuto. Che cosa avrebbero pensato di te? Non ti senti sporca neanche un po'? Con che coraggio guarderai negli occhi il
Tuo futuro marito? Allontanati da lì è da lui!

Questo era ciò che la mia vocina interna mi suggeriva, mentre il mio corpo fremeva ancora.
Scaccia con la testa l'immagine di noi due di poco prima, sdraiati sul letto. La sua lingua vellutata e precisa, le sue dita abili e virili. Ero stata plasmata per lui. E tutto ciò mi faceva paura.

Mi rivestii lentamente, alzando le caviglie, per infilarmi le mie culotte di pizzo, ed il vestito che ora sembrava troppo stretto. Stupidissimo vestito in pelle, stupida Joy, stupida me.

Uscii lentamente dal bagno, e constatai con un sospiro rilasciato che non era più in camera. Perciò percorsi lesta quel tragitto che mi divideva dal corridoio fuori, senza gettare neanche un'occhiata fugace al letto rotondo. A quelle lenzuola che poco prima avevano riscaldato il mio corpo, ed a quelle inferriate dove erano imprigionate le mie mani.
Finché non aprii debolmente con un cigolio sordo la porta, e sgattaiolai fuori.

La musica arrivò sempre più forte alle mie orecchie, oscurava i miei pensieri, ma non le occhiate che la gente mi riservava. Le donne che tenevano per mano gli uomini. Una alzò il mento verso di me, con i capelli rilegati in una coda alta e perfetta, dove extension facevano la loro comparsa. Come a dirmi -brava hai fatto il tuo dovere. Ci diamo il cambio-. Abbassai solo gli occhi sul pavimento rosso, e guardai anche alcuni che mi mangiavano con occhiate languide, che lasciai alle mie spalle.

Arrivai con un respiro congelato dentro, al piano di sotto. Mi ressi improvvisamente al corrimano d'ottone freddo, ma mai quanto quegli occhi di ghiaccio che si spostarono su di me, quasi a divorarmi come un leone affamato. Per riportare lo sguardo verso un ragazzo davanti a lui, che ora spostò lo sguardo verso di me, annuendo e dando una pacca amichevole sulla spalla possente di quel bastardo.

Esalai il respiro, mostrandomi disinvolta, sentendo le natiche compresse dentro la pelle che strizzava le mie curve.
Mi avviai con la musica seducente, verso l'uscita senza degnarlo di uno sguardo, con la mano pronta ad afferrare la maniglia. Ma improvvisamente una mano virile, mi fece girare, scontrandomi con il palmo aperto contro il suo petto scolpito dagli dei.
"Dove cazzo vai?" Digrignò i denti con lo sguardo felino, dove il suo ghiaccio divenne degli stallati appuntati.

Rimasi un attimo attonita. Veramente mi poneva quella domanda, dopo che mi aveva congedando come una puttana da quattro soldi?! Incredibile.
Mi vestii del mio sorriso più finto, piegando appena la testa di lato, facendo scorrere lentamente le mie dita sulla stoffa della sua camicia, attraverso quei piccoli bottoni.
Lo sentii irrigidirsi e contrarre la mascella, mentre i suoi occhi divenivano fuoco che mi bruciava.
Mi allungai appena verso di lui, guardandolo negli occhi, per poi poggiare le mie labbra sul suo lobo freddo come lui.
"Lontano da te, stronzo di merda" sbottai ispida, scostandomi in un secondo da lui, spintonandolo.
Ma una voce mi portò a rigirarmi, vedendo il ragazzo di poco prima, con la mano prostata verso di me, ed un'occhiataccia ad Alan, e le labbra serrate in una linea dura. Riportandolo subito verso di me, e le rughe d'espressione contratta di prima, distendersi visibilmente.

"Piacere Kevin" si presentò composto e pacato, vedendo i suoi occhi verdi fissarmi.

Ignorai lo sguardo di Alan e portai la mia mano verso la sua per stringerla.
"Hope, ma questo lo sai già. Scommetto che Alan non si è risparmiato su i dettagli piccanti" lanciai una frecciatina ispida più verso Alan che verso Kevin, che annuì abbassando appena gli occhi divertito, vedendo un sorriso sbieco nascergli in volto.

"Lingua biforcuta" affermò liscio, mentre svoltai lo sguardo verso Alan che aveva la mascella rigida, talmente tanto che credevo si sarebbe frantumata, ed uno sguardo severo.
Ma lo ignorai di nuovo, facendo spallucce come a scrollarmi lui di dosso. E Dio se lo volevo ancora su di me, ammirando il suo membro eretto mentre si...Basta Hope, stai diventando una depravata!

"Riaccompagnala a casa Kevin" avvisò l'amico,quasi come un comando. Sbruffone. che si girò prontamente verso di lui, con un'espressione accigliata.

"Io..." non lo lasciò terminare, che un'occhiata severa lo ammutolì. Quanto potere aveva un suo sguardo sulla gente?! Tanto mi ricordava il mio corpo.

"Ho da fare" proclamò infine come se fosse stato un motivo valido per lasciarmi con un altro sconosciuto, che per tutta risposta annuì. Mi sentii di nuovo una cretina patentata. Mi fece un gesto con la testa di seguirlo fuori, mentre lanciai un'occhiata verso Alan che si portò un bicchiere cristallino vicino alle labbra, con all'interno un liquido ambrato. Fino a spostare il gelido verso di me, che mi spezzò, e riportarlo davanti a lui. Finché non notai la donna di sempre, prenderlo alla sprovvista da dietro.
Dio che bastardo!

-Rewinding of me- Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora